Fairphone, lo smartphone che mette l'etica al primo posto
Tecnologia

Fairphone, lo smartphone che mette l'etica al primo posto

Sarà costruito dando ampie garanzie sulla provenienza e il riciclo dei materiali, con un occhio di riguardo per le condizioni dei lavoratori che lo dovranno assemblare

È uno smartphone, ma è soprattutto quello che il suo nome promette: un «Fairphone», un telefono fondato sulla correttezza, un prodotto con un elevato contenuto etico. Progettato, realizzato e venduto partendo da alcuni capisaldi: una totale trasparenza sulla provenienza dei materiali utilizzati per costruirlo, un occhio di riguardo alle condizioni dei lavoratori che devono assemblarlo, un’interfaccia speciale e aperta, una versione modificata di Android, a cui chiunque può dare il suo contributo per migliorarla e farla evolvere. Se si aggiunge che costa 325 euro e che le specifiche non sono niente male, tutta l’operazione si fa ancora più interessante.

Il punto di partenza è abbastanza ovvio ma per niente scontato: da tempo vengono messi sul mercato bevande, alimenti, vestiti o accessori che promuovono logiche di solidarietà o semplicemente di sostegno nei confronti di aree o lavoratori spesso sfruttati, i cui diritti sono un’opzione non contemplata. Un ragionamento arduo da riprodurre nel terreno della tecnologia, dove la serialità è regina, il mercato è esclusiva di enormi multinazionali che a loro volta appaltano la realizzazione dei componenti o del prodotto finito a realtà mastodontiche e, diverse inchieste lo hanno provato, senza troppi scrupoli.

Il riferimento che viene subito in mente è la Foxconn, fornitrice di Apple e Samsung, ma è molto frequente trovare altrove addetti minorenni, sottopagati e costretti a vivere ogni giorno in condizioni insicure se non inumane. Perciò, già nel 2010, una società olandese che si definisce una «social enterprise», ha deciso di organizzarsi, fare qualcosa di concreto. E ha pensato che l’unico modo per riuscirci non poteva essere una crociata, persa in partenza, contro le multinazionali per modificare il loro approccio aggressivo ma premiante dal punto di vista dei profitti.

Più sensato era partire dal basso, coinvolgere i singoli utenti, dare loro quantomeno un’alternativa, una possibilità di scelta. Sul sito di questo gruppo di intraprendenti olandesi, che nel tempo hanno raccolto il consenso e l’appoggio di compagnie telefoniche, enti senza scopo di lucro e altre prestigiose realtà internazionali, si legge: «Tu puoi cambiare il modo in cui i prodotti sono realizzati, a partire da un singolo telefono. Assieme, stiamo aprendo la catena dei rifornimenti e ridefinendo l’economia, un passo alla volta».

Ecco dunque, dopo una lunga gestazione, la presentazione di Fairphone. Per iniziare la produzione è necessario che vengano ordinati 5 mila pezzi. L’iniziativa ha fatto il giro del mondo, oltre 3 mila ne sono già stati venduti e, vista l’eco degli ultimi giorni, è ragionevole e auspicabile che la cosa vada in porto. Ad ogni modo il sito ufficiale merita una visita per approfondire le dinamiche produttive, che inglobano buone pratiche, condizioni dei lavoratori strettamente monitorate e una forte propensione al riciclo tanto dei materiali utilizzati quanto degli scarti.

Fairphone, si diceva, ha un pedigree tecnico niente male: un processore quad-core, uno schermo da 4,3 pollici, una fotocamera da 16 megapixel, una memoria interna da 16 giga, la possibilità di ospitare una doppia sim, una compatibilità sulle reti di tutto il mondo (anche se non supporta il 4G), una batteria rimovibile e un alloggiamento per una microSD per ampliare la capacità di salvataggio di foto, filmati e affini. Caratteristiche non da top di gamma, è chiaro, ma comunque più che degne per un prodotto offerto a un prezzo concorrenziale.

Un prodotto che, a differenza di tutti gli altri, porta con sé un messaggio positivo, di rottura, veicolando valori semplici che dovrebbero essere imprescindibili e invece guadagnano la dignità della bella eccezione. Soprattutto, si pone come un esempio da imitare, un modello da seguire. Se qualche regina dell’hi-tech, oltre che con il solito prodotto low cost pensato per il Sud del mondo, se ne uscisse con un modello che a quel Sud dà una mano, probabilmente i creatori di Fairphone, al di là di poche o tantissime migliaia di pezzi venduti, avranno fatto storia.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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