Gianni Morandi
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Gianni Morandi, nonno d'Italia 2.0

Gianni Morandi e il suo stare su Facebook possono insegnarci un sacco di cose

Internet, fra le sue peculiarità, ha quella di dar vita e conservare leggende più o meno metropolitane, bollare con etichette incontrollabili personaggi famosi i cui presunti vizi o presunte caratteristiche rimbalzino di server in server diventando "vere"

Niente di diverso dalle dicerie orali. Se non che verba volant e scripta manent.

Una delle parole che si associano a George Clooney quando digitato su Google è gay. A Richard Gere è gerbilling (la traduzione è una faccenda delicata, meglio soprassedere).

Il paradosso di Gianni

A Gianni Morandi, con tanto di presunta genesi della faccenda (“Un mio amico mi ha detto che un suo amico, ha un amico che lavorava al Pronto Soccorso…) è toccata la parola “coprofago”.

Niente di grave, per carità, ma che proprio lui, tra i tanti vip itaiani, sia riuscito a passare indenne nell’iscriversi a Facebook, da un bombardamento mediatico sulla faccenda, è cosa assai indicativa.

Nonostante fuori dalla sua pagina, nei ripostamenti, le allusioni dei più arguti si sprechino, specie nel commentare i post in cui sono coinvolti gli alimenti, vince il suo sorriso, generoso, e generosamente ricambiato dai fan, sui risolini maligni. La sua leggenda vivente ha vinto sulla leggenda metropolitana, schiacciano a colpi di mi piace ogni infamante allusione.

Uno su mille ce la fa

L’ultimo album, Autoscatto 7.0, è la somma di una carriera spettacolare. Il titolo è tutto un programma: unisce i 70 anni, portati benissimo, il “punto zero” della sua nuova vita virtuale, e la parola “autoscatto” al posto di “selfie”, plastica rappresentazione della dicotomia tra passato e futuro che fa di Gianni Morandi l’eterno ragazzo che vive nel presente: una scelta in linea con la mania degli ultimi anni, pallino dei giovanissimi ma resistente al vocabolo imposto ai dizionari di tutto il mondo.

La canzone più votata dai fan che hanno deciso attraverso un sondaggio le tracce da inserire: “Uno su mille”, simbolo di una rinascita, della fatica (“ma com’è dura la salita”), dell’impegno premiato, e sintesi della sua strabiliante carriera, compreso l’inatteso fenomeno del web che è diventato (più like di Papa Francesco, tanto per capirci), entrando di diritto nel dibattito fra esperti di comunicazione, costringendo giornali e telegiornali ad annunciare trionfalmente il superamento del milione di fan, scatenando la rincorsa all’analisi, all’articolo dal taglio originale, alla chiave di lettura per spiegare l’inspiegabile e inaspettato successo di un nonno che, nonostante la forma fisica impressionante, non sembrerebbe avere nulla a che fare con le dinamiche burrascose dei social network, popolati da haters di professione e infestati da milioni di pagine e profili promozionale e autopromozionali.

Il “nuovo” fenomeno di internet farà scuola ai vip potenzialmente più attuali che sui social non brillano la metà di lui.

La rivoluzione della normalità

A imporsi, in controtendenza con l’impressione che si ha usufruendo dei social network, è una popolarità rasserenante e bonacciona mediata dall'ironia, costruita post dopo post, un fenomeno plurigenerazionale e trasversale, capace di unire nonni e nipoti internauti, chi con trasporto ingenuo, chi con snobismo, ma tutti inevitabilmente costretti ad andare in visita al nonno d'Italia 2.0.

Ci è o ci fa?

La domanda è antica quanto quella sull’uovo e la gallina: Gianni è veramente così, e il suo essere veramente così determina il suo successo in rete o è per ottenere il successo in rete che Gianni è così?

Le speculazioni si sprecano.

Ma quello che conta è il risultato.

I rapper, che sono in un certo senso considerati i cantautori degli ultimi lustri, tengono in continuazione a precisare di venire dalla strada. Della strada vogliono mantenere “il rispetto”, e fondano parte della loro mitologia proprio sui social network, postando foto in cui si mostrano con il loro entourage in discoteche e locali mentre “cazzeggiano” come persone normali, veicolando le aspirazioni normali che condividono con il loro pubblico normale: sesso, droga, alcol, soldi.

Eppure, la distanza che i social network vorrebbero annullare, spesso finisce con l’aumentare.

