La verità di Dickie Arbiter sulla morte di Lady D
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La verità di Dickie Arbiter sulla morte di Lady D

L'ex portavoce della Regina ricorda come a Palazzo è stata affrontata la tragedia di Parigi

Non si arriverà mai a sapere con certezza cosa sia successo a Corte nelle ore successive al drammatico incidente di quel 30 agosto del 2007 quando sotto al ponte de l'Alma a Parigi ha perso la vita Lady Diana. Ad aggiungere tasselli ad un puzzle che secondo alcuni a questo punto non ha neppure più senso mettere insieme è ora Dickie Arbiter, portavoce della Regina fino al 2000 e consigliere di Carlo e Diana per 12 anni.

Tutti i misteri a Palazzo

Arbiter ha deciso adesso di rompere il silenzio e di raccontare nel suo personale libro delle memorie che cosa sia successo quella notte, come ha vissuto la Regina la tragedia, perchè non è stata issata subito la bandiera a mezz'asta a Buckingham Palace e come l'intera famiglia reale ha vissuto l'eco mondiale del lutto per la morte della principessa triste. 

All'inzio, quando è stata diffusa la notizia dell'incidente, sembrava che Diana fosse ancora viva. "Paul Burrell, maggiordomo di Diana - ricorda Arbiter - continuava a correre singhiozzando nell'appartamento di Kensington Palace. Cercavamo aggiornamenti. Poi poco dopo le 3, il telefono ha squillato. Era Penny Russell-Smith, il segretario del Palazzo".

"E' morta"

Le sue parole solo piombate come un macigno: "E' morta. Fu tutto quello che disse. Feci la doccia, mi vestii e uscii dall'ufficio". Dopo aver accertato l'inevitabile evidenza dei fatti è stato evidente che la prima cosa era quella di tutelare William e Harry ed evitare che i principi fossero travolti dal clamore che la tregedia avrebbe suscitato nel mondo. Da qui la decisione di lasciare ancora qualche tempo i ragazzi in Scozia dove stavano trascorrendo le vacanze con la famiglia reale. 

Prima di tutto William ed Harry

Dickie Arbiter a tal proposito ricorda: "Noi, naturalmente, sapevamo come stavano le cose. La regina e la sua famiglia volevano affrontare la tragedia in modo privato. La principale preoccupazione di Sua Maestà era proteggere i principi William e Harry dal bagliore dei riflettori dei media, e dal numero senza precedenti di persone in lutto che stavano inondando Londra. Ma sulla scia della pubblicità negativa che circondava il divorzio del Galles, la decisione di rimanere in Scozia con i ragazzi è stata vista come inadeguata in alcuni ambienti".

Nel frattempo a Palazzo prendono il via le telefonate per mettere le bandiere a mezz'asta al Castello di Windsor, Sandringham e Holyrood House, ma la Regina si trovava a Balmoral, non a Buckingham Palace, quindi, come da tradizione, nessuna bandiera sventolava sulla residenza reale e prima che la Sovrana tornasse non era possibile fare nulla. Un ritardo che per settimane ha fatto molto discutere e che, nella storia della monarchia britannica, ha segnato un picco negativo di fronte al dolore della Nazione.

Funerali reali

Per quanto riguarda il funerale la Regina in persona ha accettato di impostare il rito secondo il copione già da tempo pronto in caso di decesso della Regina Madre: il feretro avrebbe cioè lasciato la Cappella Reale e fatto un lungo percorso fino a raggiungere Westminster Abbey.

Il lato privato del lutto 

Solo dopo aver superato questi e tanti altri piccoli e grandi problemi che univano tradizione ed etichetta, tragedia e diplomazia per Arbiter è stato possibile andare a rendere omaggio a Diana. "Nella quiete della Cappella Reale - ricorda l'ex portavoce di Sua Maestà - la ringraziai per essere stata così incredibilmente gentile con mia figlia Vittoria. Sono rimasto lì per 40 minuti. Poi le ho detto: 'Addio Signora... vi ringrazio'"


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Barbara Pepi