Sci: vita da freerider alla Swatch Skiers Cup di Zermatt
J. Bernard/Swatch Skiers Cup
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Sci: vita da freerider alla Swatch Skiers Cup di Zermatt

Il racconto della tre giorni di freeride ai piedi del Cervino, tra incredibili evoluzioni e amore per la montagna

Da un parte il sole che spunta dalle creste delle Alpi Occidentali e illumina la valle di Zermatt; dall'altra il Monte Cervino (che gli svizzeri chiamano Matterhorn) la vetta leggendaria che ha fatto la storia dell’alpinismo. Nel mezzo ci sono le evoluzioni dei fenomeni del freeride, che per tutta la scorsa settimana hanno invaso la rinomata località sciistica alpina per la terza tappa della Swatch Skiers Cup, la competizione che mette a confronto – in una serie di sfide “uno contro uno” – i migliori sciatori fuoripista del mondo.

Il primo challenge è rappresentato da quello che qui chiamano Backcountry Slopestyle, una discesa di 600 metri dalla cima di un monte (in neve fresca, of course) con 4 rampe per altrettanti salti che vengono giudicati da tre giudici a fondovalle. Sono loro che assegnano il punto all’uno o all’altro contender secondo parametri come fluidità, stile, originalità, e soprattutto equilibrio in fase di atterraggio.

Lo scenario, come detto, è quanto di meglio si possa desiderare, con il sole che attenua il freddo dell’alta quota (siamo vicini ai 3000 metri) e il Cervino a fare da sfondo ai salti e ai trick degli atleti. La gara si svolge in due round: il primo è utile soprattutto per testare la neve e le linee da percorrere, che sono a totale discrezione degli atleti. Nel secondo invece, i rider si scatenano in evoluzioni al limite delle capacità fisiche, ricadendo senza apparenti conseguenze sulle loro ginocchia dopo balzi di 15-20 metri, conditi da backflip (il più classico dei giri della morte), 360° e atterraggi all’indietro – il trick più tecnico secondo i giudici –.

Cody Towsend sceglie di evitare le rampe e sfruttare le increspature della montagna come trampolini per le sue evoluzioni. A volte il risultato è una caduta con relativo infortunio (una frattura alla mano, per il francese Richard Permin). Per altri, come l’americano Seth Morrison la combinazione tra rischio e abilità genera un backflip mozzafiato che fa alzare in piedi il pubblico adagiato sulla neve a fondovalle. 

VIDEO: il meglio del Backcountry Slopestyle

Terminata la discesa gli atleti raggiungono il punto di decollo dell’elicottero – necessario per risalire in cima per il secondo round - situato proprio dietro i giudici, e li si fermano per scambiare due chiacchiere e qualche high five con la folla. Qui la star è il padrone e idolo di casa Samuel Anthamatten, nato e cresciuto proprio a Zermatt; da piccolo – mi spiega – voleva fare l’alpinista, proprio come quel Walter Bonatti che esattamente 50 anni fa scalava per la prima da volta, in solitaria, la parete nord del Cervino, entrando nella storia come uno dei più grandi di tutti i tempi.

Anche per Sam l’alpinista italiano era idolo e modello di vita, finché non ha incontrato lo sci in neve fresca: “Nel 2010 ci fu un inverno davvero splendido, uno di quelli dove puoi tenere gli sci ai piedi per 3 mesi consecutivi – racconta durante una pausa tra una discesa e l’altra – così mi sono reso conto che sciare fuoripista mi veniva particolarmente bene..”.

Per Samuel tutto è iniziato modo piuttosto insolito, soprattutto per un professionista, attraverso un’iscrizione online ad un competizione locale. Il caso vuole che a una di queste fosse presente anche Nicholas Hale-Woods, ex rider e ideatore del Freeride World Tour, che lo invita alle prime gare dando così inizio alla sua nuova vita, nella quale Sam può sciare per circa 9 mesi all’anno sulle montagne e le vette più affascinanti del pianeta, attraversando gli scenari ben raccontati nel film “Days of my Youth”.


Durante la proiezione del video in un suggestivo cinema di Zermatt tra un “ooh” e l’altro degli spettatori – soprattutto davanti alle immagini spettacolari girate dalle camere soggettiva – si comprende lo spirito di questi ragazzi che, per loro stessa ammissione, pensano poco al futuro e possono permettersi di lavorare facendo ciò che più li diverte, una parete e un sfida alla volta. Quella che hanno davanti nell'ultimo giorno di competizioni si chiama "Big Mountain", ed è la gara gemella dello Slopestyle; qui i salti lasciano spazio a una discesa “pura” in alta quota, partendo da una vetta raggiungibile solo via elicottero. L'impresa sta nello riuscire a rimandere in piedi galleggiando su neve completamente vergine. E’ la specialità di Anthamatten che si rifà da un paio di cadute del giorno prima disegnano linee precise attraverso rocce e crepacci che non sembravano attraversabili. Anche grazie alla sua impresa alla fine sono gli europei a prevalere sui rider americani (per 15 sfide vinte a 12), ma poco conta.

Tra chi rischia la vita – e questi rider la rischiano per davvero, ogni volta che indossano sci e scarponi – la competizione lascia spazio al rispetto e allo spirito di fratellanza verso chi vede la montagna nello stesso identico modo. Una filosofia oltre che uno stile di vita, celebrato al meglio dalla Swatch Skiers Cup.

Le immagine più belle del Big Mountain

J. Bernard/Swatch Skiers Cup

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Teobaldo Semoli