Baby prostitute, tra ingenuità e arrivismo
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Baby prostitute, tra ingenuità e arrivismo

Come in Taxi Driver, sono candide ma spregiudicate le teen che vendono il proprio corpo in cambio di una non ben chiara spinta

Baby prostitute. 14, 15 anni. C’è chi finge stupore e indignazione. Ma la verità è che la sessualizzazione è un processo che oggi, dopo lunghi decenni in cui avveniva in un’età più matura, è tornata precoce.

Certo, qui si tratta di prostituzione. Di un giro d’affari dietro a delle ragazzine. Ma oltre alle questioni legali, che sono questioni che riguardano i tribunali, restano le questioni morali. Che sono sempre da maneggiare con le pinze. Perché se gli sfruttatori devono essere giustamente puniti, e su questo non ci sono dubbi, sulla consapevolezza o meno delle baby prostitute, il dibattito è aperto.

Se da una parte è “l’orrore” pensare che ragazzine così piccole si mettano in vendita per comprarsi la droga (ci sono anche vie intermedie che offrono sesso orale o spettacolini per poche decine di euro di ricarica del telefonino) dall’altra solo in virtù di un’ingenua miopia si può pensare che le vittime siano solo vittime totalmente inconsapevoli.

Nei Paesi poveri c’è una certa disinvoltura da parte di ragazzine molto piccole nel vendere i loro corpi per mantenersi o per mantenere la famiglia. E purtroppo non ha niente a che fare con l’ingenuità. Semplicemente, il corpo, come la vita, non ha ovunque quella sacralità che è stata raggiunta solo nell’ultimo secolo nelle sacche di benessere occidentale.

L’adolescenza non solo non è storicamente sempre esistita, ma ancora oggi è un lusso geograficamente ben localizzato. Se non l’indigenza, anche in questi tempi di crisi difficilmente pensabile come scusa, perché difficilmente si tratta di reale indigenza, è probabile che la spinta alla prostituzione venga da un altro tipo di fame. Una fame di futuro? Una fame di soldi? Una fame di identità? Di potere? Di rivalsa?

Cercare di dare un giudizio generazionale sui fenomeni teen è sempre un esercizio stucchevole. Anche perché, a fronte di un certo libertinaggio, anche fra i teenager di oggi non mancano radicali moralismi.

L’unica cosa certa è che lo stupore non è né proponibile, né credibile. Piaccia o non piaccia dobbiamo fare i conti con la dicotomia incarnata da queste ragazzine, in cui convivono un’ingenuità e un arrivismo stratosferico, una superficialità e un candore che le fanno sembrare la versione italiana della piccola Jody Foster in Taxi driver.

Tra i mille interrogativi di un mondo in cui tutto crolla, dall’occupazione giovanile alle tradizioni, tutto ruota attorno all’alienazione da una realtà che è sempre più sfuggente, sempre un passo avanti alle grandi narrazioni che hanno raccontato il disagio di ieri. La domanda è: quando arriverà un Robert De Niro a far fuori i colpevoli e liberare le vittime le vittime vorranno ancora essere liberate?

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Marco Cubeddu

Nato a Genova nel 1987, vive a Roma, è caporedattore di Nuovi Argomenti e ha pubblicato i romanzi Con una bomba a mano sul cuore (Mondadori 2013) e Pornokiller (Mondadori 2015). Credits foto: Giulia Ferrando

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