Le quattro motivazioni per (non) credere a Roma 2024
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Le quattro motivazioni per (non) credere a Roma 2024

Le Olimpiadi 2020 a Tokyo: la candidatura della capitale non ha retto nonostante i quattro punti del comitato promotore - Chiamparino: "Si alle Olimpiadi del 2024" -  A Tokio le Olimpiadi 2020 - グラツィエ東京 (Grazie Tokyo)

"La Città di Roma, comunità universale e luogo di incontro per tutti i popoli, le culture e le religioni, si candida a ospitare i XXXII Giochi Olimpici e i XVI Giochi Paralimpici del 2020, anno in cui ricorre il centocinquantesimo anniversario di Roma Capitale". Iniziava così il manifesto di Roma 2020, candidatura della capitale italiana per ospitare le Olimpiadi che sono state invece assegnate a Tokyo. Troppi i punti oscuri di una proposta che puntava sullo sport per un processo di crescita della città difficile da concepire in un periodo economico instabile e con un margine di tempo limitato. Il comitato Roma 2020 aveva presentato il proprio progetto con quattro motivazioni: "Roma per un nuovo umanesimo", "Giochi eterni per una città eterna", "Esempio di sostenibilità e concretezza" e "Sport, unità nazionale e senso d'appartenenza". 

Si parte con "Roma per un nuovo umanesimo", manifesto ideale dai concetti affascinanti e astratti, in stile con quel tipo di brochures che esagerano con gli aggettivi. "Roma 2020 offre un’opportunità per riaffermare la centralità e la fiducia nell’uomo, attraverso i valori dello sport olimpico. Un nuovo umanesimo, che, dopo la rincorsa al gigantismo degli ultimi decenni, riporti la dimensione dell’atleta e della persona al centro di ogni attività.
I Giochi rappresentano una “vetrina” per sostenere l’immagine dell’Italia, per ribadire il valore distintivo e di garanzia del Made in Italy, compresa la capacità, riconosciuta a livello internazionale, di organizzare grandi eventi di successo. Roma, città internazionale, fulcro della civiltà mediterranea, è anche la Capitale europea più vicina alle nuove istanze di libertà, di solidarietà e di amicizia provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, accogliente e multietnica, un’alternativa reale al modello dello “scontro di civiltà”.

Si passa poi alla parte dedicata a sostenibilità e concretezza, piani di sviluppo economici ed urbanistici sostenibili dal punto di vista ambientale. Secondo il comitato Roma 2020 la capitale avrebbe "solide basi sulle quali articolare la candidatura". Infrastrutture sportive e ricettive che "in gran parte sono già esistenti" e che soddisferebbero il requisito CIO entro 10 km dal Villaggio Olimpico. Un progetto in grande che avrebbe sviluppato la città dello Sport a Tor Vergata, lo sviluppo dell'aeroporto di Fiumicino con un incremento fino a 55 milioni di presenze per il 2020, la costruzione di nuove strutture ricettive, il parco fluviale del Tevere, l'ottimizzazione e lo sviluppo di un "Polo dell'innovazione", e che contava sul parere favorevole (9 romani su 10) dei cittadini ad ospitare i Giochi 2020 (secondo un sondaggio della SWG).

La teoria del "siamo praticamente pronti" non deve essere però piaciuta molto al comitato olimpico che a Buenos Aires ha scelto il Giappone, dubbioso di fronte ai dati snocciolati a pioggia dai promotori di Roma 2020: 70% degli impianti già esistente e disponibile nella zona del Foro Italico, un'area olimpica compatta, il ricorso ad impianti temporanei per il completamento del programma olimpico, la realizzazione di nuove infrastrutture "funzionali ai bisogni della città", impegno condiviso ad avviare procedure chiare e trasparenti e sanzioni certe per chi non rispetta il codice etico e gli impegni assunti. Tutto riassunto nel punto "Giochi eterni per una città eterna", autocelebrazione di come Roma sia "l'incarnazione dei valori del benessere", "sede naturale dei giochi olimpici" in un mondo che "sembra avere perduto la sicurezza in sé stesso e che può ritrovarsi proprio riscoprendo la formula classica e mediterranea della “vita sana e buona”, armoniosa e sostenibile ante litteram". 

