Twitter vuole andare in Tv
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Tecnologia

Twitter vuole andare in Tv

L’acquisizione di Bluefin Labs è l’ultima di una serie di attività che stanno portando il social network di Jack Dorsey a credere nelle opportunità offerte dal piccolo schermo. Trasformando le chiacchiere degli utenti in uno strumento guida per gli investimenti pubblicitari

Chi l’ha detto che la televisione è destinata a morire spazzata via dal ciclone Internet? E se invece fossero proprio i servizi Web a regalare al piccolo schermo (si fa per dire, viste le dimensioni cinematografiche dei televisori di ultima generazione) una seconda giovinezza?

A crederci più di tutti è Twitter che ha appena annunciato l’acquisizione – per una cifra prossima ai 100 milioni di dollari - di Bluefin Labs , società che si occupa di misurare l’entità delle attività social generate dai programmi tv. L’operazione più dispendiosa della storia del microblog, dimostra una volta di più quale sia la volontà di Jack Dorsey e soci: traghettare la propria creatura dal mondo dei social network a quello dei social media.

Come spiega la stessa società. "Twitter è un complemento straordinario per la visione dei programmi televisivi, [...] la possibilità di fornire dati e competenza intorno alla social tv ci aiuterà a creare prodotti pubblicitari ed esperienze di consumo innovative".

Come dire che dietro ai nobili principi dell’innovazione si nascondono motivazioni di carattere economico. "La televisione è il posto nel quale girano i soldi", commenta GigaOm, sottolineando la ferma volontà dello staff della società californiana di dare fondamento alla sua valutazione (al momento circa 10 miliardi di dollari), in vista dello sbarco in borsa.

Dopo i cosiddetti tweet sponsorizzati, insomma, lo sbarco in Tv – o, per meglio dire, la focalizzazione intorno agli effetti sociali generati dalla Tv – potrebbe rappresentare per Twitter una fonte di guadagno certa e considerevole. In che modo? Dando ai brand, alle agenzie e ai network televisivi una misura analitica delle conversazioni intorno ai programmi.

Il percorso, del resto è già stato solcato dagli utenti. Twitter è già oggi il secondo schermo della televisione, il media su cui rivivono i programmi tv grazie alle opinioni e ai commenti generati dagli utenti. Vedi una partita e nel frattempo commenti in tempo le azioni, i gol e le decisioni arbitrali; guardi un talent show e ti metti a cinguettare sulle performance degli artisti in gara.

I dati parlano chiaro: dove c'è audience c'è Twitter. In occasione delle ultime Olimpiadi, per dire, sono transitati sulla piattaforma qualcosa come 150 milioni di tweet in 16 giorni; addirittura 24 milioni i cinguetti postati dagli utenti nella sola serata di domenica in occasione del Superbowl. Un flusso praticamente incessante che si è protratto durante tutti i momenti chiave della serata, dalla partita all’intervallo, dal black-out agli inserimenti pubblicitari.

La pubblicità, appunto. Il fine ultimo della strategia televisiva avviata da Twitter è proprio quello di migliorare la sua raccolta pubblicitaria. Così come i programmi rivivono nei tweet degli utenti, anche l’advertising può infatti godere della formidabile eco offerta dal roboante cinguettio planetario.

L’acquisizione di Vine , il servizio che permette di creare video di sei secondi da condividere su Twitter, potrebbe rappresentare in questo senso il trait d’union fra i due mondi, come dimostrano i primi social spot lanciati proprio in occasione del SuperBowl.

Il ruolo di Twitter non va comunque considerato antagonista a quello dei media tradizionali. Se è vero che la piattaforma dell’uccellino potrà rubare in futuro una parte del budget pubblicitario oggi riservato ai network televisivi, è innegabile che questo nuovo modello di sviluppo può fare del bene a entrambi. Il fatto stesso che molti programmi televisivi utilizzino il proprio account Twitter per interagire in diretta con il proprio pubblico dimostra quanto ormai simbiotico sia il rapporto fra le due entità.

Comunque la si voglia vedere, è innegabile che tutte le recenti attività del colosso californiano siano orientate verso la cosiddetta social curation. Dall’acquisizione di Summify e Posterous (due servizi Web centrati sul filtraggio dei contenuti più interessanti provenienti dal mondo social) all’assunzione di un curatore dei contenuti sportivi (una figura che di fatto si occupa di smistare e commentare il traffico dei migliori tweet sportivi che transitano quotidianamente su Twitter), fino alla partnership con Nielsen per la misura della cosiddetta "audience sociale", il leit-motiv è sempre lo stesso: mettere ordine nel mare magnum dell’informazione generata dagli utenti (i quali, come sappiamo, non sempre utilizzano gli #hashtag per circoscrivere il proprio ambito di discussione).

Estrarre valore dalle chiacchiere online per dare alle aziende preziosissimi dati di sintesi. Quelli che poi spostano gli investimenti pubblicitari.

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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