Google Glass, 7 cose che agli utenti non piacciono
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Tecnologia

Google Glass, 7 cose che agli utenti non piacciono

Non capiscono i comandi vocali, fanno venire il mal di testa, hanno poca autonomia, sono ingombranti. Sorpresa: i Google Glass non sono la panacea tecnologica in cui tutti speravano. Ecco 7 difetti che potrebbero decretare il fallimento dell'operazione Glass

Erano la novità più attesa, uno scorcio di futuro strappato ai posteri e esibito all’umanità del XXI secolo, il dispositivo indossabile per eccellenza che, in prospettiva, avrebbe avuto i numeri per pensionare fotocamere, telefoni cellulari, smartwatch e un’intera generazione di dispositivi mobile ingombranti e ancora ancorati a interfacce touch. Non passava settimana senza che Sergey Brin non si facesse vedere in giro inforcandone un paio, non passava mese senza che una nuova indiscrezione li riportasse tra i titoli di testa nelle testate specializzate

Forse è per questo che, ora che i primi modelli di Google Glass sono stati consegnati alle poche centinaia di fortunati (leggi: spendaccioni) che li hanno pre-ordinati, in Rete aleggia un persistente odore di delusione. Tra quelli che hanno avuto il privilegio di provare gli occhiali del futuro, abbondano le recensioni negative, pezzi intrisi di malinconia quanto le lamentele del bambino che scarta lo scatolone di Natale e ci trova un’accozzaglia di maglioni e i tomoni dell’enciclopedia Treccani.

Mentre a Mountain View l’euforia Glass stenta a sgonfiarsi (gira voce che Brin stia progettando di lanciare dei Glass Store per la vendita al dettaglio degli smart-occhiali), abbiamo individuato 7 problemi che potrebbero far fallire l’operazione Glass.

1. Sono ingombranti
Quando si parla di dispositivi indossabili, uno dei vantaggi su cui i commentatori si sdilinquiscono è la possibilità di interagire con applicazioni e altre funzionalità mobile senza bisogno di doversi portare dietro un dispositivo poco maneggevole come un phablet o un tablet. I Google Glass teoricamente adempiono a questo scopo. Ma cosa succede quando si decide di levarsi gli smart-occhiali? A differenza di un paio di Ray Ban, i Glass non si possono piegare e chiudere in una custodia, e nemmeno possono essere infilati in uno zaino senza protezioni, dal momento che il display è parecchio delicato. Quando non li si indossa, è obbligatorio assicurarli a un apposito case protettivo che, non serve dirlo, risulta parecchio scomodo da portare in giro.

2. Possono provocare mal di testa
È una delle lamentele più ricorrenti. Quel maledetto display in alto a destra, è troppo piccolo e troppo vicino per poterlo mettere a fuoco senza procurarsi un’emicrania. Inoltre, alcuni lamentano una scarsa visibilità del display nelle giornate di sole. Non è un problema di poco conto, considerando che si tratta di un dispositivo che ambisce a diventare un’estensione anatomica del futuro Homo Sapiens 2.0. Spendere fior di quattrini per indossare un aggeggio scomodo da utilizzare, potrebbe essere un ostacolo drammatico per lo sviluppo di un prodotto così poco radicato.

3. L’interfaccia fa i capricci
Un discorso analogo vale per l’interfaccia vocale. La maggior parte delle interazioni utente-dispositivo vengono eseguite attraverso un controllo vocale. Normalmente, Glass è in una condizione di standby, per interagire con il software è necessario dire “Ok, Glass” e poi impartire un ordine. Il problema è che in alcuni casi Glass drizza le orecchie anche quando non è stato richiamato, diversi utenti si sono lamentati del fatto che i loro smart-occhiali avevano effettuato ricerche su Google a partire da qualcosa che avevano detto in una conversazione nella loro vita reale, senza che nessuno avesse detto le due parole magiche. Un altro problema riguarda l’invio di messaggi, a quanto pare il software Glass è parecchio bacchettone per quanto riguarda la dizione, provate a non scandire bene le sillabe e vi troverete a dover cancellare l’intero messaggio. E a rimpiangere i vecchi SMS.

4. La batteria ha poca autonomia
Si sa, quando si parla di dispositivi mobile, le batterie sono come le patate a cena: durano sempre troppo poco. Nel caso di Google Glass però quel poco potrebbe risultare determinante. A quanto pare, in media la durata di un paio di Glass si aggira intorno alle 4 ore. L’autonomia varia a seconda di chi ha testato Glass, c’è chi parla di 5 ore, chi di 3 ore. Comunque sia, troppo poche per un dispositivo indossabile di cui ci si dovrebbe dimenticare una indossato.

5. Avrai comunque bisogno del tuo smartphone
Altro che pensionare gli altri dispositivi mobile, per ora i Glass hanno bisogno della balia, nello specifico di uno smartphone a cui allacciarsi per connettersi a internet, con un conseguente dispendio di energia e banda per il tuo telefonino. Si tratta un aspetto su cui Google dovrà per forza intervenire in futuro, per assicurare qualche chance di successo al suo gioiello tecnologico.

6. La qualità delle immagini insoddisfacente
Il ferro più caldo su cui hanno battuto Sergey Brin e soci è quello del photo-sharing. Da  quando gli smartphone montano fotocamere ad alta definizione tutti si sono riscoperti fotografi, e ci tengono a farlo vedere a chiunque, perciò scattano, scattano, scattano foto e poi le postano, le linkano, le condividono, le stampano, le usano come tappezzeria per i loro profili online. Con Google Glass potrebbero scattare foto senza usare le mani, in qualunque momento. Vero, ma per ora la qualità delle foto è inferiore a quelle immortalate con uno smartphone, e questo potrebbe rappresentare un ulteriore deterrente.

7. Troppe informazioni, rischio overload
Per molti è un aspetto puramente positivo, per altri un serio svantaggio. Con Glass l’utente rischia di perdere ogni tipo di controllo sull’enorme flusso di informazioni che il Web gli rovescia addosso. Come fa notare Matt Atsay su ReadWriteWeb: “Quando per accedere al flusso di informazioni devo guardare il mio smartphone, ho un controllo su quelle informazioni. Quando invece queste entrano nella mia visuale forzatamente, ne sono schiavo.” L’essere continuamente esposti a un flusso di informazioni (cosa che avverrà una volta che Google Now uscirà dallo stadio embrionale), rischia di portare a un sovraccarico informativo difficile da gestire, in cui l’utente potrebbe perdersi, annegando in un indistinguibile oceano di rumore bianco.

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Fabio Deotto