Famiglia, meglio dopo che mai
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Famiglia, meglio dopo che mai

Aumentano le donne che rimandano la maternità. Non per la carriera, ma per una nuova idea di sé

Non si sente una perdente, o figlia di un dio minore, zoppa di vita. Guarda il suo girare il mondo per lavoro (controlla la qualità degli hotel) avvolta dal lusso e da una solitudine densa, e si dice in silenzio: "Va bene così". Certo, in un film è tutto più facile, semplificato, si va per linee guida (narrative) che spesso ignorano i chiaroscuri della quotidianità, ma la protagonista di Viaggio sola, il film sorpresa di questa stagione, racconta molto bene una generazione femminile nuova, ben diversa dalle emancipate modaiole di Sex and the City e lontanissima dalle single degli ultimi lustri sulle quali si è molto dissertato, mitizzandole o facendone fonte di risate agrodolci, se non di compatimento.

Oltreoceano queste donne che non cercano né fede al dito né figli, e neppure carriera ossessiva «alla maschio», sono state battezzate «postponers»: trentenni-quarantenni che rimandano ma non rinunciano all’idea di una famiglia. Per il momento, e il momento può durare anche un decennio, hanno altre priorità, a cominciare da se stesse in senso lato. Non hanno paura di perdere il treno della maternità, anche perché ormai fa molte fermate, oltrepassa la soglia dei 50 anni grazie alla fecondazione assistita.

Il bello di questo esercito rosa è che rosa è rimasto, non ha cioè assunto stilemi maschili: la carriera è importante senza essere un’ossessione, il potere piace pur di non pagare costi troppo alti (a letto e non), i sentimenti non si immolano su alcun altare, e se non c’è l’amore alla Jane Austen c’è l’amicizia che aiuta a non inaridirsi. E gli interessi. E la curiosità. E i libri. E i film a lieto fine (di cui sono grandi consumatrici).

Le postponers non sono delle anaffettive, sono un’altra versione della femminilità. A loro modo sono femministe, se vale come prima regola il diritto di affermare la propria identità. Non condividono con le antesignane anni Settanta rabbia, rivendicazioni o integralismi antimaschio. "È una donna che vive senza rimpianti e sensi di colpa questa condizione di libertà e serenità" sono le parole usate da Maria Sole Tognazzi, la regista di Viaggio sola, per descrivere la sua protagonista (Margherita Buy sullo schermo).

Essendo autonome anche per il conto in banca, le postponers piacciono alle aziende. "È un target nuovo" spiega Egeria Di Nallo, sociologa. "Questo loro rimandare è uno spazio di vita da riempire al meglio. Alle postponers non si vendono prodotti ma coinvolgimenti, atmosfere. Sono donne che hanno elaborato spirito critico e una loro idea del mondo, proprio perché hanno fatto una scelta consapevole, precisa".

"Cercano l’amore" dicono gli americani con un’altra espressione del marketing («the search for love»), ovvero hanno bisogno di succedanei materiali del calore umano e del romanticismo negato, dai film in costume ai pullover extramorbidi. Non è un caso se nelle ultime stagioni sono comparsi cuori su vasetti di creme, indumenti, accessori. Ne sa qualcosa Andrea Morante, amministratore delegato della Pomellato: 18 anni fa l’azienda lanciò Dodo, una linea di ciondoli ideali per regali alle ragazzine, comunioni, cresime; da qualche stagione i ciondoli sono invece addosso a trenta-quarantenni, e spesso in quantità sospetta (compensazione, infantilismo?).

Spiega: "Dodo è stata un’intuizione di Pomellato, abbiamo scommesso sul mondo dei sentimenti. Oggi ci troviamo di fronte a un fenomeno nuovo: le donne comprano per se stesse. L’autoregalo rappresenta il 25 per cento, che è una cifra enorme rispetto al passato. Credo sia il modo per levarsi una soddisfazione e per confermare la scelta fatta: 'Ho perso alcune cose, ma ne ho guadagnate altre'". Secondo l’Istat, le italiane sono le madri più anziane d’Europa, 35 anni l’età media. Si dirà che pesano la carenza di strutture di supporto (asili nido e altro), la crisi, un egoismo generazionale. E se fosse invece il dilagare della filosofia del rimando? Vanda Perini, psicologa a indirizzo psicoanalitico, dice: "È difficile vivere l’amore nel suo dualismo. L’amore è anche perdita di una parte di te. Temo che pesino, in queste donne, ciò che hanno visto intorno a loro, l’infelicità materna. 'L’amore mi ferirà, il lavoro no' si dicono".

Rimandano dunque le delusioni amorose, la fatica della genitorialità? Speriamo di no, speriamo che viaggino da sole in una dimensione ricca di molto altro.

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Stefania Berbenni