La rivoluzione digitale va cavalcata: ecco come - FOTO e VIDEO
Silvia Morara

La rivoluzione digitale va cavalcata: ecco come - FOTO e VIDEO

A Perugia il team di IBM ha invitato le imprese a non farsi "uberizzare". Obiettivo: interpretare al meglio i dati che la digitalizzazione offre

È possibile la crescita di un‘azienda tecnologicamente avanzata a Foligno, nel cuore dell’Umbria, addirittura al centro dell’Italia? Sissignore, risponde Antonio Baldaccini, amministrarore delegato di UmbraGroup, leader mondiale in alcune componenti aeronautiche, soprattutto la vitreria di altissima qualità, grazie alle quali stanno per aria la maggior parte degli aerei su cui voliano tutti noi. “Ma per riuscirci abbiamo sempre investito moltissimo in ricerca e tecnologia, il 3% dei ricavi, e c’è la prospettiva di incrementare questa percentuale fino al 10. E abbiamo sempre fatto crescere le persone migliori, formandole e investendo su di esse". Livelli e metodi stellari rispetto alle medie italiane, eppure anche nel cuore dell’Umbria, cioè nel cuore verde dell’Italia, c’è chi li sa raggiungere, e non a caso diventa leader.

La videointervista ad Antonio Baldaccini

Musica per le orecchie degli ingegneri Ibm che a Perugia, nel quadro degli eventi di Panorama d’Italia, hanno condotto un workshop sulle nuove frontiere digitali applicate all’industria, in particolare il cognitive computing, cioè tutti i sistemi in grado di andare oltre la programmazione che viene loro “inputata”, cioè di imparare da soli sui dati e sulle elaborazioni che vengono fatte con essi.

“Quando una importante società di consulenza ha chiesto, per la sua recente indagine d’opinione tra migliaia di amministratori delegati di tutti i continenti, se pensavano che il digitale avrebbe cambiato il mondo oppure no, molti, anzi troppi, hanno risposto: non ci interessa”, dice però Maria Cristina Farioli, capo del marketing e della comunicazione di Ibm Italia, introducendo l’argomento e proiettando una scelta di slide da quel vero giacimento che è la “survey” annuale di “big blue”, come da sempre a Wall Street viene chiamata Ibm.  “E purtroppo anche i capi azienda italiani sono più propensi a credere che il futuro gli verrà modificato da fattori di mercato che non da fattori tecnologici. Ma non è così. La rivoluzione digitale è appena iniziata”.

Gli esempi, in effetti, non mancano. Chiunque abbia in tasca uno smartphone lo capirebbe, se solo si accorgesse di come quel piccolo supercomputer gli ha cambiato il modo di vivere e di lavorare. “Chi di voi si sveglia ancora al mattino guardando una sveglia normale, un orologio?”, e molti, nella sala dell’Hotel Brufani che ospita il workshop, si guardano l’un l’altro annuendo.

A questo punto, con un clic, arriva la slide che è un pugno nello stomaco: “Siete sul punto di essere uberizzati?”. Un neologismo che si fa capire all’istante: significa essere spazzati via, com’è accaduto in alcuni Paesi ai vecchi tassisti, dalla nuova concorrenza resa possibile dalla digitalizzazione. “I tassisti di tutto il mondo”, spiega la Farioli, “fino a 2 anni fa non pensavano che avrebbero potuto essere uberizzati. Invece gli è capitato. Con il nuovo mondo, il nostro concorrente non è necessariamente quello che sta vicino a noi… Può essere chiunque, materializzarsi all’improvviso in qualunque punto del sistema, dove meno ce l’aspettiamo”. Sono gli “invasori digitali”: bisogna essere pronti ad affrontarli e sconfiggerli.

Il racconto si sofferma sulle tante “vittime illustri” di una digitalizzazione che ha creato nuovo valore ma ne ha anche disgregato (la famosa “disruption”) tanto altro, tra quello tradizionale: dove sono più i vecchi produttori di pellicole e macchine fotografiche? E l’elettronica di consumo, che metamorfosi ha avuto, perdendo spazio di mercato, abbandonando prima il vinile, poi i nastri, ora ridimensionando anche moltissimo gli stessi cdrom a vantaggio dei semplici file? Per non parlare, oltre che di Uber, dei big del commercio elettronico come Ali Baba o delle altre grandi piattaforme della sharing economy, come Airb&b, che hanno rivoluzionato interi settori.

“È uno tsunami da leggere, interpretare, prevenire e cavalcare”, sintetizzano i guru Ibm. Che illustrano anche – e tocca farlo al capo dell’Enterprise marketeting Italia, Marco Curiotto – tutte le nuove opportunità che però la digitalizzazione regala a chi sa capirla e approfittarne: “Cominciamo col dire che oggi il web semantico, unito alle risorse del cognitive computing, apre prospettive inimmaginabili ancora pochi anni fa. Basti pensare che il nostro sistema Watson, non a caso battezzato col nome del fondatore dell’Ibm, capisce e parla il linguaggio naturale in inglese, spagnolo, giapponese e presto anche in italiano. Quindi interagisce direttamente con l’utilizzatore nel mondo più semplice e diretto che esista”.

La videointervista a Marco Curiotto

E gli esempi di questo tipo nuovo di intelligenza artificiale sono strepitosi: come Connie, la prima “concierge” alberghiera adottata dalla catena Hilton, che affianca e ormai riesce validamente ad aiutare in molti casi, il personale umano di ricevimento nel dare informazioni ai clienti, rispondendo appunto loro nel modo più diretto e naturale; o ancora il caso di Marchesa, celebre brand americano del fashion, che ha saputo integrare sensori di emozioni negli abiti più preziosi per personalizzare la scelta a favore delle clienti sui loro gusti più profondi, scegliendo tra 40 mila fonti, 35 tessuti e una palette di colori. “Ma quando tutti avranno raggiunto il necessario livello di digitalizzazione”, si chiede Marco Curiotto, “chi vincerà sul mercato? Chi avrà saputo meglio interpretare i dati che da questa digitalizzazione gli derivano. Perchè l’analisi dei dati, per quanto guidata dall’intelligenza artificiale, richiederà ancora una acuta sintesi umana nella scelta tra le decisioni possibili come la macchina le proporrà”.

In sala gli imprenditori perugini – anche quelli tutt’altro che “nativi digitali” – non ci stanno affatto a passare per obsoleti: “La digitalizzazione  è una scelta che abbiamo fatto da tempo, senza alcuna esitazione - dice Carlo Colaiacovo, capo del colosso cementiero Colacem - e che ci è servita molto anche nelle fasi più critiche”. E gli fa eco Ernesto Cesaretti, presidente degli industriali perugini: la sensibilità a questi temi, nel ceto imprenditoriale del capoluogo umbro, è tutt’altro che spenta. Forse ciò spiega la sala gremita. E anche la ragione per la quale l’Enel ha scelto di cominciare da Perugia il nuovo cablaggio in fibra ottica del Paese.

La videointervista a Nicola Pergola

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Sergio Luciano