A Torino le bici rubate si ritrovano grazie a Sherlock
Alberto Bevilacqua

A Torino le bici rubate si ritrovano grazie a Sherlock

L'idea della start-up nasce dalla mente geniale di cinque ragazzi intraprendenti che hanno creato un antifurto infallibile per le due ruote

Tutto comincia con un furto di bicicletta nei pressi di un teatro. Certo, il 29enne Pierluigi Freni aveva alle spalle anche studi di ingegneria al Politecnico, ma l’idea di Sherlock nasce così: dalla rabbia di una sera. Sherlock è il nome di un antifurto per biciclette tanto piccolo da poter essere inserito nel manubrio e che dà il nome alla start-up fondata due anni fa a Torino da cinque giovani piemontesi (oltre al Ceo 29enne ci sono Matteo Stoppa, Stefano Martinallo, Nathalie Biolcati e Marzia Testa).

"Sherlock funziona comunicando con un’app scaricabile sullo smartphone, e invia una notifica immediata in caso di furto mostrando la posizione della bici sulla mappa", spiega Freni. "Nello stesso tempo, viene inviato al telefono un codice da presentare alle forze dell’ordine insieme con la carta d'identità del veicolo per dare il via alla denuncia e alle ricerche".

Sherlock è un marchio brevettato e da questo mese è disponibile sul mercato, in vendita online attraverso il sito della start-up o presso alcuni  rivenditori di biciclette e accessori. "Ho sempre sognato di fare l’imprenditore, ma mai avrei pensato di diventarlo grazie a un’idea presentata solo come esercizio a Talenti per l’impresa di Fondazione CRT".

Sherlock è stata selezionata per entrare nei programmi di formazione di SETsquared, in Gran Bretagna, il più importante incubatore al mondo. E il business plan  prevede break even il prossimo anno e 300milioni di fatturato entro il 2017.

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Antonella Bersani

Amo la buona cucina, l’amore, il mirto, la danza, Milan Kundera, Pirandello e Calvino. Attendo un nuovo rinascimento italiano e intanto leggo, viaggio e scrivo: per Panorama, per Style e la Gazzetta dello Sport. Qui ho curato una rubrica dedicata al risparmio. E se si può scrivere sulla "rosea" senza sapere nulla di calcio a zona, tennis o Formula 1, allora – mi dico – tutto si può fare. Non è un caso allora se la mia rubrica su Panorama.it si ispira proprio al "voler fare", convinta che l’agire debba sempre venire prima del dire. Siamo in tanti in Italia a pensarla così: uomini, imprenditori, artisti e lavoratori. Al suo interno parlo di economia e imprese. Di storie pronte a ricordarci che, tra una pizza e un mandolino, un poeta un santo e un navigatore e i soliti luoghi comuni, restiamo comunque il secondo Paese manifatturiero d’Europa (Sì, ovvio, dietro alla Germania). Foto di Paolo Liaci

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