Quando il fidanzato diventa un segnale orario
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Quando il fidanzato diventa un segnale orario

Il maschio caucasico e l'ossessione per la segreteria telefonica

Lui è la versione contemporanea dell'ingegnere in blu. Colto, ironico, alto-borghese, di ottimi studi e buona posizione sociale. Un manuale del bon ton, in quanto a galateo e accortezze, che neppure l'ultimo gentleman sopravvissuto alla barbarie maschile che ci circonda.

Per intenderci, quello che vi apre la portiera dell'auto quando scendete (sì, donne: esiste ancora l'ultimo superstite della prassi - e lotta con noi) o vi prenota una sublime cena a base di pesce, consegnando le chiavi dell'auto al parcheggiatore in livrea che v'accoglie sulla soglia del ristorante.

Dettaglio non superfluo è anche questo: non vi tormenta con una ridda di esse-emme-esse, messaggi su FB o singhiozzi di whatsapp in chat cui vi costringe a rispondere, dissipando le vostre giornate, nella piena consuetudine del maschio medio.

No. Lui chiama. Avete ben compreso. C'è ancora qualcuno, nei paraggi nazionali, che ha voglia di digitare l'icona verde della cornetta del suo i-phone e sentire la vostra voce. Insomma, per venire al punto, gli indizi lasciavano propendere per il meglio.

Fino a quando una pratica che dapprincipio pareva travestirsi come buona ha imboccato una deriva esiziale. Il messaggio in segreteria telefonica.

Avendo smarrito l'abitudine a relazionarmi con maschi caucasici contemporanei che utilizzino ancora il vieto apparecchio, non ho avuto il tempo necessario a individuarne le psicopatologie in merito. Ma la vita offre – sempre – l'occasione agognata.

I suoi messaggi iniziano con la comunicazione di luogo e orario. Nonché presentazione identitaria: “Sono Gabriele, chiamo da Milano, sono le diciassette e ventidue, trentaquattro secondi alle ventritré”. Al principio pensavo che scherzasse. Ma poi, immancabilmente, seguiva una comunicazione di servizio su proposte o appuntamenti. Seria.

Certo, l'esegesi poteva essere pure romantica. L'antica figura dello strillone che comunica l'ora tra le brume delle vecchie calli in selciato grigio, a Venezia. Poi, quella bestia famelica del mio senso critico, mai paga, ha sbranato la poesia col seguente interrogativo: “Ma allora a che serve la tecnologia che comunica già a che ora e da chi è registrato il messaggio ricevuto?”.

Ho dissimulato per un po', distraendo la ratio col cartesiano pensiero che occorre concentrarsi sul male minore, e ascrivere il resto a dettaglio marginale.

Ma lui, l'uomo in gessato, non mi è venuto in aiuto. Ha registrato gli ultimi messaggi nel seguente modo: la mera comunicazione dell'ora.

“Sono Gabriele, sono le dodici e quarantotto”. Punto. Niente più inviti. Nessun intento propositivo. Manco un cinema.

Ho convenuto, quindi, tra me e me, che la dotazione di una sveglia è assai meno impegnativa d'una relazione sentimentale.

Insomma, mi serve un fidanzato, mica un segnale orario.

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Paola Bacchiddu