Tutti gli usi della visual recognition

Come e dove viene impiegata l'intelligenza artificiale che può fare la fortuna dell'azienda. Anche questo, spiegato da IBM a Olbia, per Panorama d'Italia

Cosa c’entrano le lenticchie con la visual recognition, il sistema intelligente con cui i software IBM rendono possibile a delle telecamere di riconoscere il viso che inquadrano? C’entrano, c’entrano: e l’ha spiegato assai bene Stefano Giovannini, che in IBM Italia si occupa di Hybrid IT, cioè di sviluppare tutti i progetti che devono appunto utilizzare le tecnologie digitali in modo trasversale, ingranato nella realtà analogica anche in maniera imprevedibile e anticonvenzionale.

Un sistema digitale per riconoscere le lenticchie perfette

Come, appunto, un sistema digitale realizzato per una grande azienda agricola specializzata nella coltivazione dei legumi che ha chiesto e ottenuto una rielaborazione delle tecniche di digital recognition capace di riconoscere le lenticchie imperfette da quelle perfette, scrutando con un occhio di straordinarie capacità il flusso incessante di lenticchie che scorre nelle macchine preparatrice e istruendo con perfezione micrometrica dei selezionatori ad aria capaci di scartare le lenticche riconosciute come imperfette in modo da offrire ai consumatori soltanto i legumi perfettamente tondeggianti e senza macchie o intagli.

È stata una delle “chicche” emerse dal workshop IBM di Olbia, una tappa del percorso di “evangelizzazione” digitale che “Big Blue” sta compiendo in giro per l’Italia con Panorama. Davanti a una platea attentissima di imprenditori e manager, Giovannini e Luca Altieri, che in IBM si occupa di marketing, comunicazione e relazioni con la cittadinanza, hanno ricostruito le pietre miliari di quella rivoluzione digitale che ha ormai pervaso ogni ganglio, ogni snodo della vita produttiva e sociale.

I migliori esempi di avvenuta disruption

“Oggi la più grande catena alberghiera del mondo non ha neppure una camera, Airb&b”, ha spiegato Altieri, “il più grande editore del mondo, Facebook, non produce contenuti propri, la più grande società di taxi, Uber, non possiede neanche un’auto e il più grande supermercato, Alibaba, non ha nemmeno uno scaffale di proprietà”. E gli esempi di avvenuta disruption sono tanti altri: “Basti pensare a Netflix, che alcuni anni fa andò a proporsi a Blockbuster per farsi acquistare e quel gruppo, all’epoca ancora forte delle sue migliaia di punti fisici di distribuzione dei dvd, non la prese nemmeno in considerazione. Oggi Netflix è fortissima e Blockbuster è fallita”.

Il cloud

Dunque nessun dorma: chi ha un’azienda sana, si occupi di digitalizzarla per sfruttarne la forza di oggi al fine di preparare un domani ancora più forte; chi ha un’azienda in difficoltà, cerchi nella digitalizzazione le risorse e gli spunti per la riscossa, li troverà. Naturalmente occorre investire, ma ormai – con quella straordinaria risorsa che è il cloud, combinato con la fruizione dei software come servizio, quindi con forme di pagamento a consumo, le immobilizzazioni di capitale necessarie sono molto più contenute.

“Queste tecnologie”, ha spiegati Altieri, “sono sempre più accessibili sia sul piano dei costi che dell’utilizzo. Noi abbiamo radicalmente cambiato il modo di essere sul mercato proprio per aprirci alla più vasta utenza possibile”. Una chiave di volta per cavalcare il nuovo è quella di comprendere la forza dei dati: il nuovo petrolio, come li chiamano gli esperti di digitalizzazione. Dati generati dalle infinte fonti dell’Internet delle cose, il famoso Iot, che è poi il cuore della rivoluzione industriale denominata 4.0. Oggi l’80 per cento dei dati generati da ciascuno di noi quando telefona, viaggia, viene inquadrato da telecamere, fa acquisti con carte di credito o di debito eccetera arriva in modo non strutturato a chi avrebbe diritto di esaminarli per utilizzarli: “Con l’intelligenza aumentata, come noi in Ibm preferiamo definire ciò che altri chiamano intelligenza artificiale perché siamo convinti che l’intelligenza vera appartenga solo all’uomo, questi dati vengono classificati e analizzati e diventano fonti di business e di assistenza ottimale ai clienti”.

Cuore dei sistemi intelligenti di IBM è Watson, cui è stato dato significativamente il nome del fondatore dell’azienda. È un sistema capace di imparare da quel che fa, e quindi riesce ad accrescere la sua intelligenza di pari passo con il lavoro. “Un esempio? Se sto utilizzando Watson nel campo del fashion e uso la parola ‘pesca’, il sistema”, spiega Giovannini, “capisce istantaneamente che sto riferendomi al colore e non all’attività dei pescatori”.

Ma per fruire davvero di queste opportunità è necessario che le aziende e chi le guida compiano un salto di mentalità, sottolineano gli uomini IBM. “Il vero fine della digital revolution è utilizzare la conoscenza per fare business e non solo nella manifattura. Per restare a esperienze probabilmente molto apprezzabili anche nei settori tradizionali sardi, il digitale applicato alla zootecnia ha permesso vantaggi di efficienza impensabili: riducendo le perdite di bestiame grazie ad un monitoraggio veterinario dall’efficacia senza precedenti”.

“L’IBM”, conclude Altieri, “non è più un’azienda che vende apparati e neanche necessariamente programmi precostituiti, noi proponiamo soluzioni ad hoc sulla base delle esigenze specifiche dei clienti, affiancandoli con nostri consulenti in grado di analizzare le loro esigenze e ridisegnare i loro processi aziendali”.

Alessandro Tosatto
Stefano Giovannini, che in IBM Italia si occupa di Hybrid IT, Luca Altieri direttore marketing, comunicazione e citizenship di IBM Italia sono intervenuti all'evento IBM moderato dal giornalista di Panorama Sergio Luciano - Olbia, 27 settembre 2017

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Sergio Luciano