meizu pro 6 03
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Tecnologia

Perché OnePlus e Meizu hanno mentito sulle performance dei loro smartphone

Pilotati i risultati dei test interni condotti su OnePlus 3T e Pro 6 per far sembrare i telefoni migliori del previsto

OnePlus 3T e Meizu Pro 6, due smartphone belli e potenti, che non avevano bisogno della spintarella che i rispettivi produttori hanno fornito di nascosto, per farli sembrare più forti e versatili di ciò che in realtà sono. Le aziende sono infatti cadute nell’occhio del ciclone alimentato dal noto sito di smanettoni XDA Developers, che ha denunciato entrambe per aver mentito sui risultati dei test condotti internamente, per comprovare le performance dei telefonini in diverse condizioni di utilizzo. Le cinesi avrebbero modificato la configurazione delle app usate per l’analisi, così da ricavare numeri più alti di quelli della concorrenza, soprattutto durante la pratica quotidiana.

Come lavorano i benchmark

Si perché i cellulari di ultima generazione, dotati di diversi “core”, mettono in mostra i muscoli solo durante le attività più dispendiose, come i giochi in 3D o la navigazione su siti pesanti, dove cioè c’è bisogno di essere forti ma anche di bilanciare lo sforzo, per non ridurre al minimo la batteria nel giro di qualche ora. I test di benchmark tengono conto di scenari del genere ma anche di quelli più usuali, che si hanno quando il dispositivo sta semplicemente ricevendo le email, ascoltando musica o scattando un paio di foto. Come sarebbe logico aspettarsi, su un’ipotetica scala da 1 a 10, le performance dovrebbero alzarsi man mano che il sistema chiede maggiore energia, così da restituire un’esperienza di utilizzo senza tentennamenti.

Lo stratagemma usato

A quanto pare, sia OnePlus che Meizu sono andate oltre, modificando il codice dei software di monitoraggio delle prestazioni, comuni pacchetti .apk che chiunque può scaricare dal Play Store. Per quale motivo? In questo modo, anche nelle operazioni più basiche, le relative CPU pompavano all’inverosimile, battendo la concorrenza in quanto a forza e mantenendo range di consumi ridotti. Sia chiaro, niente di così stravolgente, ma quanto basta per mettere il 3T e il Pro 6 nella parte alta della classifica, in compagnia di prodotti come l’iPhone 7 il Galaxy S7. Il bello è che nel ranking ci sarebbero finiti comunque, magari qualche posizione più in basso ma pur sempre di rilievo.

Inganno concreto

Non è mai piacevole quando i consumatori vengono ingannati da false performance, pensando di portarsi a casa “bestie” hi-tech che si mostrano sovrastimate nell’uso giornaliero. Non è mica la prima volta: la stessa modalità era stata riscontrata nel 2013 dal portale AnandTech nei confronti del Galaxy Note 3 di Samsung, anch’essa all’opera per spingere ogni oltre limite il processore del phablet, mostrando picchi consueti registrati in realtà solo nei casi più estremi.

Il mea culpa

Colta in fragrante, OnePlus ha ammesso la pratica, votata a ottenere un boost prestazionale: “Abbiamo stressato il chip in maniera aggressiva per mostrare dove possono arrivare gli smartphone (3 e 3T) durante app e giochi. Confermiamo però che dalle prossime versioni di OxygenOS (il sistema operativo personalizzato ndr), simili trick (trucchetti, strategemmi ndr) non saranno presenti”. C’è da dire che mai nessuna azienda aveva fatto un tale passo indietro, riconoscendo le proprie colpe e promettendo maggiore trasparenza per i clienti. Meizu non si è fatta ancora viva ma è auspicabile che segua l’esempio della connazionale. In ogni caso la compagnia non scarseggia; il sempreverde report di AnandTech, oltre a Samsung, aveva puntato il dito anche contro LG, HTC e Asus. Ma si parla di quattro anni fa, le cose saranno cambiate. Senza alcun dubbio. 

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