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Cicciottelle o diversamente magre?

Paradossi del politicamente corretto: la retorica buonista dei media non riflette la lingua realmente parlata dagli italiani

Chissà che strigliata avrà preso il titolista del Corriere.it per aver scritto, a proposito del nuotatore Robel kiros Hadte: «il nuotatore etiope con la pancia diventa una star in rete». Hadte la pancia continua ad averla, ma è immediatamente scomparsa dal titolo, perché reputata offensiva.

D’altra parte, si sa, il politicamente corretto è una malattia lessicale dura a morire e talmente idiota da essere di difficile soluzione. Per esempio i negri (a chiamarli così erano scrittori del calibro di William Faulkner e Mark Twain, mica Donald Trump) continuano a essere definiti «di colore», ma il bianco è la somma di tutti i colori, quindi a rigor di logica (e scienza) suona ancora più spregiativo.

Sul Corriere.it, il 10 agosto alle 8.47 l’articolo sulla performance del nuotatore olimpionico etiope Robel Kiros Habte contiene un riferimento alla sua “pancia”: parola che scompare però nel titolo dello stesso articolo alle 11.39.


Quanto al termine handicappato rendeva l’idea, persona portatrice di un handicap, invece no, sono diventati «diversamente abili». Diversamente abili a fare cosa? Ad andare in sedia a rotelle? A meno di non essere Pistorius, il quale oltre a correre velocissimo con le sue gambe d’acciaio, è stato diversamente abile anche a usare la pistola, uccidendo, diciamo per sbaglio, la fidanzata. Oppure diversamente abile è di sicuro l’astrofisico Stephen Hawking: pur paralizzato, nella testa ha un universo intero.

Tantomeno si può definire basso o nano chi è sotto la media, a meno che non siano Silvio Berlusconi o Renato Brunetta, mentre Giuliano Ferrara può tranquillamente essere chiamato grassone. È dunque una moda di sinistra? In teoria sì, in pratica era presa in giro già negli anni Sessanta da un paladino della sinistra e insigne semiologo milionario come il defunto Umberto Eco: nel suo Diario minimo ironizzava sul tema affermando che, andando di questo passo, si sarebbero dovuti chiamare i barboni «non banalmente rasati».

In ogni caso oggi guai a chiamare una persona che non vede cieco, meglio non vedente, sebbene sia la stessa cosa, oppure sarebbe più opportuno «diversamente vedente», e però dovrebbe essere come minimo Daredevil, insomma chiunque vorrebbe non vedere come il supereroe della Marvel. A proposito di serie tv americane, lì per fortuna c’è un isola felice: Daredevil è cieco, doctor House è zoppo, Ironside è paraplegico, e l’handicap non ha bisogno di mascheramenti linguistici. I telefilm rispecchiano la realtà, e infatti nella vita di tutti i giorni sbottiamo con un «ma che sei sordo?», non con un «ma che sei un non udente?».

Attenzione, non è una questione di lana caprina, a volte ci si lasciano le penne: il direttore di QS, Giuseppe Tassi, è stato licenziato per aver definito la squadra femminile di tiro con l’arco alle Olimpiadi «il trio della cicciottelle», siamo davvero alle comiche. A pensarci l’ultima frontiera da abbattere è Cicciobello, faremo mica dell’ironia su un bambolotto grasso? Che poi, ammettiamolo, nonostante un successo lungo decenni, Cicciobello non è neppure bello, è orribile, fossimo sinceri e politicamente scorretti andrebbe messo a dieta o almeno chiamato Cicciobrutto. Adesso licenziatemi.

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Massimiliano Parente