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Silvia Morara

Genova, superba e misteriosa

Dalla leggenda del centro storico che si può percorrere senza mai scendere dai tetti agli avvistamenti abituali di "fantasmi"

C'è una leggenda di Genova che ho scoperto quando lei era la mia città e che poi ho portato via con me quando l'ho abbandonata.

Ha sì a che fare con il suo lato più misterioso, ma - diversamente da quanto accade nella maggior parte dei casi - non si tratta di tenebre e oscurità, non si tratta di sotterranei, non si tratta di chissaquale aspetto esoterico, con buona pace di Hermann Melville, che la Superba la conobbe un lustro dopo aver mandato alle stampe il suo capolavoro Moby Dick e che definì “la capitale e il campo fortificato di Satana”.

Il centro storico con i piedi per aria

Al contrario, questa leggenda ha un sapore fantasy ed è più vicina al cielo che alla terra.

Narra di un tour affascinante come pochi, unico e straordinario, che sarebbe cinematograficamente perfetto in una nottata di luna piena, se non fosse che andar per tetti nottetempo sia troppo pericoloso per chi non è abituato a muoversi come un "tracciatore" da parkour.

Proprio così, questo mito della mia città sta proprio su quel filo che separa la terra dal cielo.

Dice che il centro storico, da Ovest a Est, può essere percorso senza mai dover mettere i piedi sull'asfalto, passando da un tetto all'altro, con qualche violazione di proprietà privata, ma senza che ci sia bisogno di fare equilibrismi.

Tutti conoscono la leggenda dei tetti, nessuno mai ha provato a scoprire se valga tanto quanto un coccodrillo bianco a New York.

Fantasmi per tutti i gusti

E allora, quando si parla di Genova misteriosa, si finisce per parlare d'altro, passando a una mitologia più classica ma senza spostarsi nel terreno estremo definito da Melville. Ed è così che spuntano spettri da ogni dove, tutti - o quasi - vissuti nell'età dell'oro della storia che si snoda per i caruggi, il Medioevo, siano vecchine con la testa china, poveri orfanelli o cortigiane.

"Del fantasma di quell'anziana signora - ci racconta la guida che vuol restare anonima che incontriamo a Porta Soprana, proprio dove a sua detta colei si manifesta - si narra da sempre. Fin da ragazzini, i vecchi della zona ci raccontavano che la nonnina si rivolge ai passanti le indicazioni per raggiungere la sua casa in Vico dei Librai, un caruggio che non esiste più perché fu rasa al suolo nel secolo scorso".

Paola Terrile, invece, la guida turistica la fa di mestiere e ci tiene a ricordare quel doge che volle far costruire un passaggio sotterraneo tra il suo palazzo e la Cattedrale e che, giurano in molti, ancora oggi è percorso dalla sua ombra.

Talking stones

Ultime non ultime, proprio tipiche del centro storico genovese, sono le "pietre parlanti", che si incrociano alzando o abbassando gli occhi mentre si cammina per i vicoli, incastonate nei montanti dei portali, nelle edicole votive, nelle lapidi commemorative sulle pareti dei palazzi nobiliari.

Raccontano storie, alle quali spesso manca l'incipit o il finale, rivelano particolari del tempo passato, mostrano simboli che se interpretati rivelerebbero chissà quali segreti e superstizioni nate nella notte dei tempi e arrivate fino ai giorni nostri.

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Luciano Lombardi