Yemen, gli USA inviano navi per intercettare le armi iraniane
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Yemen, gli USA inviano navi per intercettare le armi iraniane

Al largo delle coste yemenite arrivano la portaerei Roosevelt e l’incrociatore Normandy. Obiettivo: impedire a Teheran di aiutare i ribelli Houthi

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Tensione sempre più alta nelle acque che costeggiano lo Yemen. Nella giornata di ieri, 20 aprile 2015, la marina americana ha inviato nell’area la portaerei USS Theodore Roosevelt e l’incrociatore USS Normandy. In totale sono 9 nove le navi americane stanziate tra il Mare Arabico, il Golfo di Aden, lo Stretto di Bab-el-Mandeb e il Mar Rosso Meridionale.

 Ufficialmente si tratta di una mossa mirata a garantire la sicurezza delle rotte di navigazione, ma di fatto rappresenta una contromisura attraverso cui gli USA intendono controbilanciare la presenza navale iraniana in queste acque (al largo delle Yemen anche Teheran dispone di nove navi) e impedire l’eventuale invio di armi ai ribelli sciiti Houthi. Pare infatti che nelle ultime 24 ore una delle imbarcazioni iraniane abbia attraversato lo Stretto di Hormuz dirigendosi verso lo Yemen.

 In queste condizioni, la possibilità di una soluzione politica del conflitto di cui il presidente americano Barack Obama ha parlato lo scorso 18 aprile al re saudita Salman, non sembra concretizzabile almeno nell’immediato. Così come sembra destinata a cadere nel vuoto la nuova richiesta di cessate il fuoco avanzata oggi, 21 aprile 2015, all’Arabia Saudita e ai Paesi della coalizione araba che combattono gli Houthi dal viceministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir Abdollahian.

 

Sono 9 le navi americane tra Mare Arabico, Golfo di Aden, Stretto di Bab-el-Mandeb e Mar Rosso Meridionale…..

 

 

A riecheggiare continuano a essere piuttosto le parole del ministro degli Esteri yemenita, Riyadh Yassin, espressione del governo deposto del presidente Abdrabbuh Mansour Hadi, attualmente in esilio a Riad. “Ogni sforzo di mediazione proveniente dall’Iran – ha affermato Yassin – è inaccettabile perché l’Iran è direttamente coinvolto in questa guerra. Gli Houthi e le milizie di Saleh (l’ex presidente yemenita costretto alle dimissioni nel 2012 dalle rivolte popolari, ndr) devono ritirarsi da tutte le città e dai villaggi dello Yemen, tornare alla loro roccaforte settentrionale di Saada e deporre le armi”.

 

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La situazione in Yemen resta dunque instabile. Da quattro settimane le aree finite sotto il controllo degli Houthi, che comprendono anche la capitale Sanaa e la città portuale meridionale di Aden, sono sotto i bombardamenti della coalizione che finora ha effettuato più di 2.000 raid aerei senza però riuscire a costringere alla resa i ribelli. Ieri a Sanaa è stato colpito un deposito di missili. L’esplosione ha causato 28 morti e più di 300 feriti. Mentre secondo le ultime stime fornite dall’ONU, il conflitto ha finora causato più di 730 morti, oltre 2.700 feriti e 150.000 sfollati.

 Ad approfittare di questa crisi umanitaria in questo momento è soprattutto AQAP (Al Qaeda nella Penisola Arabica). Gli Stati Uniti hanno comunicato di aver ucciso con un attacco drone cinque sospetti militanti a Saeed, nella provincia di Shabwa. Ma i qaedisti non sembrano avere di fronte particolari ostacoli e già si sono impadroniti di diversi territori in Yemen, tra cui una base militare nella regione di Hadramawt e l’aeroporto locale situato nel capoluogo Mukalla.

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