Raoul Bova, l'ex suocera e la lettera al fedifrago universale
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Raoul Bova, l'ex suocera e la lettera al fedifrago universale

L'avvocato Annamaria Bernardini De Pace compra una pagina de "Il Giornale" per stroncare l'ex genero

"Caro genero, mi sai indicare il momento in cui da genero devoto sei diventato degenero?" Inizia così la lunga lettera aperta pubblicata da "Il Giornale" a firma dell'avvocato Bernardini De Pace, la più famosa divorzista d'Italia ed ex suocera di Raoul Bova l'attore che, a fine 2013, ha chiuso il matrimonio con Chiara Giordano (la figlia della Bernardini de Pace) dopo 13 anni per iniziare una relazione con la giovane e bella Rocio Munoz Morales. 

Ad una prima lettura la missiva pare redatta dalla Berdardini De Pace in persona per la quantità di citazioni e relazioni tra il contenuto dell'epistola e la vita di coppia di Bova e moglie. "Prima di slacciarti i pantaloni fuori dalla tua casa - si legge ad un certo punto - hai pensato che impatto avrebbe avuto questa patetica scena nella vita della tua famiglia? Raccontarsi la verità, in questo caso l'altra faccia di quello che slealmente stavi facendo in quel momento, avrebbe dato un senso alla tua fragilità, agli errori che avevi fatto e stavi per compiere, al dubbio, all'ansia di vivere, al bisogno di capire".

In realtà la lunga lettera è una citazione letteraria, l'universalizzazione del triangolo moglie-marito-suocera (e amante) pubblicato col preciso scopo di arrivare alle orecchie dell'attore e svilirlo per la meschinità dell'adulterio. 

"Il coraggio di perseguire lo scopo della verità impone di non accettare una mezza verità, per di più comoda e alibi perfetto dell'irresponsabilità affettiva. Mi sembra di sentire a questo punto le tue eccezioni e contestazioni: 'Che importanza ha? È successo e basta. E quando io ho conosciuto l'altra, la storia con mia moglie era finita, perché litigavamo sempre. Lei è prepotente e pretenziosa, io sono mite. E poi, la verità è irraggiungibile e comunque soggettiva. La verità è ciò che ciascuno percepisce degli accadimenti. È indimostrabile, ha sempre un'altra faccia. Non esiste di per sé. Se la verità di mia moglie è un'altra, è altrettanto indimostrabile'.

Tutte cazzate. Quelle che tu diresti in proposito, e che hai già avuto modo di elencare. Menzogne opportunistiche che dimostrano anche la tua irriconoscenza verso tua moglie: grazie a chi sei diventato direttore da semplice impiegato? Ai tuoi meriti inesistenti, o alle capacità di una moglie impegnata a organizzarti cene, incontri, modo di vestirti, lezioni di francese? Lei sì è stata responsabile di te e della Vostra famiglia".

Parole che cadono sulle azioni dell'attore come un macigno e che paiono ricalcate sulla sua storia con la Giordano. Il matrimonio diventa noioso, la moglie è oppressiva, lui è un bambino viziato, arriva l'altra giovane e bella e scatta il tradimento. Un copione talmente trito e ritrito da sembrare la trama di una piéce teatrale, talmente universale da trovarlo già scritto sui libri. Pare essere questo il messaggio finale dell'agguerrita suocera che difende la figlia e la nipote "ormai signorinetta". In realtà Bova non ha figlie femmine e non è passato dalla condizione di "impiegato" a quella di "direttore" grazie alla moglie anche se l'analogia è fin troppo palese. 

La conclusione lascia poco spazio alla speranza: "Sono certissima invece che tu non vivrai mai più sereno senza la famiglia che hai svenduto ai tuoi capricci. Senza la devozione, la sincerità, l'allegria, persino le polemiche furiose di tua moglie, con le quali avete dato un'impronta irripetibile e gustosa alla vostra vita insieme.

Senza l'ammirazione incondizionata della tua bambina, ormai signorinetta, e i suoi racconti quotidiani, sarai infelice, non avrai più fiducia nell'altra giovane donna; avvertirai la precarietà e il vuoto. Capirai, infine: ci sarà in quel momento la percezione della mancanza dell'amore. Dell'amore della tua famiglia, dopotutto. È l'unica verità cui arriverai da solo, dopo aver sgombrato il campo da tutti gli errori e le menzogne che hai prodotto inesorabilmente.

L'ultima verità te la dico io, perché tu non abbia ripensamenti: l'amore di tua moglie per te è morto. Ammazzato da te, dalle bugie, dalla viltà, dai dolori generosamente inferti come colpi di maglio su di un bambino allegro e giocoso. Piangilo pure, per sempre, questo bimbo che hai prima ucciso e poi preso a calci, pensando stoltamente che forse sarebbe potuto risorgere, prima o poi. Non ti resta, infatti, che la verità.
Per sua natura, inesorabile. Ma non so proprio se tu avrai mai il coraggio di guardarla. Hai tanto predicato il senso della famiglia e ora hai lasciato a tua figlia solo il bruciante senso dell'abbandono. Non hai né fegato né cuore, mio caro genero, o degenero per meglio dire. La tua forza, anche sessuale, dura per il tempo di uno spot. Sei un uomo a breve termine di conservazione. Scaduto".

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Barbara Pepi