Israele, il paradiso delle start up

Il paese mediorientale ha scommesso sulle aziende innovative. E ha vinto. Un esempio da seguire per l’Italia - FOTO e VIDEO

"Start up, la lezione e l’esempio di Israele": Barbara Carfagna, giornalista del Tg1 ed esperta di start up, ha moderato a Spoleto un incontro a cui hanno partecipato grandi nomi dell’imprenditoria, del giornalismo e delle istituzioni. Ha aperto lavori Naor Gilon, ambasciatore di Israele in Italia, definendo il suo paese "la nazione delle start up: “Grande come la Sicilia, ma con Pil pro capite simile a quello dell’Italia. L’hi tech ha fatto crescere il paese. Oggi Israele è ai primi posti in tutte le classifiche mondiali scienza, tecnologia  e sviluppo”. Nel paese ci sono circa 5 mila startup. E ogni anno ne nascono un migliaio". 
 
È seguito l’intervento di Alessandro Cecchi Paone, noto giornalista scientifico, basato sulla sua esperienza diretta: "In Israele ho intervistato tanti giovani imprenditori, come quelli che hanno inventato Waze, l’app di indicazioni stradali condivise da una community. Mentre però parlavamo, l’amministratore delegato, mi ha comunicato che la società era stata comprata da Google per un miliardo di dollari”. A Tel Aviv, racconta Cecchi Paone, è stato creato un sistema: “Un marketing territoriale basato sulle tre T: tolleranza, tecnologia e talento. Oggi è la mecca dei giovani. La città è completamente connessa, gratuitamente. In Italia nessuno riesce a fare niente di simile: da noi comanda la politica, a Tel Aviv la scienza”.

Carfagna ha poi introdotto Ernesto Ciorra, direttore innovazione e sostenibilità Enel: “In Israele c’è un interlocutore unico per aziende come noi che cercano di innovare, in modo strutturato e continuo. Nessuno in Europa lo fa”. Questo ritardo riguarda anche le aziende, però: “Nelle aziende italiane non c’è nessuno che sa dialogare con le start up. Non sono strutturate per innovare”. Ciorra ha poi introdotto Haim Piratinskiy, che ha inventato nJoin, start up che oggi è diventata partner del colosso energetico italiano: “In due riunioni abbiamo chiuso l’accordo, nessuno ha fatto problemi. Non erano interessati al nostro fatturato, ma alle nostre idee”. E anche Giuseppe Morlino, che ha ideato Snapback, una start up che sviluppa soluzioni che permettono di usare smartphone senza necessità di toccarli e guardarli, attraverso lo sviluppo di interfacce innovative.

La videointervista a Ernesto Ciorra

È seguito l’intervento di Giuseppe Ravasi, manager of cloud ecosystem development di Ibm Italia: "In Israele, oggi c’è un gruppo che stabilmente si occupa dei rapporti con le start up. Unica nazione in cui abbiamo un acceleratore, per start up mature. Nel 2014 sono stati stanziati più di tre miliardi di dollari per sostenere il settore innovativo. Ravasi ha fatto poi un appello ai giovani umbri interessati ad aprire una start up innovativa: “Parlatecene e cercheremo di aiutarvi”.

Ha invece fatto tutto da solo Danilo Iervolino, presidente Università Telematica Pegaso, nata come start up e oggi una realtà consolidata: "Pegaso è una start up nata dieci anni fa. All’inizio abbiamo avuto resistenze enormi. In molti temevamo un annacquamento della qualità, solo perché avevamo lanciato l’e-learning. Mentre oggi per noi insegnano persino due premi Nobel. Siamo riusciti a scardinare un mondo paludato come quello accademico, con fatica e coraggio".
 
Al convegno organizzato da Panorama d’Italia ha partecipato anche Fernando Napolitano, presidente e ceo IB&II, un’organizzazione no-profit indipendente, con sede a New York, che favorisce l’incontro tra startup e PMI italiane dell’innovazione, con gli investitori USA: “Se avete studenti in gamba partecipate ai nostri programmi, che stanno fermando la fuga dei cervelli” ha detto Napolitano ai tanti giovani presenti all’incontro. “Non continuiamo a lamentarci. Dobbiamo rimboccarci le maniche, perché non ci mancano né il capitale umano né le idee”.

Ha infine concluso i lavori Domenico Arcuri, amministratore delegato Invitalia, l’agenzia per lo sviluppo nel Governo: “La Silicon Valley è nata grazie alla pervicacia di governanti illuminati, che ha finanziato l’innovazione con pervicacia e lungimiranza. Lo stesso, in misura minore, che ha fatto Israele. In Italia, invece, questo è stato fatto poco e male”.  Qualcosa però sta cambiando: “Da due anni” ha aggiunto Arcuri “stiamo valutando in maniera celere e diretta proposte di start up. Alla fine di questo progetto, avremo un migliaio di nuove aziende innovative sparse su tutto il territorio nazionale. Il vento adesso è cambiato”. 
 

Start-up: la lezione e l'esempio di Israele

Silvia Morara
Danilo Iervolino (presidente Università Telematica Pegaso)

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Redazione