La scuola italiana e l'ecatombe della contemporaneità
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La scuola italiana e l'ecatombe della contemporaneità

Si studiano Etruschi e Sumeri, ma non c'è mai tempo per affrontare gli eventi dell'ultimo mezzo secolo

“Maturità, t’avessi preso prima”, cantava Venditti in “Notte prima degli esami”. Migliaia di studenti stanno per lasciare per sempre i banchi di scuola. Di questi anni, ricorderanno tutto, per tutta la vita. Sarà la parte principale della loro memoria adulta, un costante “ti ricordi”, una catena di rimpianti che si trascinerà dietro vaneggiamenti su rimpatriate da organizzare assolutamente (nella maggior parte dei casi non si faranno mai, o si riveleranno un disastro) per tener vivo quel tempo.

Solo che, mentre della storia con la esse minuscola, quella personale, avranno tutti gli elementi necessari (la gita, i flirt, gli scherzi ai professori, le verifiche copiate…) di quella con la esse maiuscola sapranno solo una parte.

E non certo quella fondamentale.

Secondo un sondaggio fatto da Skuola.net , rivolto a 1000 studenti, ¼ dichiara di non aver terminato il programma. Fra questi, il 10% si è arenato fra le due guerre (crisi del ’29?) mentre il 15% sostiene di non essere arrivato neanche alla Prima guerra mondiale.

Possibile che mentano, naturalmente.

Ma, non a caso, nel 2013, solo l’1,3% degli studenti scelse il tema storico legato all’attualità.

Nessuno sa niente di quel che succede nel mondo di oggi, o di quel che è successo negli ultimi 20 o 30 anni.

E del ‘900 si sa pochissimo.

A prescindere dai dati, possiamo basarci sulla nostra memoria “storica”.

E pensare a tutto il tempo passato (perso?) dietro a Longobardi e Visigoti, dietro a Celti e, come diavolo si chiamano, Etruschi (nella mia testa si confondono inspiegabilmente coi Sumeri) etc, etc, e poi alle volate della Seconda guerra mondiale, con quegli accenni ridicoli di “Guerra fredda”.

Il mondo cambia a un ritmo vorticoso. Niente, come il crollo del muro di Berlino (’89), o l’attacco alle torri gemelle (2001) è simbolicamente più rilevante per le nostre vite.

Eppure, puf, l’attualità scompare, la storia è storia di sarcofagi e re di Roma, da confondere negli anni coi sette nani, passando cene a mormorare per rispondere a un quiz improvvisato “Brontolo, Tarqiunio il superbo, Tullio Stilton, Tullio Solenghi…”

Va bene il passato-passato, per carità.

Ma, nella vita, è molto più importante capire le dinamiche che hanno portato allo sciogliersi o all’intricarsi dei nodi del nostro passato recente, indissolubilmente legato al nostro presente e al nostro futuro.

Quando un domani comanderanno i cinesi, sarebbe meglio sapere che cosa è successo negli ultimi 50 anni per farli diventare la prima potenza mondiale che star lì a tentare di ricordare qualcosa della dinastia Ming e dei loro famosissimi vasi.

Invece, dopo mesi passati sulle mummie, se tutto va bene, gli studenti si sentono schematizzare la Seconda guerra mondiale, faccenda complicatissima, con: Hitler era pazzo e cattivo e voleva conquistare il mondo.

E dopo?

Guerra fredda.

E poi?

Fine.

La cultura, come ogni cosa, è viva o morta secondo le necessità. E, le persone normali, quello che diventeranno (si spera) la maggior parte dei maturandi (a parte una quota di freak), non parlano quasi mai di Etruschi, durante le loro laboriose giornate.

Invece, ce li vedo quelli che stilano i programmi scolastici, a parlare tutto il giorno di Etruschi, sentendosi come i protagonisti della pubblicità in cui la sola cosa che conta è recuperare “l’antico vaso”.

La storia gli bussa alla porta e loro lì, a relegare la contemporaneità agli ultimi giorni, in cui niente è più veramente insegnabile perché tutte le energie sono rivolte a escogitare il modo per copiare durante gli esami.

Mi piace immaginarmi questi intellettuali archeologi, panzuti e canuti, ma col cappello di Indiana Jones, chiusi in una stanzetta piena di reperti ammuffiti, il giorno dopo la Terza guerra mondiale, travolti da una spietata armata cinese, mentre se ne stanno lì, a gabellare del ritrovamento di una hocaholahonlahannuccia a Etruscoland.

E faccio il tifo per il disastro.

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Marco Cubeddu

Nato a Genova nel 1987, vive a Roma, è caporedattore di Nuovi Argomenti e ha pubblicato i romanzi Con una bomba a mano sul cuore (Mondadori 2013) e Pornokiller (Mondadori 2015). Credits foto: Giulia Ferrando

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