Correre, e la bellezza di fare fatica
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Correre, e la bellezza di fare fatica

Pensieri e sforzi di un podista per passione. Il diario di Marco Mori, runner a -28 giorni dalla Maratona di New York

Marco Mori è uno dei quasi 36mila italiani che ogni anno portano a termine almeno una maratona. Ed è anche uno dei 4mila italiani che, insieme ad altri 43mila runner provenienti da tutto il mondo, il 4 novembre sarà al via della 43^ New York City Marathon , i 42 Km più amati al mondo. 40 anni, tecnico informatico, pisano, ci ha già raccontato del perché corre solo a New York , di come la Grande Mela e la sua maratona siano unici al mondo e dei pericoli quotidiani in cui incorre un podista che si allena sulle strade del nostro Paese. Oggi ci racconta di quanto sia bello, in senso assoluto, fare fatica.
 
Ecco il suo racconto.
 
"Fisica o mentale, la fatica ci è accanto in tutta la frenesia delle nostre giornate. Al lavoro, nelle incombenze quotidiane come portare le borse della spesa, nei piccoli lavori di casa ci ritroviamo spesso a fare fatica, a combattere con essa, a domandarci cosa ci sia di giusto nel farne così tanta e a sognare una vita di relax. Poi però, inevitabilmente, ci inventiamo sempre qualcosa per faticare, e noi runner siamo dei maestri in questo: siamo così folli che facciamo fatica anche per divertirci e ci divertiamo nel fare fatica.
 
Ricordo ancora oggi la fatica della prima uscita a piedi, dopo anni dedicati alla bicicletta: avrò fatto sì e no 500 metri e son tornato a casa con un fiatone che sembrava avessi fatto una 100 km. Mi son detto che tutto quello sforzo non era giustificato dal poco divertimento, ma mentivo a me stesso sapendo di farlo. Poi, piano piano, mi sono abituato al fare fatica correndo e ho iniziato ad esserne felice al punto che ho provato a portare con me mia moglie. Ogni volta finiva con furiose litigate dopo 10 metri: io partivo a tutta, lei non ce la faceva, e io continuavo a ripeterle che lo sport è sofferenza e abitudine alla fatica. Ovviamente lei mi mandava a quel paese e tornava a casa. Io invece ho tenuto duro e i progressi mi hanno ripagato completamente della sofferenza iniziale. E continuano a farlo anche adesso.
 
Noi podisti siamo testardi. Cerchiamo sempre di spostare in avanti il livello di sopportazione della fatica e soprattutto decidiamo di fermarci quando ormai ne abbiamo passato la soglia. Una volta, in preparazione alla mia seconda maratona di NY, avevo deciso di fare un lungo da 32 km su una strada unica, quindi avrei dovuto invertire la direzione dopo 16 km. Ma arrivato al punto di tornare indietro stavo molto bene e ho deciso di andare avanti ancora un po’. Ho girato al 22° km dimenticando che avrei dovuto rifarne altrettanti. La conclusione è stata disastrosa: dopo 35 km ero completamente morto e dovevo farne ancora 9 per arrivare a casa e non ho avuto altra soluzione che aspettare qualcuno che mi accompagnasse a casa. Che figuraccia! Mi sono anche vergognato tantissimo per quanto ero sudato e per come era pulita l’auto del gentile signore che mi aveva dato un passaggio. Mi conforta il fatto che non sono il solo ad aver avuto un tale problema: una volta mi è capitato di raccogliere per strada un podista stanchissimo. Il suo amico lo aveva lasciato indietro e se ne era andato. Era sudatissimo e l'idea che un tipo in quelle condizioni mi sporcasse i sedili dell'auto (e io sono molto pignolo con la mia auto) non mi garbava poi molto, ma sono anche io un podista e so cosa vuol dire non farcela e non ho potuto non dargli un passaggio. Alla fine, per non far vedere al suo amico che non ce l'aveva fatta mi chiese anche di lasciarlo dietro una curva.
 
Se fai sport devi convivere con la fatica, e raggiungere i tuoi obiettivi attraverso la fatica è una soddisfazione enorme. Soprattutto quando la vinci "di testa". Alla NYC Marathon dell'anno scorso forse ero partito troppo forte, o forse avevo perso un po’ di motivazione, di fatto è che al 20° km ero talmente stanco di testa che la fatica ha preso il sopravvento. Ho iniziato a guardarmi in giro per vedere se trovavo una metropolitana per tornarmene in hotel. Poi ho ripreso lucidità e mi sono detto: "Ma ho fatto 6000km per far vincere la fatica?" La mia reazione è stata talmente energica che son ripartito più forte di prima. La fatica era stata sconfitta.
 
Fare fatica ha anche tanti lati positivi. Spesso mi aiuta ad estraniarmi completamente e a non pensare ai problemi quotidiani, come in questo 2012 che per me è stato davvero difficile, sia dal punto di vista personale che da quello lavorativo. In Aprile ho perso mio padre, al quale ero legatissimo, e devo ammettere che più di una volta sono uscito a correre per affogare i miei pensieri nella fatica, come quella volta che dopo 5 Km non riuscivo più neanche a camminare ma pur di tenere lontano tutto quello che mi passava per la testa mi sono imposto di non mollare. E poi a luglio, quando eravamo nel mezzo di grossi cambiamenti informatici nell'azienda in cui lavoro e stavamo in ufficio dalle 7 del mattino fino a sera tardi. Ricordo la data precisa, era lunedì 9, mi aspettava una settimana terribile ed ero già sotto pressione: alle 19:00 ho mollato tutto, ho infilato le mie scarpe e son partito di corsa, scacciando da me tutta la tensione accumulata. E poi correre e faticare aiuta anche a riorganizzare le idee: qualche anno fa stavamo sviluppando un sistema di salvataggio dei dati, e ci eravamo bloccati per uno strano errore che non riuscivamo a risolvere. Era ormai sera tardi, e non ne venivamo a capo, così decisi di andare a correre per liberare la mente: a un certo punto, per puro caso, vidi una pubblicità di quelle ai bordi delle strade che conteneva la parola "registro", e mi si accese la lampadina. Quella era la soluzione ai nostri problemi in ufficio e la mattina dopo li risolvemmo molto rapidamente.
 
Infine, la fatica è l'anticamera della ricompensa, e la migliore per un podista è una bella mangiata con tutto quello che di solito non ti puoi permettere. Come a New York, dove alla fine di ogni maratona è d'obbligo un mega hamburger con patatine fritte e birra secondo le enormi porzioni americane. In fondo ce lo siamo meritato, no?

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