Us Open: il vero punto di forza di Djokovic, il re di New York
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Us Open: il vero punto di forza di Djokovic, il re di New York

Pur avendo meno talento di Federer, continua ad inanellare vittorie. Merito di una volontà di ferro

Nole Djokovic, ovvero come si può essere il numero uno senza avere il talento dalla propria parte e senza essere il preferito dell'Olimpo. Talento commisurato alla posizione di leader indiscusso da 14 mesi del tennis mondiale, si intende, visto che il serbo ha un gioco sosì efficace da averlo reso una macchina da trofei pur risultando agli occhi della gente meno aggraziato e fluido rispetto Re Roger. Il problema sta tutto lì, nel confronto impossibile tra la bellezza di Federer e lo stile di Djokovic, rovescio a due mani, dritto che non perdona e un ferreo lavoro su se stesso che lo ha spinto oltre i propri limiti.

A New York Nole ha conquistato il decimo Slam della sua carriera e sigillato una stagione da sogno con in mezzo un solo incubo, la finale persa a Parigi contro Wawrinka che gli ha negato la gioia di fare poker ed entrare nella storia. Appuntamento solo rinviato nel tempo per un campione che si è costruito con il passare degli anni e che ha lavorato molto su se stesso, sul proprio modo di giocare e sul fisico per poter essere il migliore di tutti. La chiave? Sacrificio, dedizione al servizio del talento e una dieta ferrea con la quale ha colmato il gap fisico rispetto, ad esempio, a un mostro del rettangolo come Nadal.

Segreto non custodito dal serbo che ha scritto anche un libro per spiegare il vantaggio della sana alimentazione e di una vita da atleta. Regole cui deroga poco e malvolentieri. Il suo motto? Qualcosa di simile a un proverbio serbo che ha trascritto anche nella sua biografia e che recita così: "Se niente ti fa male, metti un sassolino nelle scarpe e comincia a camminare: non bisogna dimenticare le difficoltà".

Il primo Djokovic sui comportava da guascone: gag, smorfie, battute e le celebri imitazioni che gli sono costate qualche sguardo torvo dai diretti interessati (Nadal e la Sharapova innanzitutto) e gli hanno consigliato maggior prudenza. Brillante, simpatico, spesso non banale nel rapporto con i media, Nole si è adattato allo status di numero uno del tennis anche in questo, dimostrando una flessibilità poco comune nel mondo dello sport.

Tra le righe del campo è un campione con pochissimi punti deboli. Il suo dritto è il migliore quando deve andare a cercare profondità, il rovescio bimane molto solido così come il servizio, grande corsa e resistenza anche mentale dentro il match. Manca, forse, del tocco fatato di altri numero della storia e questo lo ha reso a volte quasi ospite sul gradino più alto del podio, condannato a giocare contro i favori del pubblico e della critica. I numeri dicono che sta segnando un'era come pochi in passato.

Non batterà i record di Federer (17 Slam conquistati, l'ultimo a Wimbledon nel 2012), Sampras (14) o Nadal (14), però la sua continuità fa impressione. Dal marzo 2011 non è mai sceso oltre il secondo posto della classifica mondiale: fanno quattro anni e mezzo. E giù dal podio non accade addirittura dall'ottobre 2009, quando era quasi un bambino, essendo nato nel 1987, ma aveva già tutte le stimmate del campione.

Le immagini del trionfo di Djokovic agli Us Open 2015

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Matthew Stockman/Getty Images
Il serbo Novak Djokovic bacia la coppa. È lui il vincitore degli US Open 2015 - New York, 13 settembre 2015

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Giovanni Capuano