Gianni Morandi, uno di noi
(Ansa)
Lifestyle

Gianni Morandi, uno di noi

Gianni Morandi è stato "smascherato": non è lui a scrivere in prima persona sul suo seguitissimo profilo Facebook. Ma invece che esserne delusi dovremmo esserne sollevati

Grazie al Cielo: Gianni Morandi è stato "smascherato". Selvaggia Lucarelli lo scrive su Facebook. I giornali riprendono la notizia di una foto su Instagram che, riportando iinavvertitamente le indicazioni di pubblicazione, lascia intendere che dietro i suoi popolarissimi post ci sia un addetto stampa. Ed esplode la "delusione social" (di quali orrori concettuali e lessicali abbiamo il coraggio di macchiarci al giorno d'oggi). Segue replica del cantante, che rivendica la gestione "familiare" della pagina. I giornali continuano a riportare la notizia.

Sollevati e tristi

A parte il carattere totalmente indiziario della faccenda (ma chi può essere certo? Come suggerito da Morandi stesso, in una risposta alla Lucarelli, chi può dire non si tratti davvero di un messaggio di Gianni alla moglie Anna, perché magari Gianni non riusciva a pubblicare la foto di persona, come ha detto, o aveva l'influenza, o era in un posto in cui non prendeva il maledetto wifi?), la questione è un'altra: nell'apprendere che probabilmente a passare tutto il tempo necessario a rispondere a tutti i suoi fan su Facebook non sia personalmente Gianni dovremmo sentirci sollevati e tristi.

1) Sollevati perché Gianni è umano, è un uomo di successo, e ha altro da fare.

2) Tristi perchè se davvero pensavamo che fosse così babbeo da passare tutto quel tempo a risponderci, beh, idolatrare un babbeo ci rende dei babbei al quadrato, e non potremmo certo gioire nello scoprire la nostra cronica deficienza.

Il mezzo è giustificato dal fine

Ci sfugge un concetto fondamentale: i social non sono un fine, ma un mezzo.

Un mezzo per ottenere successo, soddisfazione, influenza, insomma denaro, nel mondo reale.

I social sono la vita solo per i falliti che non hanno una vita. Chi ha una vita fuori dai social, non li preferisce alla vita (sui social non si mangiano cibi raffinati, non ci si intrattiene con bellissime donne, non si viaggia in terre meravigliose).

Il buonismo domestico di Morandi lo ha portato ad avere oltre 2.000.000 di seguaci su Facebook, un successo incredibile, frutto di un lavoro certosino, il cui scopo, si spera, fosse soprattutto quello di vendere più dischi, avere più spettatori ai concerti e, in generale, consolidare la sua figura pubblica nel mondo 2.0 in cui l'idolatria monetizzabile passa sempre di più dall'isterismo digitale.

Chi si lascia emozionare da foto con patate da sbucciare, con mozzarelle omaggio, con signori nessuno, finendo a esclamare "Oooooooohhhhhh", anche se si illude di avere un rapporto privilegiato col mito, non sa di essere un consumatore come un altro.

Come Papa Francesco

Il principio comunicativo di Gianni Morandi è identico a quello di Papa Francesco. Lui si rifà gli occhiali e dorme in una cuccetta? I telegiornali lo riprendono e i fedeli faciloni vanno in brodo di giuggiole ("Lui è molto meglio di quel tedesco..."). Con poche, semplicissime, mosse comunicative (come quel primo "Ciao" da Papa dal balcone di S. Pietro) la Chiesa acquista un volto più umano, e via, massimo obiettivo raggiunto con minimo sforzo.

Verso queste persone, così comunicativamente vincenti, non si può che provare una grande ammirazione. Fanno benissimo a sfruttare la dabbenaggine del pubblico (o dei fedeli), per ottenere o consolidare il loro potere e il loro successo.

Anche i giornalisti che gridano allo scandalo non fanno altro che il loro mestiere: la "sindrome scandalistica", come la "sindrome della frugalità", sono droghe potentissime, e siccome tutto è vanità, e piacere è il nostro piacere, si fa quel che si deve per piacere il più possibile.

Ed è un fatto evidente e scontato che Gianni sia molto attento a come valorizzare la sua immagine. Ad esempio, poco tempo fa, come riportato dall'interessato sulla sua pagina Facebook, quando Magalli gli chiese di farsi un selfie insieme, Morandi rispose "Ci devo pensare". Ci piaccia o no, curare l'immagine, per chi ha professioni pubbliche, è una parte fondamentale più del dovere più che del piacere.

Uno di noi

E non serve rifletterci, se ci guardiamo dentro con un briciolo di onestà, già lo sappiamo. Se fossimo dei VIP, ricchi e famosi abbastanza da potercelo permettere, ci serviremmo di piccoli umpa lumpa anche per metterci le mutande pulite al mattino, vivremmo di prepotenza e vanagloria e, se decidessimo di essere presenti assiduamente sui social, mostrandoci in tutta la nostra quotidianità, lo faremmo soprattutto per scopi propagandistici.

Gianni, alla fine, è davvero uno di noi. Proprio perché si comporta come si comporterebbe ognuno di noi, se potesse. Solo che lui può, e noi no. Lui è quello su mille che ce la fa, noi siamo i mille. Invece di rosicare, di sentirci traditi, vogliamogli bene proprio per questo.

I più letti

avatar-icon

Marco Cubeddu

Nato a Genova nel 1987, vive a Roma, è caporedattore di Nuovi Argomenti e ha pubblicato i romanzi Con una bomba a mano sul cuore (Mondadori 2013) e Pornokiller (Mondadori 2015). Credits foto: Giulia Ferrando

Read More