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Industria 4.0: a che punto siamo - FOTO e VIDEO

Con Pierfrancesco Poce di IBM Italia, viaggio nell'intelligenza artificale e nell'evoluzione tecnologica che guarda al futuro

"Lo sviluppo tecnologico rende sempre possibili cose fino a ieri inimmaginabili. E l’information technology ha conosciuto un’evoluzione fortissima. Ecco perché oggi l’appuntamento con industry 4.0 non è rinviabile”: Pierfrancesco Poce, uno dei trenta consulenti It di Ibm Italia, in pratica un superesperto che gestisce progetti su misura per le imprese che chiedono di essere aiutate a crescere tecnologicamente da “Big Blue” – parla a Bologna al workshop di Panorama d’Italia che, appunto con Ibm, viene dedicato in ogni tappa agli scenari delle nuove tecnologie. Ha davanti un pubblico di imprenditori e manager, attentissimi, confluiti lì per capirne di più.

Industria 4.0. al convegno IBM: “Oggi si può arrivare per primi sul mercato”

E Poce non li delude, prendendo le mosse da un video che collega le immagini dell’Istituto Luce sulla primissima automazione industriale con quelle dei nostri tempi, sulla fabbrica automatica dei “Cobot”, i robot cognitivi, quelli che – come gli uomini – imparano lavorando. “Oggi abbiamo disponibilità di tecnologia enormi”, sottolinea Poce, “e abbiamo numerosissimi esempi di applicazioni e utilizzi innovativi delle tecnologie che sono estremamente interessanti…”: è l’intelligenza artificiale che, utilizzando l’Internet delle cose, cioè la sensoristica applicata a qualsiasi oggetto o strumento connesso in Rete, trasforma un robot in un sistema pensante.

IBM Italia: “L’industria 4.0 è una grande opportunità di posizionamento”

Sono questi robot intelligenti il vero “cuore” della quarta rivoluzione industriale sul versante dei processi produttivi.

C’è poi il versante dei prodotti intelligenti: “Negli Stati Uniti”, racconta Poce, “ci sono ormai molti prodotti che restano connessi stabilimente grazie all’Internet delle cose con i loro produttori, in modo da aggiungere all’esperienza di fruizione di un oggetto da parte di chi l’ha acquistato un valore ulteriore, cioè una componente di servizio del tutto inedita”.

In Ibm Italia, spiega l’ingegnere, da tempo è stato costituito un gruppo di lavoro che ha individuato una “strada italiana” all’industry 4.0: “In sostanza abbiamo sviluppato un modello d’azione che ci permette di lavorare insieme ai nostri clienti, anche avvalendoci dell’intervento di altre aziende fornitrici complementari come la Cisco, e selezionando tra i clienti quelli che possono e chiedono di interagire di più. Abbiamo realizzato un portale dedicato a questa nuova collaborazione. E siamo sicuri che sia la strada giusta”.

Il sistema locale
Accanto a questo modello centrale è cresciuto poi un ecosistema di aziende anche locali “che ci complementano”, spiega ancora Poce, “nella capacità di pensare a soluzioni complete, end-to end, su problemi specifici”. Insomma, il mondo dell’information technology ha più che mai bisogno di dialogo: tra superesperti, fornitori, ricercatori e utilizzatori.
“Anche perché le applicazioni dell’Industry 4.0 sono a doppio output: da una parte rivoluzionano i processi produttivi in termini di efficienza, qualità e costi. Dall’altra possono anche rivoluzionare i prodotti, sensorizzandoli. Questo cambia i modelli di business ma anche la funzionalità e dunque il mercato dei prodotti stessi”, sottolinea Poce.

I costi dell'evoluzione 4.0
Molti, in platea, iniziavano a chiedersi quanto tutto questo potesse costare. Ma la rassicurazione non si è fatta attendere: “Noi vogliamo essere vicini anche ai clienti che non hanno grandi risorse finanziarie e quindi il nostro software, compreso quello più avanzato, è fruibile in modalità as-a-service, insomma "a consumo", il che riduce il costo a quanto effettivamente serva allo scopo. Anche perché negli anni a venire sempre di più sarà così, il mondo andrà a prendersi il meglio dove riuscirà a trovarlo, e lo utilizzerà dovunque gli occorrà, quindi sempre e comunque attraverso la Rete e il cloud”.

Oltretutto, il cloud velocizza la realizzazione dei sistemi. Ciò non vuol dire che una “taglia” economica aziendale molto piccola, sotto il milione di euro di ricavi, possa essere sempre la migliore per collaudare le formule più avanzate di Industria 4.0: ma può anche, invece, esserlo, come peraltro tante start-up hanno potuto collaudare direttamente, grazie al forte sostegno che Ibm, in tutto il mondo, ha deciso di prestare loro.

La sicurezza informatica
Naturalmente, la grande espansione del ricorso al cloud accentua le tematiche nuove della sicurezza informatica e della privacy: ma anche su questi fronti sono ormai disponibili soluzioni molto affidabili e solide. Che a loro volta rappresentano un’esigenza diffusa che sta facendo abbassare i prezzi delle soluzioni.

Chi usa già la tecnologia 4.0
Poce cita poi alcuni casi emblematici di aziende di marca che si sono già avvalse con successo delle tecnologie 4.0. Un’azienda leader nel confezionamento di alimenti e bevande, ad esempio, che con la sensoristica sui consumi è riuscita a diversificare il pricing dei prodotti, con grandi vantaggi in termini di marketing; o la Mercedes, che con le sue smart, sviluppando il servizio Car2go nella modalità ormai affermatasi, con cui l’automobilista paga l’uso a consumo, ha sostituito il modello storico di produzione e vendita di un prodotto semidurevole come l’auto al nuovo modello di erogazione di un servizio attraverso un prodotto che non viene più venduto ma ceduto in uso.

L'intelligenza artificiale
Non poteva mancare, in conclusione, qualche approfondimento sull’essenza di quel che va sotto il nome di “Intelligenza artificiale”: “Industry 4.0 ne fa parte ma non è intelligenza artificiale a tutto tondo”, spiega Poce. E cita con una slide un classico esempio che si fa per distinguere l’intelligenza naturale da quella artificiale. Un testo scritto con tutte le lettere di ciascuna parola spostate in posizioni diverse da quelle corrette fuorchè la prima e l’ultima viene letto bene, quasi senza notare le differenze, dalla mente umana, ma assai meno bene da un lettore computerizzato.

Viceversa l’intelligenza artificiale è più brava nel dichiarare con quale colore sono scritti, in un documento, i nomi dei colori: se dunque la parola “giallo” è scritta con inchiostro verde, per noi sarà difficile leggere “giallo”, perché saremo portati a declamare il colore che vediamo e non la parola che leggiamo, mentre un computer, senza esitare né sbagliare, farà ciò per cui è stato programmato: leggere la parola o declamare i colori.

E la conclusione, una speranza per tutti gli esseri umani, è che la vertiginosa evoluzione dell’intelligenza artificiale – ‘intelligenza aumentata’, per IBM - continui a lasciare questi ed altri spazi aperti per la nostra.

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Giovanni Culmone/ NextNewMedia
Pierfrancesco Poce di IBM Italia

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Sergio Luciano