Fenomenologia delle 'tette a goccia'
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Fenomenologia delle 'tette a goccia'

Quando il silicone ci si mette di mezzo

Credevo d'averlo trovato. Dopo tanto errare, dopo la babilonia di affezioni psichiatriche maschili, dopo l'antologia di sconosciute pieghe antropologiche del maschio caucasico contemporaneo, finalmente – sì - l'ipotesi dell'uomo-principe (lo stereotipo irreale con cui, per intenderci, ci rovinano il futuro sentimentale dall'età puberale in poi) pareva essersi inspiegabilmente palesato. Bello era bello.

Una sorta di atlante anatomico in carne, deltoidi e muscolo ileo che – per un tempo congruo all'annebbiamento della ragione – faceva pure perdonare qualche opinabile applicazione della sintassi italiana: quelle marginali lacune su apostrofi, doppie, congiuntivi, ad esempio.

Ma che importava, in fondo? L'esemplare intellettuale aveva già latamente germinato un florilegio di delusioni tale da indurre a imboccare altre strade finora mai battute. Un romantico week end, una sinfonia di vezzeggiativi, premure rare quanto l'ultimo superstite di foca monaca avevano fatto il resto. Ci avevo messo trent'anni, ma le strade accidentate su cui m'ero sbucciata le ginocchia e spezzato il cuore avevano condotto a lui.

Fino al tragico momento in cui, seduti a un tavolino di un bar, a sorseggiare un caffè con panna nella piccola città d'una ricca provincia del Nord-Est, tra me, lui e il nostro amore s'è frapposta “la tetta a goccia”.Avete ben compreso. L'esordio è stato strisciante come la pelle a scaglie d'una biscia di terra che s'insinua con lentezza dentro il vostro cortile interiore. “La tetta a goccia”, dunque. Il maschio in questione, cultore della forma fisica – ça va sans dire – sembrava perdonare tutto alla mia beltade tranne la mesta seconda che la natura ha deciso di assegnarmi.

Poche parole e il più zuccheroso del presente, a rischio carie, si è tramutato nelle più feroce e prosaica realtà ipotizzabile.

Guarda”, mi ha detto lui con la competenza di un primario di chirurgia estetica, “Bada bene che deve sembrare naturale, però. Duecentonovanta grammi, non uno di meno, non uno di più. La protesi sceglila a goccia perché camuffa meglio la cicatrice dell'intervento. Ah! Hai presente tutto quel gran parlare sulla consistenza troppo dura e l'aspetto artificiale? Beh, sono tutte sciocchezze: al tatto è piuttosto morbida, perfino calda e segue con gran disinvoltura la naturale ergonomia del corpo”.

Dopo una breve pausa circolatoria in cui la temperatura corporea è precipitata verso numeri crionici rasenti l'ibernazione, ho posato la tazzina del caffè, facendo appello alla civica e urbana educazione trasmessa dagli augusti genitori. In verità, prevaleva, di netto, la genetica barbaricina che trascina verso lo squartamento, il culto della vendetta e quella buona pratica con cui risolverei molti cancri della società contemporanea: la faida.

Poi ho pensato di monetizzare l'esperienza. La prossima volta potrei scegliere, come fidanzato, un tiratore scelto che m'insegni a utilizzare con dovizia una Walther P38. Al prossimo che suggerisce anche solo la vaghezza della chirurgia estetica, non resta che esibire l'arma come deterrente per qualsivoglia tentazione futura.

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Paola Bacchiddu