Occhiali per la realtà virtuale: ecco perché tutti vorremo averne un paio
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Occhiali per la realtà virtuale: ecco perché tutti vorremo averne un paio

Non solo Oculus VR: il mondo delle tecnologie "immersive" avanza a passi da gigante ed è pronto a conquistare il mondo

Per il momento ne parlano solo i videogamer incalliti e gli appassionati di tecnologie visionarie. Ma fra qualche anno, se non addirittura qualche mese, i visori per la realtà virtuale saranno sulla bocca di tutti. Anzi, sugli occhi.

Altro che Google Glass, insomma. C’è chi sta lavorando per costruire qualcosa di ben più ambizioso di un’interfaccia visiva. Qualcosa che trasformerà l’irreale in reale grazie a un “semplice” (si fa per dire) paio di occhiali con due display al posto delle lenti. 

La prossima vera rivoluzione sensoriale dopo il touch screen è già qui, sostengono gli esperti. Da quando l’americana Oculus VR ha presentato il suo primo prototipo di occhialoni immersivi, era il giugno del 2012, il fenomeno è letteralemente esploso. E gli investimenti sono lì a dimostrare quanta attenzione desti l'argomento fra gli operatori del settore (per informazione chiedere a Facebook).

Ma, arrivati a questo punto, la tecnologia non conta più. I colossi tecnologici vogliono capire se e come la realtà virtuale può entrare nel paniere dei generi di consumo di prima necessità. L'impressione è che non servirà molto tempo per farsi un'idea concreta dellle potenzialità del mezzo. I primi occhialoni per la realtà virtuale stanno arrivando sul mercato. E non si tratta, come nel caso di Oculus, di gadget destinati ai soli videogiocatori.

Lo smartphone come non lo avete mai visto
L’esempio più concreto di ciò che ci riserva il futuro ce lo ha offerto Samsung in occasione dell'Ifa di Berlino con la presentazione di Gear Vr, un visore che promette di trasformare l’esperienza dei nostri smartphone in qualcosa di molto più coinvolgente. Si tratta, tecnicamente parlando, di un visore che può ospitare al suo interno un Galaxy Note 4 così da trasformare le immagini prodotte dallo smartphone in viste tridimensionali solidali con i movimenti della testa.

Chi ha provato il nuovo visore di Samsung lo definisce come uno strumento capace di trasformare uno smartphone in una sorta di acquario gigante che circonda la testa con un vero display 3D che si estende in ogni direzione, in base a dove volge lo sguardo. Un genere di consumo completamente nuovo, dunque, che per quanto perfettibile - gli occhiali per il momento seguono i movimenti degli occhi ma non quelli laterali del capo e non possono garantire un’esperienza grafica paragonabile a quella offerta dagli strumenti nati per il mondo dei videogame - ha già fatto capire su quali basi punta a conquistare le masse:

1. È indipendente da qualsiasi PC o console (basta uno smartphone, nella fattispecie un Galaxy Note 4, da applicare davanti alle lenti).

2. Può riprodurre in realtà virtuale qualsiasi contenuto che siano stati concepiti per un’esperienza immersiva (giochi, quindi, ma anche foto e film)

3. È abbastanza leggero (almeno rispetto ad analoghi attrezzi visti in passato)

4. Costa relativamente poco (200 dollari, smartphone escluso).


Da Oculus a Sony: cosa bolle in pentola
Quello di Samsung non è l'unico progetto recente che solletica l'interesse degli appassionati di realtà virtuale. In questi giorni Oculus ha presentato il terzo prototipo del suo popolare Oculus Rift - Crescent Bay - un visore dotato di una fotocamera posteriore in grado di tracciare i movimenti della testa a 360 gradi. Parallelamente, ha aperto i battenti Oculus Platform, il primo negozio (virtuale, manco a dirlo) dedicato agli sviluppatori che intendono distribuire le proprie applicazioni immersive. Sony, dal canto suo, sarebbe ormai pronta a dare un volto al progetto - nome in codice Morpheus - che dovrebbe consentire alla PlayStation 4 di ampliare i suoi attuali confini.

Se questo è solo l'inizio prepariamoci a vederne delle belle. 

Samsung Gear VR, il visore che allarga i confini dello smartphone

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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