Una carica e un'autostima che sembra eccessiva rispetto agli effettivi problemi di un paese in crisi economica come l'Italia e alla difficoltà oggettiva di preparare in sette anni un evento mondiale in una città caotica come Roma. Tra i portavoce e i rappresentanti del comitato 2020 c'erano il presidente onorario Gianni Letta, il presidente Mario Pescante, i vicepresidenti Gianni Alemanno, Andrea Mondello e Gianni Petrucci e ambasciatori come Carl Anderson, Mario D'Urso, Gianni Gola, Sandro Gozi e Antonio Matarrese.

Ma non tutti hanno avuto lo stesso entusiasmo nell'abuso di aggettivi e aforismi utilizzato per lanciare la candidatura romana. A contestare la semplificazione eccessiva di un progetto che non tiene conto di molti fattori è stato per primo Mario Monti che a febbraio 2012 non diede l'appoggio del governo alla candidatura: "Non pensiamo sarebbe coerente impegnare l’Italia in questa garanzia che potrebbe mettere a rischio i denari dei contribuenti". Paura di finire come la Grecia: l'organizzazione delle Olimpiadi del 2004 fu il primo passo verso il default economico che mise poi in ginocchio il paese fino alla situazione attuale. A poco era servita la promessa dell'allora sindaco Alemanno di ottenere 400 milioni di euro privati per la costruzione della città dello Sport di Tor Vergata: "Roma ha già vinto le Olimpiadi del debito" commentò laconico Umberto Bossi.

Il quarto e ultimo punto mirava invece all'identità nazionale sostenendo come "Lo sport è da sempre un fattore centrale per L’Italia, non solo da un punto di vista sociale ma anche economico. Un modello organizzativo esemplare, anche grazie all’autonomia e all’indipendenza del Comitato Olimpico Nazionale Italiano. I Giochi del 2020 contribuiranno a promuovere ulteriormente la pratica sportiva nel nostro Paese e a formare la classe dirigente del futuro, sportiva e non solo. L’impegno della candidatura sarà così un “allenamento” alla sana competizione, alla voglia di farcela nell’arena globale: non solo il “dopo” della legacy dei Giochi, ma anche il “prima”, come percorso di cambiamento culturale profondo e voglia di vincere, nel rispetto del puro spirito sportivo".

Parole e concetti indefiniti che però non hanno fatto innamorare il Cio. Il no di Monti è stata la mannaia su un progetto che ha presentato falle fin da subito. Nel 1960 la capitale riuscì a ottenere l'assegnazione dell'Olimpiade battendo città come Losanna, Detroit, Tokyo, Città del Messico e Budapest ma oggi la netta sensazione è che l'Italia non abbia i mezzi necessari per confrontarsi alla maggior parte delle candidate. Secondo i dati della commissione Fortis, la stima della spesa per un'Olimpiade si aggira intorno ai 10 miliardi di euro con un'ipotesi di crescita del PIL di quasi 18 miliardi di euro, 1,4% in termini percentuali, oltre che alla nascita di 30 mila nuovi posti di lavoro. Anche per questo motivo si vuole ora rilanciare la candidatura per le Olimpiadi del 2024, una proposta che potrebbe vedere anche la concorrenza di Milano come ammesso anche dal presidente della Lombardia Roberto Maroni: "L'edizione del 2024 potrebbe essere una straordinaria occasione per Milano, ne parlerò col sindaco Pisapia. Ci sarebbe l'occasione di utilizzare l'area Expo per fare la cittadella olimpica dello sport, una struttura che serve a Milano e anche alla Lombardia. Valuteremo, qualche idea esiste già". Il timore è di cadere sulla stessa lama a doppio taglio di Torino 2006, sede delle olimpiadi invernali: una rivoluzione urbanistica per la città che fece schizzare il debito da 1,7 miliardi di euro nel 2001 a 3,1 miliardi nel 2008. L'Italia è davvero pronta?

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Matteo Politanò