Quarant’anni fa le prime donne ammesse al London Stock Exchange

Quarant’anni fa le prime donne ammesse al London Stock Exchange

SENZA TRUCCO – La finanza non è materia per donne. Questa almeno era la credenza al di là della Manica fino alla data storica del 26 marzo 1973: quarant’anni fa infatti, per la prima volta, il London Stock Exchange…Leggi tutto

SENZA TRUCCO – La finanza non è materia per donne. Questa almeno era la credenza al di là della Manica fino alla data storica del 26 marzo 1973: quarant’anni fa infatti, per la prima volta, il London Stock Exchange, il cuore pulsante della City, permise l’accesso alle donne.

La borsa valori con sede a Londra, fondata nel 1801, ha dovuto aspettare più di 150 anni per vedere un piede femminile solcare il sacro “floor”. La decisione di rompere una tradizione consacrata nel tempo e di introdurre la parità fu annunciata già il 1° febbraio 1973, ponendo fine ad anni di campagne femminili per cercare di avere spazio nel settore finanziario.

Alle ore 9.36 la prima a fare la storia fu Susan Shaw che, con “le ginocchia come gelatina”, varcò la soglia. A lei poi seguì un fiero gruppetto di ladiesMuriel Wood, Hilary Root, Anthea Gaukroger, Audrey Geddes… Tra queste anche Elisabeth Rivers-Bulkeley, austriaca già tre volte campionessa di pattinaggio, che nel 2006, malata terminale, pose fine alla sua vita con un suicidio assistito nella clinica svizzera Dignitas.

“Non sapevo cosa aspettarmi. Ma è stato incredibile” ha ricordato quel famoso 26 marzo di quattro decenni fa la Shaw al Telegraph. “La gente improvvisamente mi si avvicinò, mi strinse la mano e diceva ‘Benvenuta, benvenuta’ e ‘Ben fatto’”.

In realtà le regole della Borsa londinese non vietavano esplicitamente l’ingresso delle donne, ma ogni volta che una donna aveva chiesto di diventarne membro la richiesta era stata bocciata dagli altri membri.

Gli argomenti presentati contro la presenza femminile erano spesso ridicoli. Uno tra i più recalcitranti al cambiamento aveva posto come motivazione l’assenza di bagni per donne. Ma “c’erano bagni nei nostri uffici. E c’erano gabinetti pubblici nella galleria dei visitatori”, dice ancora la Shaw, che si guadagnò allora anche la copertina dell’Economist.

Il manipolo di donne della finanza non aveva intenti femministi, voleva solo ottenere ciò che pensava di meritare. Di certo ha comunque fatto un piccolo grande passo verso l’emancipazione femminile.

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