Ecco perché la vittoria di Apple contro Samsung è solo simbolica
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Tecnologia

Ecco perché la vittoria di Apple contro Samsung è solo simbolica

Nella guerra dei brevetti Cupertino incassa 120 milioni dei 2,2 miliardi richiesti, ma non preoccupa la rivale né Google

Se fosse una partita di calcio, sarebbe un 1-0 segnato nei tempi di recupero tra le proteste degli avversari per un dubbio fuorigioco. Perché è vero, Apple ha battuto Samsung nell’ennesimo atto dell’estenuante guerra dei brevetti, ma lo ha fatto di misura: ha ottenuto appena 119,6 milioni di dollari dei 2,2 miliardi richiesti. Il 5,43 per cento. Non un’inezia (comunque un danno c’è stato e la corte lo ha voluto riconoscere), ma di fatto briciole per l’azienda sudcoreana. In assoluto, visti i muscoli dei suoi forzuti bilanci, e in confronto ai 930 milioni che era stata condannata a pagare in un precedente processo. Di più: a sua volta Apple dovrà versare a Samsung 158.400 dollari per un brevetto violato da Cupertino.

Insomma, gli otto membri della giuria californiana che si sono presi tre giorni di tempo per confezionare la loro decisione dopo quattro settimane di accese e intense testimonianze, hanno dato ragione parziale al colosso guidato da Tim Cook e hanno contemporaneamente sottolineato che non è così innocente, privo di macchie e zone d’ombra nella sua condotta come i suoi avvocati vorrebbero far credere.

I fatti: alcuni dispositivi, incluso il Galaxy Nexus, hanno preso ispirazione troppo fedele dal «data tapping», la funzione che consente di chiamare un numero di telefono incluso in una mail. E hanno violato il famoso «slide to unlock», lo scorrimento del dito sullo schermo per sbloccare il telefono e visualizzare la schermata home. Ci sarebbero ancora sul tappeto le questioni legate all’utilizzo improprio della funzione di auto-completamento, quella che ci suggerisce che parola inserire in base alle iniziali che stiamo digitando, ma si saprà qualcosa di più lunedì. Niente di fatto invece per la richiesta legata a una ricerca vocale in stile Siri e un’altra per la sincronizzazione dei dati: sarebbe tutto regolare. Il risarcimento dovuto da Apple a Samsung è invece legato a una tecnologia di trasmissione video per le chiamate di Facetime.

La mela ha commentato la sentenza dicendosi «grata alla giuria e alla corte». Aggiungendo, senza troppi eufemismi, che «Samsung ha intenzionalmente rubato le nostre idee e copiato i nostri prodotti. Stiamo combattendo per difendere il duro lavoro che va in prodotti amati come l’iPhone». Toni forti, che comunque non sono estranei allo spirito del processo, durante il quale gli avvocati della casa sudcoreana hanno più volte ricordato l’aggressività di Steve Jobs (con corredo di mail di fuoco inviata ai dipendenti) nel suo voler condurre una crociata contro Android.

Già, Android. Il robottino verde è il grande assente e, allo stesso tempo, il vero imputato di questi procedimenti. Samsung più di una volta ha lasciato intendere che produce hardware, non software, e che queste accuse di violazione dei brevetti dovrebbero essere indirizzate altrove, a Mountain View, quartier generale di Google. Che, secondo quanto trapelato, pur non schierandosi apertamente, avrebbe finanziato la casa sudcoreana aiutandola anche finanziariamente a sostenere il processo.

Cupertino ha trovato in Seul il suo spauracchio, il nemico da battere (o abbattere), preferendo non chiamare in causa direttamente il motore di ricerca, ma ha ottenuto una vittoria puramente simbolica. Che non scalfisce le quote di mercato della rivale, non la costringe a ritirare dal mercato dispositivi top di gamma, oggi come ieri. Perché, come anche diversi analisti hanno fatto notare, nonostante alcune responsabilità accertate, Samsung non è mai tornata all’era pre-smartphone, non ha modificato il suo percorso sul mercato. Mentre i 120 milioni ottenuti, probabilmente non basteranno a Apple nemmeno per coprire le spese legali.

La verità è che questa battaglia in tribunale sta diventando sfiancante, non fa bene all'immagine di nessuno e, per quanto rimanga sacrosanto difendere la proprietà intellettuale, soffre di un grave problema di prospettiva: è tutta coniugata al passato. Apple, così come Samsung, hanno bisogno di prodotti nuovi, brevetti inediti, per contrastare una concorrenza cinese e non solo che sta rosicchiando le loro quote. A farsi la guerra finiscono solo per sprecare preziose energie.      

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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