Perché nelle serate dei fan dei rapper “normali” il sesso, la droga, l’alcol, i soldi non saranno mai all’altezza di quelle dei vip.

Questa distanza, sparisce invece tra i fan di Gianni e Gianni.

Che, nonostante si stia facendo una pubblicità mostruosa, non dà mai l’impressione di promuoversi.

E nonostante la fama sembra sempre uno del popolo, che fa cose che fanno tutti, in modo normale, assolutamente normale, "veramente" normale.
Gianni ci racconta un’Italia dimenticata, pacata e domestica, privilegiata e frugale, preoccupata ma non livorosa che alcuni rimpiangono perché credono di averla vissuta, altri, più giovani, hanno imparato a rimpiangere perché pensano che sia realmente esistita.

Normale, molto normale, pure troppo

La sua pagina, come non manca mai di ricordare, è la “nostra pagina” e si fa un punto d’onore di fugare le perplessità degli scettici “c’è ancora qualcuno che non crede sia io a gestirla personalmente”.

Dai tempi del boom economico a oggi, sono passati decenni.
La vita è cambiata. La musica è cambiata.

Ma Gianni c’è ancora: “Io ci sono”.

Le ragazzine che si innamoravano di lui con addosso la divisa di leva, (come Elvis, ma fra i due passa la stessa differenza che c’è fra Arma di Taggia, e Friedberg, in Germania) sono nel frattempo diventate nonne.

Nonostante il grande successo di C’era un ragazzo che come me, amava i Beatles e i Rolling Stones, in cui portava in seno al benessere della Penisola la guerra del Vietnam, il ragazzo di Monghidoro non è mai stato un cantautore impegnato. Invece di diventare un “poeta” è sempre rimasto un cantante, uno del popolo, e il suo modo di stare su Facebook è la massimizzazione della sua natura nazionalpopolare.

Gianni con la cassiera dell’Autogrill.
Gianni con l’anziana signora che gestisce una trattoria.
Gianni con sua moglie Anna, quasi sempre autrice degli scatti che non sono autoscatti.
Gianni col figlio.
Gianni col nipote.
Gianni col rapper Emis Killa.
Ma anche Gianni che sgrana fagioli.
Gianni che butta la spazzatura.
Gianni che corre.
Gianni che fa ginnastica.
Gianni che guida.
Gianni che esce con la pioggia.
Gianni che guarda sconsolato la nazionale di calcio eliminata ai mondiali.
Gianni che fa tutto questo col sorriso.

Come a noi non riesce.

Gianni uno di noi, ma migliore di noi
.

“Stiamo uniti”

Gianni, nel suo quotidiano ricordarci che “Si può dare di più senza essere eroi” rinsalda l’unità nazionale, come una Peroni ghiacciata davanti alla partita, come la politica, i libri, la musica di oggi, e perfino la televisione non sanno più fare.
La sua presenza su Facebook è un modello sa seguire, come già si notava mesi fa, quando c'era chi, tra il serio e il faceto, lo sognava al Quirinale (in concorrenza con Magalli).

In effetti, se rileggiamo un suo post di quasi un anno fa, il suo sembra un programma politico da non liquidare troppo facilmente:

“28 agosto. Ho letto in questi giorni tanti blog e siti internet che parlavano della nostra pagina, dopo il superamento del milione di fan. Molti complimenti ma quasi tutti sorpresi da questo risultato, considerato che la pagina non è altro che un diario familiare che propone cose molto semplici, a volte persino banali.

E' vero, è un diario fatto di cose semplici forse inutili ma a parlare di crisi, corruzione, omicidi, guerra, violenza etc, ci pensano già telegiornali e quotidiani a tutte le ore del giorno e non voglio commentare anch'io. Non vorrei nemmeno informarvi se ho dei problemi, se ho mal di testa, se litigo con mia moglie, se sono di cattivo umore, se mio figlio mi fa arrabbiare o se vado dal medico e dal dentista... Ognuno ha già i suoi guai e le sue beghe quotidiane da risolvere. Finché mi sarà possibile preferisco fare un sorriso e postarlo... o cantarvi una canzone”.

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Marco Cubeddu

Nato a Genova nel 1987, vive a Roma, è caporedattore di Nuovi Argomenti e ha pubblicato i romanzi Con una bomba a mano sul cuore (Mondadori 2013) e Pornokiller (Mondadori 2015). Credits foto: Giulia Ferrando

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