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Lintao Zhang/Getty Images
Lifestyle

50 anni di Mike Tyson, l'ultima vera star della boxe

"Iron Mike" festeggia mezzo secolo di una vita che pare proprio la sceneggiatura di un film sul pugilato...

30 giugno 2016: Mike Tyson compie 50 anni. Mezzo secolo che racchiude qualsiasi immaginabile stereotipo cinematografico della boxe: i pugni di strada e il conseguente riformatorio, i trionfi sul ring e i dollari sperperati a profusione, il carcere (per stupro) e la redenzione religiosa (con conversione all'Islam), le avventure hot e i matrimoni più o meno felici, con una nidiata di figli (sei al momento, tra cui una bimba tragicamente scomparsa nel 2004 a soli quattro anni) sempre da donne diverse...

Un ragazzino introverso
Già dall'infanzia la vita di Tyson segue una perfetta sceneggiatura hollywoodiana, con la storia che racconta all'inizio di un ragazzino grosso e muscoloso, ma timido e introverso, che parla solo con il suo cane "Killer" e alleva piccioni sul tetto di un palazzo disabitato di Brownsville (New York), uno dei quartieri più violenti d'America, dove la madre alcolizzata va a vivere da sola con Mike, suo fratello e sua sorella. Quindi ecco la prima esplosione di violenza a 11 anni, quando un teppistello stacca per scherzo la testa a uno degli adorati colombi e viene punito dal futuro campione con una scarica di pugni che portano in breve Mike a diventare il membro più di giovane della peggiore gang della stessa Brownsville, nelle cui strade inizia anche a esibirsi in una serie di incontri da strada senza limite di peso né di età.

Il riformatorio è l'inevitabile conseguenza, con la sceneggiatura che prosegue imperterrita sul più scontato (e proprio per questo reale) dei binari: il secondino ex-campione di pugilato (Bobby Stewart) che lo nota nelle ore d'aria in palestra e lo presenta al vecchio allenatore (Cus D'Amato) che rivede in Tyson il talento da sgrezzare di Floyd Patterson, suo allievo negli anni Cinquanta e più giovane campione dei massimi della storia del pugilato. Più giovane fino appunto all'avvento di Tyson, che dopo essere anche stato adottato da Cus D'Amato in seguito alla morte della madre, inizia a calcare il ring da professionista il 6 marzo 1985: è la prima di 15 vittorie per ko, 11 delle quali (incluso il match d'esordio) con l'avversario messo al tappeto già al primo round.

Il più giovane campione di sempre
La via per la gloria è stata imboccata, anche se Cus D'Amato riesce ad ammirare il suo ragazzo sulla copertina di Sports Illustrated con il soprannome di "Kid Dynamite", ma non a vederlo con la cintura di campione del mondo: il vecchio allenatore - così vuole la solita sceneggiatura al confine tra film e realtà - muore infatti di polmonite nel novembre 1985, giusto un anno prima del match che consacra Tyson re dei massimi contro Trevor Berbik, spedito al tappeto al secondo round. E' il 21 novembre 1986 e Mike, con la corona, si impossessa anche del record di Patterson: ora è lui il più giovane campione di sempre all'età di 20 anni, 4 mesi e 22 giorni.

A seguire arrivano anche il titolo Ibf e quello Wbc, che lo rendono anche il primo peso massimo della storia della boxe a detenere tre delle quattro cinture delle più importanti federazioni mondiali per un dominio assoluto che dura fino all'11 febbraio 1990, quando viene inaspettatamente sconfitto sul ring di Tokyo da James Douglas.

