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Yemen: perché non può reggere la tregua saudita

Nonostante il "cessate il fuoco" sia stato accolto dai ribelli sciiti Houthi, difficilmente l’accordo verrà rispettato

Di Marta Pranzetti per Lookout news

Iniziano oggi, martedì 12 maggio, i cinque giorni di tregua concessi dalla coalizione araba a guida saudita agli Houthi in Yemen. Nei giorni scorsi alcune fazioni dei ribelli sciiti e le truppe yemenite fedeli al deposto presidente Ali Abdallah Saleh, avevano accolto positivamente “soluzioni di pace” senza però fare alcuno specifico riferimento al piano di Riad sostenuto dagli Stati Uniti. Il partito dell’ex presidente Saleh, il General People’s Congress,ha accettato l’iniziativa promossa dall’Arabia Saudita “nella speranza che allevi le condizioni della popolazione yemenita”.

 Dopo oltre sei settimane di conflitto, i raid aerei della coalizione e gli scontri tra esercito yemenita regolare e forze ribelli hanno causato l’uccisione di più di 1.400 persone, molte delle quali civili. Mentre il blocco aereo e navale effettuato da Riad ha ridotto lo Yemen, un Paese già sull’orlo del baratro, alla fame.

In sei settimane di conflitto in Yemen le vittime sono state più di 1.400

La tregua umanitaria potrebbe essere prolungata a condizione che non venga infranta dai ribelli o dalle milizie fedeli all’ex presidente. Il piano saudita impone, oltre al cessate il fuoco, che non vi siano movimenti di truppe, invio di armi o altre manovre di posizionamento. Tuttavia appare poco credibile che l’accordo verrà rispettato dal momento che ieri, lunedì 11 maggio, l’Arabia Saudita ha annunciato di aver posizionato forze d’assalto lungo la frontiera yemenita del nord-ovest, ai confini con le regioni saudite di Najran e Jizan.

Il punto sui combattimenti
Nella cittadina saudita di Najran, nei giorni scorsi alcuni colpi di mortaio lanciati dal territorio yemenita hanno colpito e ucciso un pakistano e ferito 4 cittadini sauditi, portando a 11 (dati del dipartimento della Difesa saudita) il numero delle vittime saudite rimaste coinvolte nei bombardamenti lanciati dagli Houthi, che finora hanno colpito anche una scuola e un’area residenziale.

Nello scorso week-end, tra l’8 e il 10 maggio, la coalizione araba ha attaccato la roccaforte dei ribelli a Saada, nel nord dello Yemen, dopo aver dichiarato tutta la provincia un obiettivo militare. Pesanti critiche sono state mosse dalle organizzazioni umanitarie, che hanno accusato le aviazioni dei Paesi arabi di non aver consentito ai civili di abbandonare l’area per tempo.

Altri raid sono stati condotti sulla residenza dell’ex presidente Saleh a Sanaa, la capitale yemenita. Lo stesso Saleh e suo figlio sono stati colpiti da sanzioni imposte dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU per aver sostenuto i ribelli e aver messo in pericolo l’intero processo di transizione politica del Paese dopo la sua deposizione.

Il vertice a Washington
Si apre domani, mercoledì 13 maggio, una riunione tra il presidente americano Barack Obama e i capi di Stato dei Paesi del Golfo. Al centro dei colloqui il nucleare iraniano, le crisi in Siria, Iraq, Libia e, ovviamente, anche la guerra civile in Yemen.

Lo Yemen sotto le bombe

EPA/YAHYA ARHAB
Sana'a, Yemen, 11 maggio 2015. Il bombardamento dei depositi di armi controllate dai ribelli Houthi, a opera dalle forze aeree della coalizione a guida saudita.

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