Export di armi: anche l'Italia punta sull'Asia
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Export di armi: anche l'Italia punta sull'Asia

Il fermento nei mari asiatici sta generando un'apertura del mercato bellico in cui si troverà convolta anche l'Italia

Dopo la missione del ministro degli esteri Giulio Terzi, che nel marzo scorso ha portato una nutrita delegazione commerciale in diversi Paesi asiatici, tocca ora alla Difesa puntare sull’area del Pacifico per potenziare l’export di armi made in Italy. L’obiettivo è compensare con i ricchi bilanci asiatici (spinti dalla paura deli cinesi) il calo delle commesse in Europa dove i budget militari subiscono continui tagli.
Il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola si è recato la scorsa settimana a Tokyo e Manila per discutere di cooperazione militare e collaborazione industriale. Una missione alla quale il sito della Difesa dedica poche righe e della quale poco è emerso dalla stampa.

Difficile capire quali sviluppi siano stati concordati nell’incontro con il ministro della Difesa nipponico, Satoshi Marimoto, nell’ambito del primo bilaterale italo-giapponese dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Pochi mesi or sono Tokyo ha rinunciato ad acquistare il caccia europeo (anche italiano) Eurofighter Typhoon ordinando invece cacciabombardieri americani F-35 ma la necessità giapponese di far fronte al potenziamento cinese e alla minaccia nordcoreana potrebbe aprire le porte all’acquisto o alla produzione su licenza di mezzi militari stranieri. L’industria militare giapponese è decisamente hi-tech ma l’Italia potrebbe offrire prodotti di elevata qualità specie nel settore degli addestratori (con gli Aermacchi M-346 ordinati anche da Singapore) e dei cargo tattici (con i C-27J Spartan già acquisiti da nove Paesi).

Più chiara (ma solo grazie a quanto riportato dalla stampa cinese e filippina) la cooperazione militare imbastita con Manila dove il presidente Benigno S. Aquino III ha parlato di "forgiare una forte cooperazione militare tra i due Paesi".
L’escalation della crisi con Pechino per il controllo dell’arcipelago di Scarborough ha spinto Manila a varare un programma di potenziamento militare che prevede stanziamenti per 1,6 miliardi di dollari.

Dagli Stati Uniti sono arrivati radar e due navi da guerra (cutter radiati dalla Guardia Costiera) ma i filippini vorrebbero che gli americani riprendessero a utilizzare le basi di Clark Field e Subic Bay dalle quali "vennero cacciati" all’inizio degli anni ’90.

L’interesse per i prodotti italiani sembra riguardare radar per il controllo costiero, aerei cargo tattici C-27J, velivoli da pattugliamento marittimo ATR-72MP e aerei da combattimento. L’aeronautica filippina già utilizza addestratori  S-211e SF 260 anche in versione antiguerriglia e dopo la rinuncia ai jet F-16 americani Manila potrebbe optare per i caccia Typhoon probabilmente di seconda mano per ridurre i costi. Roma potrebbe cederne alcuni della prima serie già proposti in passato alla Romania.

Le forze navali filippine sono inoltre interessate ad acquistare navi da guerra italiane incluse alcune fregate lanciamissili classi Maestrale e Soldati in radiazione dai ranghi della nostra Marina, che verrebbero rimodernate dall’industria italiana prima di raggiungere Manila.  

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Gianandrea Gaiani