Perché ci piace sentirci chiamare zii
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Perché ci piace sentirci chiamare zii

Oltre ai nipoti naturali, adottiamo anche i figli di amici. Lo rivela il nuovo sito Ziario.it

Chi non ha mai sognato leggendo Zia Mame, il romanzo più famoso dello scrittore americano Patrick Dennis, di essere per un momento al posto del piccolo Patrick che, alla morte del padre arido e bacchettone, viene affidato alle cure dell’eccentrica e folle parente e coinvolto in un turbinio di avventure in giro per l’America?

Ricca e senza figli, la Zia Mame degli anni Trenta non è altro che il prototipo delle nuove Pank (Professional aunts no kids), zie qualificate e senza pargoli che si occupano volentieri e viziano i bimbi di parenti e amici, un fenomeno che sta letteralmente spopolando negli Stati Uniti e che il Washington Post ha inserito tra le cose più «cool» del 2014.

E che ora sbarca nel nostro Paese grazie alla nascita di una community e di un sito, Ziario.it , ideato da Elena Antognazza, Chiara Bonifazi e Daniela Apollonio, uno spazio virtuale dove gli zii d’Italia si possono scambiare esperienze, pareri, favole e consigli sui loro amati nipotini.

Se in America le zie «di professione» sono circa 23 milioni e un terzo di loro ricopre posizioni lavorative importanti, anche in Italia i numeri sono imponenti: da una ricerca di Human Highway il 63,5 per cento del campione interpellato ha dei nipoti naturali, mentre il 50 per cento ha un legame talmente forte con un figlio d’amici da sentirsi uno zio acquisito. E nei due terzi dei casi chi ha risposto all’indagine ha avuto nella propria vita uno zio o una persona che è stata un modello, che lo ha seguito e aiutato a crescere.

Proprio come Zia Mame.

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Mikol Belluzzi