Gli anni del carcere
Qui però la trama inizia a ingarbugliarsi e si complica terribilmente alla fine del 1991, quando Tyson viene accusato di stupro da Desiree Washington, giovanissima reginetta di bellezza: il processo calamita l'attenzione mondiale, con la solita divisione tra innocentisti e colpevolisti, concludendosi con la condanna a 10 anni di carcere per il pugile, che entra così in cella nel febbraio 1992. Ci rimarrà tre anni, uscendo per buona condotta nel marzo 1995 dopo essersi tra l'altro convertito all'Islam con il nome di Malik Abdul Aziz. La stessa scelta di Muhammad Ali, che Tyson vede per la prima volta da ragazzino quando "Il più Grande" fa visita al suo riformatorio e incontrerà poi altre volte da campione ormai affermato.


Proprio come Ali dopo la squalifica per essersi rifiutato di partire per il Vietnam, anche "Iron Mike" deve ripartire da zero, anche se per cause assai meno nobili. Quello che non sa, però, è che - al contrario di Ali - l'impresa comporterà un'altra brutta serie di guai, con un nome e cognome ben precisi: Evander Holyfield.

Pugni e... morsi
Riconquistate nel 1996 la corona Wba e quella Wbc mandando rispettivamente al tappeto Peter McNeley e Frank Bruno, Tyson si vede infatti strappare il titolo nel novembre dello stesso anno dal suddetto Holyfield, per un secondo regno da campione dei massimi che dura solo una manciata di mesi. Ma il peggio deve ancora venire: colpa sempre di Holyfield e della sua abitudine a colpire con la testa l'avversario durante i corpo a corpo. Un atteggiamento che nella rivincita del 28 giugno 1997 fa saltare letteralmente i nervi a Tyson, con l'esito che tutti conoscono: al posto di un gancio ecco abbattersi su Holyfield il morso di "Iron Mike", che gli stacca un pezzo d'orecchio con tanto di cartilagine... Un gesto che non solo etichetta defintivamente Tyson come un violento di professione, ma gli fa anche revocare la licenza da pugile per un anno.

Gli ultimi incontri
Il seguito è fatto di incontri disputati spesso per sua stessa ammissione sotto l'effetto della cocaina e frammezzati a un altro soggiorno in carcere (5 mesi nel corso del 1999 per aver aggredito due automobilisti) per una carriera che non tornerà più agli splendori iniziali e che, persa l'ultima occasione di riconquistare il titolo nel 2002 (viene messo ko da Lennox Lewis), si conclude in parabola discendente nel 2005 a macchiare un palmares di 50 vittorie (44 per ko), 6 sconfitte e due "no contest", più il riconoscimento di miglior pugile dell'anno conferitogli dalla prestigiosa rivista Ring Magazine nel 1986 e nel 1988.

Peraltro negli ultimi anni non è più la fame di gloria a spingere Tyson a incrociare i guantoni, ma il grande bisogno di denaro per pagare i debiti e il fisco americano, dal momento che non c'è più nessuna traccia sul suo conto dei 300 milioni di dollari guadagnati in precedenza: un po' per averli sperperati, un po' per essere stato truffato dai suoi agenti, tra cui il celebre Don King (quello dei match di Ali), condannato in seguito a risarcirgli 14 milioni di dollari da un tribunale americano.

Burrascosi anche gli anni successivi all'addio al pugilato, che alcune voci vorrebbero interrompersi nel 2009 per una rivincita ad Abu Dhabi con Holyfield, con il quale nel frattempo Tyson ha fatto in Tv prima pace e poi uno spot pubblicitario: non arriva però nessun match e quindi nessuna borsa milionaria, sostituita qualche anno dopo (2013) dai diritti dell'autobiografia True. Alla quale, c'è da scommetterci, il cinquantenne Mike (che nel 2003 si è fatto tra l'altro tatuare il volto come un Maori perché "non sopportava più la sua faccia") aggiungerà presto nuovi, cinematografici capitoli. Perché campioni si diventa, ma "star mondiali" per certi versi si nasce: lo dice la sceneggiatura della vita.   

Tutti pazzi per Mike

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Kevork Djansezian/Getty Images
Mike Tyson con il fuoriclasse del tennis Novak Djokovic

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Paolo Corio