L'obitorio come promessa d'aggancio
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L'obitorio come promessa d'aggancio

Risvolti macabri della professione giornalistica

La giornata d'una cronista free lance (più free che lance) riserva sempre sorprese insperate anche quando pare prendere una piega banale. Ad esempio, la variabile “obitorio”. No. Non c'entra un lutto personale, grazie al cielo. Qui, siccome mica si scherza, si era lì a seguire una pista che avrebbe condotto direttamente a uno scoop che non s'appalesava dai tempi del Watergate.

Telecamera nascosta, battito di ciglia persuasivo, si tentava opportunamente di costringere il proprio gancio, giornalisticamente parlando, ad aprirci le mefitiche porte della morgue. Poi, siccome bisogna ragionare di realpolitik, quando ci s'avvede che il gancio non è che proprio s'alimenti a pane e volpe, occorre tuffarsi nel piano B. (Che i ganci di categoria lo sappiano: chiedere un'autorizzazione all'Asl locale per fare entrare un giornalista dentro il vivo del disservizio che affligge le camere mortuarie, non è – propriamente – la via più rapida per portare a casa il risultato). Affidiamo a lui, dunque, la telecamera nascosta.

D'accordo, è pur sempre un becchino, con tutto il rispetto. D'accordo, non pare esattamente a suo agio con le tecnologie. Però, che ci vuole a girare un video con un aggeggio non dissimile a uno smartphone? L'energumeno alto una torre e largo un atollo, dopo una buona mezz'ora d'attesa, rientra trionfante. “È tutto a posto. Ci sentiamo dopo”. Felici come bambini, si brucia l'asfalto per tornare davanti al computer e scaricare lo scoop. La sorpresa supera l'immaginazione.

Nessuna macchia di sangue sul pavimento, nessun residuo organico annunciato, nessuna grave mancanza nel servizio di pulizia. Due lombrosiani individui, dentro riprese indecifrabili che neppure un malato di Parkinson avrebbe girato così mosse, si scambiano il seguente dialogo: “Ti interessa la giornalista? Beh, qual è il problema. Se te la vuoi (…) (e qui la censura mi assista, ma il senso è comprensibile) hai pure la sua mail, no?”.

Ora - accantonando il dettaglio che qualunque femmina del creato, piuttosto che congiungersi col beccamorto in questione, credo lascerebbe estinguere l'umanità – cosa spinge il necroforo contemporaneo a credere che il possesso d'una mail muliebre sia garanzia di successo sotto le lenzuola?

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Paola Bacchiddu