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Doping: la "guerra fredda" Usa-Russia alla vigilia di Rio 2016

Possibile causa federale dalle rivelazioni dell'ex-capo dell'Agenzia di Mosca ora negli States. E i re-test del Cio scoprono 31 casi sospetti ai Giochi 2008

A poco più di due mesi dall'inizio dei Giochi di Rio 2016 esplode la "guerra fredda" del doping tra Stati Uniti e Russia. Dopo che il New York Times ha pubblicato in esclusiva alcune delle rivelazioni di Grigory Rodchenkov, ex-capo dell'Agenzia antidoping di Mosca rifugiatosi ora negli Usa e interrogato dall'Fbi, sullo scientifico piano messo in atto per eludere i controlli internazionali, il Dipartimento di Giustizia americano ha infatti deciso di aprire un'inchiesta sul presunto sistema di doping di Stato gestito dalla Russia.

Un cocktail diabolico per un caso federale
A rivelare la decisione delle autorità americane è stato sempre il New York Times, sottolineando come la vicenda potrebbe sfociare in un caso penale a livello federale con il coinvolgimento di dirigenti, allenatori e atleti stranieri, dal momento che la giustizia americana prevede di poter mandare a giudizio cittadini di altri Paesi per aver facilitato l'inquinamento di gare e competizioni negli Usa o per avere utilizzato il sistema bancario americano per condurre appunto un programma di doping.

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Entrambe le ipotesi sarebbero infatti ipotizzate nel dossier in possesso dell'Fbi dopo le rivelazioni di Grigory Rodchenkov: se da un lato la strategia anti-doping, messa in atto con un sofisticato cocktail che sfruttava gli alcolici per mascherare l'assunzione di steroidi e altre sostanze vietate, era infatti soprattutto finalizzata a conquistare il più alto numero di medaglie in occasione delle Olimpiadi invernali (e "casalinghe") di Sochi, alcuni casi riguarderebbero anche atleti russi che hanno partecipato a diverse importanti gare negli Stati Uniti, tra cui la maratona di Boston, mentre ci sarebbero stati flussi di denaro anche su conti bancari americani per sostenere l'attuazione del programma.

Nuovi test per vecchie Olimpiadi: 31 a rischio
In attesa di vedere se la documentazione raccolta dall'Fbi porterà davvero a una causa federale, che potrebbe tra l'altro essere preceduta da una denuncia per diffamazione al New York Times da parte dello stesso Governo russo qualora trovassero seguito le minacce dell'attuale ministro dello Sport Vitaly Mutko, un'altra "bomba" sul fronte lotta al doping è stata fatta esplodere dallo stesso Cio con la comunicazione che 31 atleti di sei discipline e 12 differenti Paesi potrebbero essere eslusi dalle prossime Olimpiadi perché i nuovi sistemi di rivelazione anti-doping li avrebbero fatti risultare positivi rispetto ai Giochi di Pechino 2008.

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In totale sono stati 454 i re-test condotti su altrettanti partecipanti alle Olimpiadi in Cina, mentre sono finiti di nuovo sotto esame anche 250 campioni di atleti in gara ai Giochi di Londra 2012, senza però rivelare alcuna "anomalia". E questa, se vogliamo, è l'unica buona notizia in uno scenario sempre più lontano dall'ideale di sport che 120 anni fa spinsero il barone Pierre de Coubertin a dar vita alla prima Olimpiade.

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Redazione