Francesco Pannofino
Ufficio Stampa/Giffoni Film Fest
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Francesco Pannofino: le critiche per i miei commenti agli Europei? Tifavo, non le ho sentite

L'attore e doppiatore romano: "Solo chi non fa non viene osteggiato: amo il calcio e sono stato solo me stesso"

Il nostro mestiere è un rischio: nessuno può garantirti che avrai  successo, carriera o fama, ma vale la pena provarci”. Così l'attore Francesco  Pannofino, ospite del Giffoni Film Festival, nel bel mezzo di un bagno di folla di ragazzi accorsi ad applaudirlo, abbracciarlo, gridargli  dietro le battute della serie tv irriverente e politicamente scorretta di cui era mattatore, Boris.

Doppiatore d’eccezione di star come George Clooney e Denzel Washington  (ma anche di cartoon come L’Era Glaciale 4, a fine settembre in  sala), Pannofino  continua a lavorare parecchio in televisione –dalla fiction Nero Wolfe fino al commento degli Europei di calcio – e in fondo deve la sua popolarità proprio al personaggio di Renè Ferretti, regista  casinista e disperato, costretto a lavorare con "attrici cagne" come  Corinna/Carolina Crescentini. Un uomo rassegnato al peggio, ma dalla  battuta sempre pronta.

Non teme di restare incatenato al personaggio di Boris?

No, ho già interpretato diversi altri personaggi dopo. Resto affezionato al ruolo di Renè, non lo nego, interpretare un regista per un  attore è come imitare un professore per uno studente, divertimento puro.  Spero di rifarlo prima o poi, se ce ne fosse l’occasione ne sarei contento,  anche se per ora ci sono troppi problemi di produzione, e di volontà anche.

Qual è lo stato di salute della televisione italiana, secondo lei ?

Non fa tutta schifo come certi sostengono, ma è anche vero che se  trasmetti 24 ore su 24 non puoi avere tutti capolavori in palinsesto. Ci sono fiction  ben realizzate, altre fatte male, dipende. Di certo ora che le  risorse economiche vanno a diminuire anche la qualità ne risente. E’  fondamentale, invece, che chi ha idee valide possa metterle in pratica, speriamo che il Paese si riprenda presto da questa crisi.

Parliamo degli Europei: ha ricevuto diverse critiche, come le ha prese?

Non mi fanno nè caldo nè freddo, anzi, me le aspettavo: solo chi non fa non  riceve critiche. Poi non vedo perchè debba essere criticato, dopo tutto: sono andato  lì, mi sono divertito, ho guardato le partite della Nazionale, e soprattutto sono stato me stesso. Non ho mai cercato di forzare nè interpretare un ruolo, per la prima volta in tv ho fatto solo il tifoso.  Sono uno a cui piace il calcio, le cattiverie non mi interessano. Anche  perchè mi hanno pagato pochissimo, è qualcosa che ho voluto fare con Rai Sport, e la Rai non andrà certo fallita per questo.

C’è chi definisce la sua una comicità “tera tera”, lei come la descriverebbe?

Seguo molto l’umorismo che c’è tra le righe di un copione, poi tento  di trasformarlo con la mia sensibilità e il mio modo di essere. Non sono  un “comicarolo” per intenderci, non sono capace di mettermi lì e far ridere la gente.

Il suo modello?

Quand’ero ragazzino adoravo Ugo Tognazzi, ma non azzardo a mettermi a paragone.

Franco Battiato ha detto che la politica non dovrebbe avere nulla a che fare con l'arte in generale e con la Rai in particolare: che ne pensa?

Sono perfettamente d’accordo, mi sembra però molto difficile da realizzare. Quando ci sono i politici che vogliono imporre qualcosa, finisce che non si bada più alla qualità ma solo all’appartenenza. Ed è sbagliato: l’arte dev’essere libera e  non sottoposta a nessun limite.

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Claudia Catalli