La gloriosa farsa della nave raddrizzata
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La gloriosa farsa della nave raddrizzata

Considerazioni "storte" sulla verticalizzazione più celebre della storia d'Italia

Abbiamo un vincitore! Il link sulla pagina Facebook di un amico mi rimanda a quella del Deboscio , noto gruppo di simpatici produttori di vignette, magliette e canzonette: si parla della Costa Concordia.

La vignetta associa due status su FB. Il primo, di Enrico Mentana, è questo: Vediamo chi sarà il primo gonzo, politico o giornalista, a usare la Costa Concordia come metafora, per frasi geniali tipo "ora raddrizziamo la nave Italia".

Il secondo, montato nella fotografia, che mostra la stessa ora di pubblicazione, di Roberto Saviano, è questo: Dietro la morbosità dei media nell'osservare le operazioni all'isola del Giglio, forse, c'è qualcosa di più profondo della speculazione sul disastro celebre. Sembra muoversi un impronunciabile sogno da subcosciente: se si raddrizza la nave, simbolo di un paese alla deriva che lentamente affonda, c'è speranza magari che si raddrizzi l’Italia e che torni a galleggiare.

Al di là delle associazioni vignettistiche, di per sé sufficienti a fotografare la morbosità della morbosità, il fatto è che fin dall’inizio si sono sprecati commenti e analogie tra lo stato dello Stato e lo stato dello scafo.

A cominciare dalla sovrapposizione tra il comandante Schettino e certi politici, ovviamente giocando sull’opposta sovrapposizione tra il fustigatore di turno e il nobile De Falco.

Il punto cruciale di queste ore è la gloriosa verticalizzazione, il recupero delle casseforti coi preziosi e il liberare l’isola del Giglio dall’ingombrante relitto. È una sfida tecnica per risolvere un problema tecnico causato da un errore umano. Una tragedia di cui restano ancora da stabilire definitivamente responsabilità e mancanze.

Ma al di là di ogni verità processuale, il farsesco Comandante Schettino resterà immortalato dall’indimenticabile telefonata con il Comandante De falco, coronata di geniali gag linguistiche e dall’apice, a mio modesto parere, rappresentato da Schettino, rassegnato al peggio, che vuole tirarsi dietro anche il compagno di marachelle vicecomandante “Dmitri”, denunciandone la presenza a De Falco nel ruolo della maestra severa.

È stata una tragedia, certo. Con la sua dose di errori non voluti e dolosi, di sufficienza o tolleranza, di predicare bene e razzolar male.

Eppure il punto cruciale, per me, è il tratto farsesco. La buffonaggine televisiva, i pianti, gli accenti, le telefonate, i dettagli: dalla ricerca di calzini asciutti sul taxi all’amante slava nascosta in cabina.

Capita spesso infatti che i tratti della tragedia si sovrappongano con quelli della commedia.

A poche ore dal disastro già si sghignazzava grazie a YouTube su quella telefonata. E fiorivano le parodie, le canzonette, le varianti.

Dietro ogni scenetta comica ci sarà qualcuno che non ride. Nel mondo ci sarà pure qualcuno che ha perso un parente perché scivolato su una buccia di banana. Ma questo non ci impedisce di ridere, invariabilmente, anche di fronte alle meccaniche più scontate. Figuriamoci quando tutto concorre a creare un’esilarante mitologia. Non so se l’abbiano fatto apposta. Ma perfino ieri sera, su Rai 3, la copertina di Linea Nottemontava sull’immagine della Concordia rovesciata la suggestiva colonna sonora di Titanic, My heart will go on.

Un’associazione degna del miglior film trash in stile Scary Movie.

Perciò mi sento legittimato ad abbandonarmi a considerazioni un po’ storte.

In questo momento sto scrivendo in un’aula della NABA (Nuova Accademia di Belle Arti) di Milano, covo di artisti e curatori, per visitare alcuni amici che vedo di rado e che mi offrono sempre una visione un po’ più obliqua del mondo.

Fra loro, uno dei miei artisti preferiti, di cui prima o poi comprerò qualcosa, è un performer emergente di nome Marchini che dora i relitti urbani. In una sua prossima esposizione alla galleria Biagiotti di Firenze presenterà una mappa di “dorature”. Suoi soggetti preferiti sono parti di arredo urbano e, soprattutto le carcasse sventrate delle auto incendiate, dei trattori, dei grandi pachidermi meccanici che hanno smesso di funzionare.

Può essere che una visione civica, ambientale, metaforica, sia imprescindibile nei commenti a caldo. Ma non posso non trovare personalmente insopportabile la gravità con cui a tutti i costi si vuole trattare l’argomento.

Specialmente le analogie col Paese mi sembrano lo stucchevole ritornello che pretende di dare all’Italia più eccezionalità di quella che le spetta. Disastri, anche più gravi, purtroppo capitano costantemente, in tutto il mondo. Le navi naufragano. Gli aerei precipitano. Gli edifici crollano. Serve indagare e punire i colpevoli.

Serve interrogarci sulle contraddizioni della società in cui viviamo che in nome di profitti e sciocchi vantaggi produce disastri a rotta di collo. Però, se invece della retorica trita, delle forzature giornalistiche, della morbosa (morbosissima) attesa di un De Falco politico che con il suo eroismo ci liberi da ogni male, se invece che ripetere da decenni, nel pre, durante, post, post post, e post post post tangentopoli, quanto malfunzionamento ci tocchi sopportare, se invece di rimpiangere “quando c’era lui” il passato o dileggiando il presente con esasperanti o tempora o mores guardassimo al futuro con una visione più obliqua che non si faccia cruccio di raddrizzare ogni cosa?

Se ci godessimo la bellezza spanciata di una carcassa sdraiata vicino alla costa? Se ne contemplassimo la gigantesca potenzialità installativa degna dell’impacchettatore Christo o dello sventratore Matta-Clark?

Se per valorizzarla la trasformassimo in un’opera d’arte, in un monumento di inutilità, in un memorandum sulla nostra fallibilità umana, sull’imprevedibilità dell’esistenza che può trasformare una crociera in un disastro?

Anche se ormai è raddrizzata e avviata verso cantieri che se ne litigano la riparazione io, personalmente, la tirerei di nuovo giù, mandarei lì Marchini e la farei dorare da poppa a prua, per baloccarci con l’idea di uno scintillante futuro.

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Marco Cubeddu

Nato a Genova nel 1987, vive a Roma, è caporedattore di Nuovi Argomenti e ha pubblicato i romanzi Con una bomba a mano sul cuore (Mondadori 2013) e Pornokiller (Mondadori 2015). Credits foto: Giulia Ferrando

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