Femen, quel seno nudo che come arma fa paura
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Femen, quel seno nudo che come arma fa paura

Pacifiste, protestano a seno scoperto. Sono le Femen, fenomeno transnazionale che sta contagiando anche l’Italia

L’idea ha del geniale e del triste insieme: il topless come arma politica da mostrare davanti a telecamere e fotografi per fare notizia, per comunicare e protestare. Per dire no a turismo sessuale, guerra, discriminazioni, commercializzazione dei corpi femminili.

Nei Settanta, il seno nudo era finito in prima pagina perché esibito sulle spiagge d’Occidente. Stavolta la questione è più ingarbugliata: il fenomeno di donne e ragazze che usano le proprie tette come lavagne per scriverci sopra è di difficile collocazione, anche perché il movimento è transnazionale; non solo, è trasversale per religione, ceto sociale, età delle donne. "Libertà a tutte le donne", "Il mio corpo, le mie regole", "Ci fidiamo dei gay", "Nudité, liberté", "Dio è donna": slogan che hanno coperto in questi ultimi mesi la pelle di centinaia di ragazze. Ai tempi dei topless da rotocalco si sapeva chi erano i genitori di quei seni al vento, la rivoluzione sessuale da una parte, il femminismo dall’altra. E oggi?

Va’ a spiegare perché ha attecchito in Turchia come in Scandinavia, in Cina come in Francia, Germania, Tunisia, Gran Bretagna, ora anche in Italia. E come dall’Ucraina il Femen, nome del movimento fondato ne 2008, stia dando l’ennesimo colpo basso al vetero e al nuovo femminismo (il nostro Se non ora quando). Oggi che la rivoluzione è nuda, che se ne faranno le femministe di petizioni, manifestazioni, convegni, liti fra teoriche delle pari opportunità?

Istruite in corsi di addestramento (il più importante è a Parigi), allenate per rispondere senza violenza ad arresti e cariche della polizia, le femen si stanno svestendo ovunque per essere ascoltate, non per farsi guardare. È per questo che dentro questa gioiosa nuova macchina da guerra sessuata c’è la tristezza, c’è la mestizia generata dalla consapevolezza dell’impotenza femminile nell’aver altrimenti voce in capitolo in una società patriarcale per costruzione millenaria, maschile e spesso maschilista.

Nell’esporsi, nel farsi arrestare dalla polizia, o processare (in Tunisia ne sono state condannate tre per quattro mesi), questo esercito senza maglietta gioca su un’ambigua mistura di erotismo femminile e di coraggio virile. Che effetto fa agli uomini vedere queste amazzoni del Terzo millennio? Forse le interessate il quesito se lo pongono ridendo, di certo studiano blitz dove sia garantita concentrazione di telecamere e cronisti. Sono consce che di mass media si autoalimenta la nostra società e loro sono partite in contropiede. "Mettersi nude è l’unico modo per provocare gli uomini e avere l’attenzione di tutti" ha sintetizzato la fondatrice, Inna Shevchenko.

Che cosa sta succedendo realmente? Michel Foucault ricordava nei suoi saggi che nel momento in cui la sessualità viene "agita" scatta il divieto, la persecuzione. E Natalia Aspesi sintetizza secoli di oscurantismo dicendo: "La nudità è un’arma che terrorizza l’uomo". Lo terrorizza quando non è lui a tenere le fila del gioco, quando può chiedere la compagnia di mogli e fidanzate come di veline, escort, gigolò, trans, in piena democrazia di gusti erotici. È così da sempre, spiega Eva Cantarella, antichista: "La doppia morale c’è già in Omero: non c’è una parola di biasimo per l’uomo che passa da un’avventura all’altra. La società greca è perfettamente organizzata, l’uomo aveva la moglie, la concubina, la prostituta, l’etera che è simile alla nostra 'accompagnatrice', e il bel ragazzino di 13 -17 anni. Se però l’eros usciva dai binari, magari per mano femminile, ecco che veniva subito condannato e reincanalato".

È l’autodeterminazione femminile a far paura: "L’utero è mio e lo gestisco io" urlavano le femministe negli anni Settanta; oggi lo slogan delle femen è "Spogliati e vinci". Ciò che si vede (il seno) contro quello che sta dentro (l’utero).

La filosofia contemporanea distingue fra "essere un corpo" e "avere un corpo" come spiega Andrea Tagliapietra, filosofo: "Essere significa non sentire la differenza fra il nostro corpo e la nostra identità, mentre nell’altro caso c’è come una separazione. Il che consente di sdoppiarsi e di usare il corpo come strumento".

Lo sanno le femen che ne hanno fatto il medium di un messaggio politico. Lo sanno le meretrici di tutti i tempi. E gli uomini.

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Stefania Berbenni