Gnam Box, benvenuti a cena da noi
Mariateresa Furnari/Uff. Stampa
Lifestyle

Gnam Box, benvenuti a cena da noi

Da un incontro casuale, a un business di successo. Per la Design Week di Milano fanno gli onori di casa allo spazio Ikea

È il loro momento, tutti li vogliono. Il loro nome sa di buono, ricorda le tende di lino, i colori della primavera, i set di bicchieri a righe, quelle tavole apparecchiate bene e frequentate meglio. Tutti i creativi vogliono sedersi con loro. Niente di più accattivante durante la Design Week di Milano. Tutto ha avuto inizio con il cibo, quattro anni fa quando gli Gnam Box, al secolo Stefano Paleari e Riccardo Casiraghi, si sono conosciuti e della loro passione per la cucina 2.0 ne hanno fatto un modello di business, irripetibile.

Oggi accolgono gli ospiti in via Stendhal, a casa Ikea, che li ha scelti come volto del Salone. Noi li abbiamo intervistati.

Com’è che tutto ha avuto inizio? Siamo entrambi brianzoli, ci siamo conosciuti tramite i social network, io (è Riccardo che parla, ndr) interior designer e Stefano grafico. Il nostro legame si è basato fin da subito sul dialogo, la curiosità per la cucina e la voglia di capirne di più sui blog. E così passavamo le nostre serate su Tumblr a cercare idee, fantasticare e conoscere altri come noi che volevano sperimentare.

Amore e business, non sempre vanno d'accordo... Per noi invece ha funzionato. Anzi, credo che senza quella spinta non sarebbe arrivata la creatività. E la voglia di superare paure e ostacoli.

Chi ha scelto il nome Gnam Box? È stato un caso. Cercavamo il nome da giorni. Poi una sera metto in tavola un piatto invitante e Stefano esclama “gnam!”. Ci siamo guardati e in un istante abbiamo trovato il nome che ci rappresentava.

La vostra prerogativa fin da subito è stata organizzare cene con ospiti diversi tra loro. Ricorda la prima? Sì, con Emiliano Lazlo designer di Firenze. È venuto a cucinare per noi e alcuni amici. Da quel momento abbiamo dato vita a un format.

Dopo quanto avete lasciato i vostri rispettivi lavori? Più o meno dopo un anno. Il primo a lasciare sono stato io, Stefano mi ha seguito. All'inizio pensavamo, se va male torniamo indietro. E invece siamo andati avanti.

La vera svolta? Due anni fa, durante la Design Week quando abbiamo dato vita allo Gnambox Cafè. In zona Tortona ogni giorno organizzavamo un pranzo tra musicisti, artisti, blogger e designer. Una cosa piccola, per un massimo di 15 persone. Sono stati tra noi Tom Dixon, Fabio Novembre e tanti altri creativi. Le richieste di partecipazione arrivavano da ogni parte.

A chi vi ispirate tra i fornelli? Guardiamo tanto agli Stati Uniti e alla Francia dal punto di vista estetico… quello che solitamente si chiama impiattamento per noi è molto importante. Poi reinterpretiamo tutto a modo nostro. Personalmente non perdo un numero de la rivista food Bon Appétit di Condé Nast.

Non mi dica che non guardate programmi di cucina in tv.. E invece glielo dico. La tv non è il mezzo che ci ispira. Meglio Youtube, dove cerchiamo chef giovani e stranieri. Consiglio di dare un'occhiata a Dan Churchill, surfista australiano, che cucina in spiaggia. I social network ci aiutano molto.

Qual è il vostro piatto forte? Il burger vegetariano, ma anche le crostate. Una volta ci siamo persino divertiti a fare caramelle al rabarbaro.

La critica più fastidiosa? Siamo i primi a farcene, ci mettiamo sempre molto in discussione ma la soluzione poi arriva.

E il complimento più gradito? Che corrispondiamo a quello che comunichiamo sul web. All’inizio ci ha aiutato anche l’entusiasmo degli amici. Saturnino, che non conoscevamo, è stato casualmente a una nostra cena e in quell'occasione ci ha trasmesso una carica pazzesca.

Tre aggettivi per descrivere gli Gnam Box? Spontanei. Leggeri. Colorati.

Qual è la prerogativa dei vostri piatti? Non abbiamo studiato con un insegnante, siamo guidati da passione e ci piace sperimentare abbinamenti e sapori. C’è stato un periodo che usavamo molta curcuma e rabarbaro, oppure meloni a dicembre. La vera sfida inizia dalla spesa, e i nostri fornitori sono a chilometro zero e biologici. Qualcuno potrebbe fare il gioielliere più che il fruttivendolo, ma poi ci torniamo sempre perchè diamo la precedenza alla qualità.

Non tutti hanno il piacere di essere invitati a casa vostra: dove si può mangiare ciò che cucinate? In questo periodo, se capitate a casa Ikea in via Stendhal, a Milano ci trovate lì. Ogni tanto, poi, collaboriamo con altri chef. Capita di organizzare cene al Ristorante da Marta, in via Bandello, sempre a Milano. Da poco abbiamo fissato un appuntamento fuori porta, il 9 luglio saremo al Bed & Breakfast Malatesta, vicino a Pergola, nelle Marche. Un posto magico, sperduto tra le campagne. Non vediamo l'ora di essere lì.

 

Casa Ikea con gli GnamBox

Ufficio Stampa
Uno scorcio di casa Ikea in via Stendhal 36, a Milano

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Annalia Venezia

Portatrice sana di occhiali, giornalista prestata alle ore piccole (o nottambula prestata al giornalismo?), da sei anni curo la rubrica Periscopio di Panorama. Dopo ogni festa, prima di addormentarmi, ripeto come un mantra la frase di Nietzsche «se scruterai a lungo nell’abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te» e ogni volta mi chiedo come abbia fatto a scriverla senza essere mai stato a un party della fashion week.

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