5 motivi per lasciare Twitter nel 2014
Jay Hurray, Flickr
Tecnologia

5 motivi per lasciare Twitter nel 2014

Complicato, ossessivo e supervalutato. Ecco perché staccare la spina al social network

Twitter è da molti considerato una sorta di “altro social network”, eterno secondo dietro Facebook. Eppure non è così. Strutturalmente diverso, il microblog fondato nel luglio 2006 da Jack Dorsey, Evan Williams, Biz Stone e Noah Glass, ha ben poco in comune con la macchina “quasi” perfetta di Zuckerberg. I due condividono l’appellativo di piattaforma “social” ma cause e conseguenze del suo utilizzo sono diverse. Uno dei motivi del successo di Facebook, che si mantiene vivo anche a distanza di anni come dimostra un post di Tecnoetica del 2006, è l’economia del dono, ovvero la possibilità di rinsaldare i legami sociali attraverso la rete.

È chiaro che le basi di Twitter siano diverse. Nato come social network rinchiuso in soli 140 caratteri, con il tempo è diventato il luogo perfetto dove trovare notizie veloci, fresche, corredate di foto e video (grazie all’integrazione con Vine); più che un competitor di Facebook, Twitter ne è il suo completamento, almeno dal punto di vista del contenuto “mordi e fuggi”. E come per Facebook, il 2014 potrebbe essere l’anno perfetto per fuggire via dal sito dei 140 caratteri. Ecco perché.

Twitter non è la verità

Nonostante il microblog sostenga di avere più di 230 milioni di utenti “attivi” (persone che vi accedono almeno una volta al mese), vari sondaggi hanno rivelato come su 1.000 nuovi iscritti, il 36% dica di non usarlo spesso e il 7% ammetta di aver eliminato l’account. Ergo, questi milioni di utenti attivi sono quelli che usano Twitter dall’alba dei tempi. La gente nuova è altrove; non si sa ancora bene dove (LinkedIn? Pinterest? Instagram?).

Il paradosso della privacy

A differenza di Facebook (dove puoi riservare i tuoi contenuti solo agli amici o a certe persone) su Twitter basta inserire il nome di un qualsiasi account e leggere tutto quello che ha postato. Questo vuol dire che se siamo in preda ai cosiddetti “5 minuti” e ci sfoghiamo con un tweet, il post può essere letto da chiunque. È vero, direte voi, possiamo rendere i post “privati”: e allora a che serve un social network? La stessa cosa si può fare con le moderne app di messaggistica come Line e WhatsApp, senza coinvolgere migliaia di persone.

A che servono i messaggi diretti

Anche su Twitter si possono inviare messaggi privati e diretti (DM) ma solo se ci si segue a vicenda. La piattaforma è conosciuta come luogo dove viaggiano, ogni secondo, milioni di post pubblici. In un vortice del genere è alquanto difficile utilizzate Twitter come alternativa ad un servizio di chat. Per questo i DM non servono o servono a ben poco e, sinceramente, non se ne scorge la reale utilità. La posta elettronica è salva.

Un social “temporaneo”

Ci sono alcuni periodi dell’anno in cui il mondo si accorge di Twitter. È successo durante le elezioni presidenziali in USA del novembre 2012, quando un singolo tweet di ringraziamento di Obama è diventato uno dei più ritwittati e preferiti di sempre. il problema è che spesso le persone accedono a Twitter per seguire determinati eventi, localizzati nel tempo. Che fine hanno fatto gli utenti che hanno condiviso il post di Obama? Lo seguono ancora? Leggono davvero quello che scrive o si sono lasciati trascinare dal “mood” del momento? Molti non hanno ancora ben capito come funzionano gli hashtag, i retweet e le menzioni. Meglio non capirlo, perché il “naufragr” potrebbe non essere così dolce.

Informato o ossessivo?

C’è una grande differenza tra la lettura dei post delle persone che si seguono e il rispondere ad ogni singolo tweet che scorre in bacheca. Eppure c’è chi lo fa. La voglia di essere su Twitter perché ci sono, senza filtri, personaggi famosi, come sportivi e star della TV, può portare ad interagire “per forza” con loro, rispondendo ad ogni singolo post semplicemente per il gusto di lasciare la propria traccia nella “Twittersfera” dei VIP. Si finisce con il vivere il Twitter degli altri come se fosse una versione interattiva di una delle numerose riviste di gossip. Lo scopo di un social network non è decisamente questo.

 

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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