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#NotOkay, le donne americane contro la cultura dello stupro

Sono più di 10 milioni i tweet di coloro che si sono aggiunte alla denuncia di Kelly Oxford contro il trumpismo machista imperante

Da quando Kelly Oxford, giornalista e blogger del New York Times ha tuonato su Twitter che la cultura dello stupro, del machismo imperante e dell'abuso di genere perpretato ad ogni latitudine da parte degli uomini ai danni delle donne del pianeta "Non è ok", il suo Hashtag #NotOkay è stato moltiplicato milioni di volte.

Dieci milioni per la precisione sono le donne che hanno usato la Oxford come cassa di risonanza condividendo sulla time line della giornalista i 140 caratteri che riassumevano storie di stupri, molestie e abusi sessuali subiti fin dalla più tenera età.

Migliaia e migliaia di donne in due giorni si sono unite alla campagna lanciata da Kelly, 39 anni e madre di 3 figli, per dire basta alla tolleranza con cui si accetta la prepotenza del maschio.

Il caso è esploso dopo che Washington Post ha pubblicato un video il cui il candidato repubblicano Donald Trump si vantava in maniera grezza e volgare delle sue performance sessuali con quel cameratismo e quel ghigno da caserma che troppo spesso gli uomini usano per parlare delle proprie esperienze con le donne come fossero trofei di caccia.

Dopo aver visto la clip la Oxford, sempre sagace su Twitter, ha cinguettato: "Era un vecchio su un autobus: mi mise le mani fra le cosce e sorrise. Avevo 12 anni. Le molestie sessuali non sono statistiche. Condividete la vostra esperienza: questa è la mia. #notokay".

Questo è stato il tweet che ha scoperchiato il vaso di Pandora e che ha condotto a una delle più grandi denunce collettive della storia di Twitter con una donna al secondo che per due giorni ininterrottamente ha scritto alla Oxford raccontando un episodio di abusi.

"Avevo 10 anni, era il mio babysitter. Mi disse che mi insegnava a prendermi cura dei ragazzi" scrive Laurenne McCubbin.

"Era il fratello maggiore di un compagno di scuola. Mi fece ubriacare, poi si sdraiò su di me. Aveva 18 anni, io 12" aggiunge Christy Lemire.

E ancora: "Il primo a toccarmi il seno fu un amico di famiglia quarantenne sulla porta di casa dei miei nonni. Avevo 15 anni. Non l'ho mai detto a nessuno ma ancora ricordo l'umiliazione"; "Il maestro di ginnastica mi palpò i genitali".

"Il mio superiore nell'esercito mi ha stuprato in un dormitorio"; "A 17 anni sono stata violentata dal mio fidanzato. Continuavo a dire no ma non mi sono ribellata fisicamente, quindi ho incolpato me stessa per non essere stata abbastanza chiara".

Un fiume ininterrotto di tweet dal minimo comun denominatore: lo stupro. "Un ragazzo di 18 anni mi ha sollevato la maglia e toccato il seno, io ne avevo 12"; "Avevo 11 anni e mio cugino si è infilato nel mio letto e mi ha chiesto di toccarlo, altrimenti avrebbe parlato male di me al ragazzo di cui mi ero innamorata"; "Essere chiamata puttana quando ho chiesto a un uomo di smettere di guardarmi il seno"; "Quando avevo 18 anni pensavo fosse normale, facendo la cameriera, che gli uomini mi dessero delle pacche sul sedere e facessero commenti sul mio seno".

La Oxford intervistata poi da Washington Post ha dichiarato: "Certo, sapevo che l'atteggiamento arrogante e sessualmente aggressivo mostrato dal candidato alla Casa Bianca nel video di 10 anni prima, era qualcosa che ci riguardava tutte. L'altra faccia di un'esperienza che agli uomini fa sorridere e a noi fa orrore.

Un'esperienza che tutte le donne conoscono bene. Purtroppo le statistiche dicono che in America una donna su cinque è stata sessualmente molestata almeno una volta. Ma questa risposta di massa, che due giorni dopo sembra ancora non finire, ha scioccato anche me" e ha poi concluso: "Nove milioni e mezzo di tweet dopo, al ritmo di due al secondo, volete continuare a negare che in questo Paese c'è una cultura dello stupro? Parlate donne, parlate".

#NotOkay
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#NotOkay, le donne contro la cultura dello stupro

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Barbara Massaro