Obama tentenna. A difendere Baghdad dai qaedisti ci pensano russi e iraniani
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Obama tentenna. A difendere Baghdad dai qaedisti ci pensano russi e iraniani

La Casa Bianca esita e a combattere il Califfato jihadista arrivano pasdaran e piloti di Mosca: l'analisi

Mentre Abui Bakr al-Baghdadi proclama il Califfato e fonda un vero Stato islamista che si estende dalla città siriana di Aleppo a quella irachena di Dyala, a Baghdad è ormai chiaro a tutti, specie al governo sciita di Nouri al-Maliki, che gli Stati Uniti non muoveranno un dito per difendere l’Iraq dall’avanzata dei miliziani qaedisti.

Certo, Obama ha promesso di accelerare la consegna di armi e munizioni per compensare i consumi bellici e le tremende perdite subite dall’esercito a Mosul e Tikrit e nella provincia di al-Anbar, ha inviato in Iraq circa 200 consiglieri militari (altri cento sono in arrivo) e sta facendo sorvolare i campi di battaglia dai droni armati. Consiglieri e droni non sono però autorizzati a combattere a conferma dell’ambiguità di Washington che sembra puntare soprattutto a seguire da vicino lo sviluppo del conflitto anche per evacuare per tempo le migliaia di residente americani più che ad aiutare militarmente Baghdad.

Al-Maliki si è quindi rivolto all’Iran che ha inviato droni, armi e qualche battaglione di pasdaran della Divisione al-Quds pronti oggi a morire per difendere la capitale irachena in un’operazione paradossale se si pensa al milione di morti nel conflitto che tra il 1980 e il 1988 oppose Iran e Iraq.

Il contributo militare qualitativamente più importante alla guerra di Baghdad contro l’offensiva qaedista giunge però da Mosca, ancora una volta postasi come paladina della lotta contro l’estremismo islamico. Dopo aver sostenuto con forniture belliche e aiuti economici la Siria di Bashar Assad e l’Egitto del generale al-Sisi, la Russia di Vladimir Putin ha consegnato in pochi giorni all’aeronautica irachena 7 cacciabombardieri Sukhoi 25 nell’ambito di un pacchetto da mezzo miliardo di dollari che comprende 12 velivoli e un gruppo di consiglieri militari con tecnici e forse piloti.

L’obiettivo dichiarato da al-Maliki è poter utilizzare i rustici ma potenti aerei russi per sostenere il contrattacco dei governativi in atto a Tikrit e per difendere Baghdad in attesa che si concretizzi la commessa a lungo termine per 36 cacciabombardieri americani F-16 di cui i primi due verranno consegnati solo il prossimo autunno.  “Sarò franco a dire che eravamo illusi quando abbiamo firmato il contratto con gli statunitensi – ha affermato al-Maliki alla BBC – se avessimo avuto copertura aerea avremmo potuto impedire quanto finora è successo al nostro paese”.

Il premier ha poi aggiunto che col senno di poi l’Iraq non avrebbe avuto problemi ad acquistare aerei da combattimento dagli inglesi, dai francesi e dai russi.

Gli aerei russi, tutti di seconda mano potrebbero venire affiancati da altri 6 velivoli Sukhoi 30 , anch’essi acquistati usati dopo anni di servizio con le forze aeree indiane e dopo essere stati revisionati in Bielorussia. L’ipotesi che Mosca fornisca anche i piloti è più che probabile: l’Iraq ha avuto in servizio diversi Sukhoi 25 ai tempi del regime di Saddam Hussein ma certo non dispone oggi di piloti addestrati ad impiegarli in combattimento.
I jet non rappresentano la prima commessa russa per l’Iraq. Mosca nell’ottobre del 2012 acquistò per 4,3 miliardi di dollari un ampio arsenale mai del tutto reso noto ma comprendente una cinquantina di elicotteri d’attacco Mi-35M e Mil Mi-28NE, tutti già consegnati.

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Gianandrea Gaiani