Il fidanzamento a mia insaputa
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Il fidanzamento a mia insaputa

La Seconda repubblica ci ha abituato a tutto, ma la Terza si apre con qualcosa di peggiore. Trovarsi nel pieno di una relazione con uno sconosciuto, e non saperlo.

A volte capita, a ragazze sole nella giungla della città metropolitana, di inciampare su terribili equivoci. Cioè, noi siamo state chiarissime  - si pensa - ma qualcosa dev'essere, evidentemente, andato storto.

Mi spiego meglio. Mentre cercavo di discernere – come un aruspice del XXI secolo – il caledoiscopico toto nomine del prossimo governatore della Regione Lombardia, squilla il telefono. Al ricevitore, un'amica piuttosto informata. “Dimmi che non è vero, ti prego!”, è l'esordio che accelera la mia pressione sanguigna.

Di che parli?”. “Di Lorenzo”. “Lorenzo chi?”, mi spazientisco mentre le sinapsi setacciano tutti i file che rimandano ai titolari del nome citato.  “C'è Lorenzo che dice a tutti in giro che siete molto intimi, e che lui si sta separando dalla moglie”.

Due circonlocuzioni più tardi, un salvagente luminoso mi soccorre nelle cupe acque della confusione. Realizzo che l'individuo in questione ha incrociato il mio tribolato cammino tre volte. Sì, capisco che sia un numero congruo a trascinare taluni fenotipi umani davanti a un'altare a Las Vegas a pronunciare una promessa d'amore imperituro, ma la sporadicità degli incontri mi aveva indotto ad ascrivere il soggetto nella macrocategoria dei “conoscenti”.

Certo, ha il mio numero di telefono. Certo, anche il mio contatto sul social e la mia mail.. calma! Già sento sbriciolarsi le vostre scorte di garantismo alla subdola insinuazione ch'io l'abbia incoraggiato. Siete fuori strada.

Lui è il co-fondatore di un novello movimento politico maturato di recente alle latitudini padane (ma la Lega non c'entra). Uno di quelli che berciano soluzioni per disinnescare il cancro che attanaglia il paese e cacciare la coeva classe politica. Un mostro filiato dalla dottrina renziana della rottamazione.

Avrei dovuto capirlo, già dal principio, dopo una rapida occhiata al loro programma elettorale. Non una parola sulla donna, in nessuna delle sue declinazioni (madre, moglie, entreneuse, consigliera regionale). Nessun piano sul welfare familiare, nessuna intuizione sull'incentivazione all'occupazione femminile, né – tanto meno – un cenno all'inspiegabile presenza esclusivamente maschile dei componenti della consorteria.

Ma a chi lo dice che siamo intimi?”, indago ulteriormente.

Lo va a dire in giro, a tutti, a molti di quelli che ti conoscono”, mi risponde la mia fonte.

Ecco finalmente spiegata l'indecifrabilità di alcuni sguardi obliqui lanciatimi in contesti pubblici, nelle ultime settimane, da soggetti che reputavo amici. Traducibili, dopo la presa d'atto, nell'icastica locuzione: “Ma Che? Davero? Con quello lì?”.

Ragionando dunque sul da farsi – chiamarlo e insultarlo? Informare la di lui coniuge? Contattare il  collega dell'Ansa per diramare un lancio d'agenzia in cui illustro al paese la scarsa plausibilità della sue dichiarazioni mitomani? - prevalgono, poi, le ragioni di realpolitik.

Come sempre, negli ultimi tempi, dal sentimento si scivola nella politica.

Ma quale cambiamento. Ma quale rottamazione”, penso, allargando l'orizzonte dalla mia miseria quotidiana all'intero paese.

Se dalla casa di Scajola della Seconda Repubblica si è passati al “fidanzamento a mia insaputa” della Terza, significa che per l'Italia non c'è davvero più alcuna speranza.

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Paola Bacchiddu