Il terzo grado - Paola Iezzi
(Paolo Santambrogio)
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Il terzo grado - Paola Iezzi

"Quello passato è stato un anno difficile: ho lavorato poco e la cosa mi ha fatto soffrire parecchio" confessa l'artista

NOME: Paola Iezzi

CHI E’: cantante, musicista, dj e conduttrice. 

COSA FA: stasera festeggia un anno di attività come dj e torna a suonare al Bar Blanco di Milano. Domani, 20 settembre, canterà invece sul palco del Teatro Nuovo di Milano per celebrare Mia Martini insieme a Teo Teocoli, Niccolò Agliardi, Fabrizio Moro e tanti altri.  

DICE DI SE’: “Faccio fatica a dire di no. Ora sto migliorando, ma odio deludere gli altri, soprattutto le persone che stimo e alle quali voglio bene, ma anche gli estranei…assurdo no?”.

In quali attività diresti di avere talento, e in quali diresti di non averne affatto?

Non potrei mai dirmi da sola di avere talento. Penso di avere feeling e amare moltissimo tutto quello che riguarda la musica, l'immagine, la creatività, le performance, lo spettacolo. Poi ho una discreta vis organizzativa: mi sento una sorta diart directore penso di saperlo fare su di me e su altri progetti. Non penso di essere portata per tutto quello che riguardano i conti e l'amministrazione: non solo non mi appassiona ma mi annoia. Ecco non capisco come una persona possa decidere di fare il commercialista, per esempio (dice ridendo)!

Se potessi scegliere un’attività per la quale non hai talento e venirne magicamente e generosamente dotata, quale attività sceglieresti?

Non ho dubbi: quella di imparare a fare i conti! Quella di capire meglio la “questione denaro". Ho una memoria un po’ labile, quindi difficilmente riesco a immagazzinare molte informazioni: non datemi da fare giochi di logica o che hanno a che fare con i numeri.

Ti piace quando ti cantano “Tanti auguri”?

M’imbarazza da morire. Infatti cerco di evitare di auto-festeggiarmi. E’ strano perché non m’imbarazza salire sul palco davanti a migliaia di persone, ma se al ristorante si spengono le luci, arriva la classica torta e dieci amici mi cantano tanti auguri, potrei sotterrarmi dall'imbarazzo.

Al cinema piangi quando dovresti piangere, al momento sbagliato o non piangi affatto?

Mi commuovo e anche parecchio. Sono una dalla lacrima facile. E la musica in questo coadiuva la mole di sentimenti che arriva: la stessa scena immaginata senza musica, o con un altro brano, smette di commuovere.

Hai ancora qualcuna delle tue vecchie pagelle o dei tuoi trofei sportivi d’infanzia?

Non so se mia mamma abbia conservato le pagelle, ma io avrei fatto volentieri un falò appena terminato l'ultimo anno di liceo. Sono felice di aver portato a termine il percorso, ma sinceramente non vedevo l’ora di finire e dedicarmi ad altre cose. Trofei sportivi, non ne ho mai vinti: ho sempre avuto un conflitto con palestre e affini. Il ballo mi appassiona ma non lo considero uno sport.

C’è da fidarsi di più o di meno di chi mangia cibo insapore rispetto a un buongustaio raffinato?

Tra cibo insapore e cibo raffinato, esiste il buon cibo. Perché un piatto può essere raffinato ma non buono. Io sono sempre per il cibo buono, se poi è anche ben presentato tanto meglio. Amo mangiare di tutto, ma cerco sempre di stare attenta e non esagerare. Mangiare è una di quelle cose che mi piace proprio fare, soprattutto in compagnia: è un momento di condivisione meraviglioso, oltre che d’infinita goduria.

Puoi dire con certezza di aver amato?

Lo posso dire con assoluta certezza. Sì. Tuttora. Io amo, come direbbe Fausto Leali o la mia amica drag (dice ridendo).

Ti chiedi più spesso che ne è stato della gente normale che hai conosciuto o degli strambi che hai conosciuto?

E' chiaro che gli “strambi” restano più nella memoria, per ovvi motivi. Ma sono più certi comportamenti, gesti o episodi a restarmi dentro: un gesto che mi ha colpito, nel bene o nel male, resta con me e ogni tanto per motivi diversi riaffiora.

Sai mentire?

Non benissimo, dovrei impratichirmi di più. Da piccola ero più brava.  E comunque direi che le mie sono piccole bugie: almeno per il momento, grosse balle non le ho mai dette.

Gli sport per te sono qualcosa da fare, guardare o ignorare del tutto?

Sono da fare assolutamente. Scegliendo una "disciplina" che ti appassioni o ti diverta. Nel mio caso, l'idea dello sport mi è sempre piaciuta ma non sono quasi mai passata alla vera azione. Però due estati fa mi sono appassionata alla zumba: è una delle poche cose che mi fa sudare, sfogare, divertire, distendere la pelle e dimagrire nei punti giusti, quando metto su qualche chilo di troppo.

Quando il gioco si fa duro, sei una dei duri che cominciano a giocare?

Soffro le gare e le competizioni: sono poco competitiva, se non vengo stimolata ad esserlo, e soffro di ansia da prestazione. Faccio quello che ritengo di sapere fare e lo faccio con il massimo dell’onesta e della passione: forse il carico che metto è sempre alto quindi soffro anche di delusioni cocenti. Ci metto un po' a carburare ma elaborato il "lutto", mi rimetto in pista e gioco più forte di prima. Se però il gioco è troppo duro - per quello che sono i miei parametri etici o di altro livello - abbandono in quasi totale serenità. Insisto solo se ci credo e m’interessa.

Qual è la tua torta preferita?

Diciamo che amo i pasticcini. Tutti i pasticcini. Quindi la mia torta ideale è una torta gigante composta unicamente di dolcetti. Solo che non ne ho mai vista una in giro. Potrei impazzire.

Ti definiresti una buona archivista, rispetto alla tua memoria, o una cattiva archivista?

Cattiva: ho la memoria di un pesce rosso e metto appunti da tutte le parti come nel filmMemento. Per certi aspetti invidio molto la capacità di alcune persone di ricordare tante cose, se non restano schiave dei ricordi. Se invece sono informazioni o nozioni culturali allora mi piacerebbe essere più brava. L’argomento memoria è un tema al quale sono molto sensibile: so che comunque ci si può esercitare, come Pico della Mirandola, e un giorno mi ci metterò d’impegno.

Quest’anno farai viaggi significativi?

Quest'anno devo lavorare e voglio lavorare tanto. Poi penseremo anche al viaggio. Quello passato è stato un anno difficile: ho lavorato poco e la cosa mi ha fatto soffrire parecchio. Quando hai voglia di fare, di lavorare e "non ti permettono di farlo" è terrificante. Faccio un mestiere particolare, nel quale in realtà non stacchi quasi mai, ma la parte di lavoro vera e propria - quella delle serate, dei concerti - mi è davvero mancata. Capisco e m’identifico nella frustrazione di chi perde il proprio lavoro o di chi non riesce per qualunque motivo a lavorare: è un diritto di ciascun cittadino e nessuno dovrebbe esserne privato.

Sarai più felice in futuro?

Sicuramente sì, anche se sono spesso felice da quando ho capito che bisogna imparare a godersi le piccole o grandi cose nel mento in cui le hai. La concentrazione è la chiave della felicità. Ne sono certa.

*domande estratte da Interrogative Mood (Guanda editore)

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Francesco Canino