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Il voto sulle riforme alla Camera: cosa insegna

Forza Italia non si spacca e la minoranza del Pd vota a favore ma mette paletti invalicabili per il futuro. E ora la partita (per tutti) si sposta al Senato

In una Camera affollata ma annoiata, che ha approvato la riforma della Costituzione, la notizia più interessante è che Forza Italia non si è spaccata. Le previsioni e gli auspici per una rottura fra gli Azzurri sono stati clamorosamente smentiti.

Il clima che si respirava questa mattina a Montecitorio era grigio e rassegnato. Eppure, si votava quella che potrebbe essere la più profonda trasformazione delle regole della nostra democrazia mai avvenuta dal 1948 ad oggi.

Ma in realtà nulla a Montecitorio dava la sensazione di una giornata storica. Il Presidente del Consiglio, grande ispiratore di questa riforma, non si è fatto vedere, le dichiarazioni di voto – affidate in molti casi ad esponenti di secondo piano - si sono svolte secondo scontati rituali (contumelie delle opposizioni, contenuta soddisfazione della maggioranza) nel sostanziale disinteresse generale (nessuna interruzione, né per applaudire né per contestare), dopo il voto un accenno di applauso è stato immediatamente stoppato dalla Presidente Boldrini che ha richiamato l’aula ad occuparsi degli altri punti all’ordine del giorno. 
Tuttavia da questa grigia giornata parlamentare sono emersi un paio di passaggi politici interessanti.

Forza Italia non si spacca

Il primo riguarda appunto Forza Italia. Alla vigilia del voto, quello di Berlusconi era dipinto come un partito spaccato, ci si attendeva che oggi si sarebbe diviso addirittura in tre parti. La notizia è che – con l’eccezione individuale di Gianfranco Rotondi - tutti i parlamentari azzurri hanno votato no, secondo le indicazioni di Berlusconi. Un bel successo politico, in una giornata delicatissima per il leader azzurro sul fronte giudiziario.

Alcuni hanno votato no controvoglia, e solo per fedeltà al leader, altri perché lo hanno sempre detto, altri ancora, la maggioranza, perché condividono la linea di Berlusconi. Ma ancora una volta, solo il Cavaliere ha dimostrato di avere la capacità di unire il partito. Anzi, da tempo non vi vedeva in sede parlamentare una simile prova di presenza e di compattezza.

Il risultato naturalmente non cancella i problemi emersi negli ultimi mesi. Il giudizio sul Patto del Nazareno e sui futuri rapporti con Renzi non è omogeneo. Il capogruppo alla Camera, Brunetta, è contestatissimo: viene accusato di protagonismo, di mancanza di democrazia, di incapacità di dialogo. Gli amici di Fitto e quelli di Verdini non rinunciano alle loro posizioni. Ma la notizia importante è che è prevalso il legame con Berlusconi, unito allo spirito di autoconservazione.

I paletti della minoranza PD

La seconda notizia è che la minoranza del PD, pur votando a favore, ha posto dei paletti almeno all’apparenza invalicabili. Una serie di interventi di peso, dalla Bindi a Cuperlo, hanno detto a chiare lettere che questo è l’ultimo voto favorevole. Se nel pacchetto complessivo riforma costituzionale-legge elettorale non ci saranno significativi cambiamenti, la sinistra dem si dissocerà.

E poiché Renzi questi cambiamenti sembra escluderli (anche per non allungare ulteriormente i tempi), al Senato, dove i numeri sono molto diversi dalla Camera, si riapre uno scenario politico pieno di incognite. Senza i voti della sinistra interna, e senza quelli dei berlusconiani, i numeri diventano molto risicati, ad altissimo rischio. Il soccorso di qualche transfuga grillino non è sufficiente, né numericamente né politicamente, a Renzi per chiudere la partita delle riforme come vorrebbe. Una partita che invece Forza Italia, se rimarrà unita come oggi, potrà giocare con in mano ottime carte.

ANSA/ ALESSANDRO DI MEO
Il deputato Danilo Toninelli del M5S consegna il suo intervento al ministro Maria Elena Boschi in Aula della Camera - Roma, 10 marzo 2015

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