Yemen, via all'intervento armato dell'Arabia Saudita
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Yemen, via all'intervento armato dell'Arabia Saudita

Sono cominciati stanotte i bombardamenti delle postazioni dei ribelli sciiti. Incerta la sorte del capo dello Stato

Si allarga pericolosamente il conflitto nello Yemen dopo che questa notte aerei sauditi hanno bombardato postazioni dei ribelli sciiti Huthi che, con le forze fedeli all'ex presidente Ali Abdullah Saleh, stanno dilagando nel paese fino a raggiungere Aden, la più importante città del Sud. Almeno 13 civili sono stati uccisi nei raid aerei a Sanaa, la capitale. Secondo quanto riferito dai soccorritori, tra le vittime c'è anche un medico il cui corpo è stato tirato fuori dalle macerie di una clinica danneggiata. Gli attacchi hanno preso di mira il principale aeroporto di Sanaa e la base aerea al Dulaimi. E resta incerta la sorte del presidente riconosciuto dalla comunità internazionale, Abed Rabbo Mansur Hadi, su cui i ribelli hanno posto una taglia. Secondo fonti della sicurezza citate dall'agenzia Ap, il capo dello Stato ha lasciato la città a bordo di un'imbarcazione per una destinazione sconosciuta.

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L'Arabia Saudita, che aveva già rafforzato il suo schieramento di truppe e mezzi militari al confine settentrionale dello Yemen, lungo la regione d'origine degli Huthi, sostenuti dall'Iran, ha rotto gli indugi ed ha deciso l'intervento come ha confermato l'ambasciatore saudita a Washington Adel al-Jubeir. Gli Huthi ha detto "hanno scelto la via della violenza", mentre non ha voluto precisare se gli attacchi sauditi si avvalgano dell'assistenza dell'intelligence americana. "I sauditi - ha scandito in una conferenza stampa a Washington - faranno tutto il necessario per proteggere il popolo yemenita e il legittimo governo dello Yemen".

Era sembrato che ogni intervento militare di Riad e di altri Paesi arabi potesse attendere un vertice della Lega Araba in programma sabato e domenica a Sharm el Sheikh, in Egitto. Ma Al Arabiya ha precisato che Riad, Emirati, Bahrein e Qatar hanno messo a punto in nottata un comunicato congiunto in cui affermano di "aver deciso di contrastare le milizie Huthi, al Qaida, e l'Isis nel paese". Hadi aveva avanzato una richiesta di aiuto con una lettera al Consiglio di Sicurezza dell'Onu in cui chiedeva che venisse autorizzato l'intervento. Il ministro degli Esteri saudita Saud al Faisal aveva già precisato che "se non ci sara' una soluzione pacifica" i Paesi del Golfo "prenderanno le misure necessarie per mettere fine all'aggressione". E l'alto rappresentante dell'Ue per la politica estera Federica Mogherini aveva chiesto agli "attori della regione" di agire in modo "responsabile e non unilaterale". Gli Huthi, che nel settembre dello scorso anno si sono impadroniti della capitale Sanaa, hanno sciolto il Parlamento e posto Hadi agli arresti domiciliari nel gennaio scorso, continuando poi la loro avanzata verso il Sud. Hadi è fuggito il mese scorso dalla capitale e ha trovato rifugio ad Aden, da dove ha cercato di organizzare la resistenza all'offensiva sciita grazie al sostegno di parte delle forze armate e di clan tribali sunniti.

Manifestazioni pacifiche di migliaia di persone contro gli Huthi si sono svolte negli ultimi giorni a Taiz, la terza città del Paese, anch'essa caduta nelle loro mani, già culla delle proteste che nel 2012 portarono alle dimissioni di Saleh, l'ex "uomo forte" del Paese. E proprio Saleh, sciita, ha unito le forze armate ancora a lui fedeli a quelle dei ribelli per cercare di eliminare il suo successore.

Una situazione, dunque, estremamente complessa, precipitata ieri quando gli Huthi hanno annunciato di aver conquistato la base aerea di Al Annad, la più importante nel Sud del Paese, a soli 60 chilometri da Aden, evacuata nei giorni scorsi da militari americani e britannici impegnati nella campagna di bombardamenti con i droni contro le postazioni di Al Qaida. Nella vicina città di Lahj, inoltre i ribelli hanno catturato il ministro della Difesa, il generale Mahmud al Subaihi. Dopo che era stata diffusa la notizia della fuga di Hadi dalla sua residenza ad Aden, tre raid aerei sono stati compiuti contro il compound e le guardie presidenziali che lo proteggono. Ma non sono state segnalate vittime, come in altri simili attacchi compiuti nei giorni scorsi. La televisione di Stato dello Yemen, ormai controllata dagli Huthi, ha inoltre promesso una ricompensa di 100.000 dollari per chiunque renda possibile la cattura del presidente. Funzionari yemeniti citati dalla Ap hanno affermato ieri sera che anche l'aeroporto di Aden è caduto nelle mani degli Huthi e delle forze di Saleh. (ANSA)

Yemen: la città di Sana'a dopo i bombardamenti dell'aviazione saudita, 26 marzo 2015 EPA/YAHYA ARHAB

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Redazione