Osama Bin Laden: nel 2002 fu fermato per eccesso di velocità
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Osama Bin Laden: nel 2002 fu fermato per eccesso di velocità

La guardia pachistana però non lo riconobbe. Emerge da un dossier pubblicato da Al Jazeera

Osama Bin Laden poteva essere fermato già nel 2002. E' quanto emerso da un dossier redatto dalle autorità pachistane dopo il raid di Abbottabad e rivelato dalla tv al Jazeera. 

Nello sconcertante documento si scopre che in un periodo imprecisato tra il 2002 e 2003 nella valle di Swat in Pakistan una guardia fermò un veicolo per eccesso di velocità. Dall'auto scese un uomo, Ibrahim Al Kuwaiti, fedele guardia del corpo del leader di Al Quaeda. Si scopre oggi che sul mezzo sedeva anche la moglie di Ibrahim e Bin Laden in persona.

 Al Kuwaiti risolse il problema prima che il negligente agente scoprisse che a bordo c'era lo sceicco del terrore che così se ne andò via indisturbato.

Il dossier di 336 pagine è stato elaborato dalla Commissione Abbottabad espressamente costituita dal Pakistan all’indomani del raid segreto Usa della notte del 2 maggio 2011 che costò la vita a Bin Laden e a quattro uomini del suo clan. 

Nel documento si scoprono interessanti restroscena della latitanza di Osama. 

Nel report si afferma che Bin Laden ha vissuto in Pakistan per circa 9 anni dal 2002 in poi. Il terrorista, sbarbato, ha vissuto in almeno 6 località, sempre accompagnato dal fedele  Ibrahim Al Kuwaiti.

Destinazione finale degli spostamenti di Bin Laden fu la palazzina di Abbottabad. Lì girava per il cortile con un cappello da cow boy a tesa larga sperando di non essere riconosciuto dai satelliti spia e aveva pochissime relazioni con l'esterno. I contatti si limitavano a quelli con Ibrahim e il fratello di lui Abrar.

Molte rivelazioni arrivano da Maryam Al Kuwaiti, la moglie di Ibrahim, che per molto tempo pensava che l'uomo che viveva al piano di sopra fosse uno "zio". 

Il bilancio del dossier è inesorabile: "Il Pakistan si è dimostrato incompetente e negligente, ma gli Stati Uniti sono stati autori di un vero atto di guerra sul suolo straniero”.

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Barbara Pepi