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Panorama d'Italia

Roma, la capitale anche dell’innovazione

A Panorama d'Italia, un dibattito nella sede dell’Università Telematica Pegaso ragiona sulle sfide e le potenzialità delle start-up capitoline

Quasi 800 start-up innovative, il 9 per cento del totale nazionale. Secondo gradino del podio, dietro Milano, staccando di parecchio Torino, Napoli e Bologna che solo sommate insieme arrivano a superare di poche lunghezze i numeri dell’Urbe. È la fotografia del dinamismo attorno al Colosseo certificato dall’ultimo rapporto di Unioncamere, InfoCamere e ministero dello Sviluppo economico, riferito a inizio 2018. Numeri che tracciano la vitalità della capitale, la sua proiezione verso il domani. Questa la premessa del dibattito "A Roma è già futuro", moderato da Oscar Giannino e organizzato a Palazzo Bonadies Lancellotti, nei saloni della sede dell’Università Telematica Pegaso. "Un’università" ha spiegato il padrone di casa, il presidente Danilo Iervolino "nata per riformare il settore più refrattario all’innovazione del mondo, chiuso in sé stesso, in vecchi, autoreferenziali anfiteatri del sapere. Abbiamo cambiato il metodo e l’approccio all’istruzione".

Sapere è innovare

L’apertura non è solo di cortesia: "Non ci può essere innovazione senza formazione" ha sottolineato Iervolino. "In una competizione che è globale, non regge più il mito del self made man, dell’imprenditore che si fa da solo". Un tema, quello delle nuove frontiere del mercato, o meglio della totale assenza di barriere, ripreso da Marco Gay, presidente di Assinform-Anitec: "Siamo dentro uno scenario totale. In cui ci si trova a rivaleggiare con realtà di ogni tipo, incluse quelle cinesi che fanno prodotti di grande qualità". La soluzione è arrendersi al conformismo o enfatizzare la propria tipicità? "Bisogna puntare sulla via italiana alle start-up" chiosa Gay. "Abbiamo smesso di guardare alla Silicon Valley come l’unico modello possibile. Dobbiamo valorizzare il talento locale, la capacità diffusa di fare innovazione". Come? "Finanziando quelle idee. C’è bisogno di denaro. Di investimenti. In Italia ci sono 4 mila miliardi di risparmio privato. Non trovare denaro per le start-up è un paradosso incredibile e una responsabilità di chi governa".

L’ossessione di monetizzare

Impresa non facile: "La finanza dedica al settore cifre troppo limitate" rimarca Giannino. "È vero che è un comparto ad alto rischio, con tassi fisiologici d’insuccesso molto elevati, ma non può essere l’alibi". In parallelo, deve cambiare l’approccio delle grandi aziende che s’impegnano a mettere fondi nelle giovani imprese innovative: «Non devono limitarsi ad acquistare le start-up" fa notare Gay "per infilarle nella linea di produzione. Piuttosto, devono sforzarsi di accelerare l’innovazione che quelle start-up possono produrre, nella speranza che diventino aziende di successo". Insomma, serve fiducia nel loro potenziale, non l’ansia di mettere a frutto subito, con impazienza, le loro intuizioni.

Investire nel talento

E quando non sono le grandi imprese consolidate a mettere capitale in queste promesse d’innovazione, ci sono istituti e modalità ad hoc come il venture capital. Che hanno il coraggio di scommettere, di abbracciare la possibilità del fallimento, perché cova la possibilità del successo. "Oggi abbiamo 65 partecipazioni minoritarie. Sappiamo che circa due terzi falliranno, che solo due o tre faranno exit plurimilionarie profittevoli per noi e i nostri azionisti" fa i conti Roberto Magnifico, board member di LVenture Group. Un’assoluta eccellenza capitolina, che con la sua lungimiranza ha colonizzato la stazione Termini, passando da uno spazio di 400 metri quadri a quello attuale di 5 mila. "Siamo qui a Roma non per caso, non per orgoglio locale" dice Magnifico: "La capitale ha 320 mila studenti universitari, la più grossa concentrazione d’Europa. Tra loro quattro o cinque scappati di casa, qualche talento assoluto si nasconde per forza. Roma e l’Italia hanno un potenziale inespresso che è enorme. È necessario uscire dal torpore".

Tecnologia accessibile

Per farlo, c’è un alleato in più, se non inedito, abbastanza recente: "La variabile che può fare la differenza è quella tecnologica" spiega Nicola Losito, direttore divisione digital IBM Italia. "Chiunque, sia uno studente, uno startupper, un’impresa piccolissima, media o grande" rileva Losito "ha la possibilità di accedere al top della tecnologia, senza dover sostenere grossi investimenti. È il paradigma del cloud: apro il browser e a un costo ridotto ho a disposizione opportunità analoghe a quelle disponibili in Silicon Valley. Ecco una via per colmare quel gap, per annullare quel ritardo, per avere un’innovazione che arrivi dal basso. Che nasca non solo nei centri di ricerca, ma dappertutto. Ovunque". Anche in una via sperduta nella periferia romana.

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Ada Masella
27 settembre 2018 - Nicola Losito (direttore divisione digital IBM Italia)

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