Vita e morte di Sihanouk, il Re ballerino che diede l'indipendenza alla Cambogia
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Vita e morte di Sihanouk, il Re ballerino che diede l'indipendenza alla Cambogia

Amico dei cinesi, con un rapporto di amore-odio verso gli Usa, aiutò il sanguinario Pol Pot pur di tornare sul trono

La vita romanzesca e avventurosa di Norodom Sihanouk, uno di quei nomi che appartengono all’immaginario storico del ‘900 e con i quali chiunque abbia una certa età ha convissuto da quand’era in fasce - più di Kennedy, Fidel Castro e Gheddafi - si è conclusa a Pechino com’era cominciata: in modo regale. Sihanouk fu insediato dai francesi sul trono della Cambogia nel 1941, preferito al padre con la supposizione di poter meglio domare i suoi 18 anni dedicati alla bella vita tra balli, canti e donne, nelle migliori scuole di Saigon e Parigi.

Ha esalato l’ultimo respiro a 89 anni, da quasi Re avendo lui abdicato a favore del figlio nel 2004 per ragioni di salute. È morto in Cina, il gigante che non l’ha mai abbandonato, a differenza degli Stati Uniti con i quali ha avuto un altalenante e opportunistico rapporto amore-odio: in Cina dov’era andato a curarsi il cancro (per morire d’infarto), e che in diverse occasioni gli aveva salvato la vita, come quando Pechino ha interceduto contro la condanna a morte comminatagli dagli amici-nemici Khmer Rossi. Già, i Khmer Rossi, i feroci guerriglieri assassini che lui stesso aveva aiutato a conquistare il potere contro il suo ex primo ministro Lon Nol vicino agli americani (che lo aveva destituito attraverso un golpe).

Tra il 1941 e il 2004, Sihanouk era stato lontano dal trono diverse volte, mai però fuori gioco. Per un certo periodo addirittura aveva “promosso” Re il padre e lui si era ritagliato la carica di primo ministro continuando a essere di fatto il padrone della Cambogia. E quando nel 1975 rientrò nel palmo di mano dei Khmer Rossi, finì relegato nel Palazzo reale come un prigioniero. Mentre Pol Pot consumava nei pochi anni di regime “rosso” un genocidio dalle stime variabili ma spaventose, tra 1 milione 300mila morti e 2 milioni e mezzo, Sihanouk che pure aveva contribuito a isolare diplomaticamente Lon Nol, si ritrovò ai “domiciliari” (dorati).

Quello di Sihanouk è un romanzo leggero, crudele ed esotico, che copre quasi un secolo di storia del Sud Est asiatico. Le sue spoglie tornano in patria e il popolo si ferma per lutto tre giorni, lo piangerà per tre mesi fino alla cremazione “buddista”. Lo piangerà il figlio prediletto e attuale Re della Cambogia, Sihamoni Sihanouk, così come i molti familiari sparsi tra la Cambogia e il mondo, frutto di un’esuberanza che gli ha dato 14 figli (5 dei quali uccisi ai tempi di Pol Pot) in 6 matrimoni, l’ultimo con la regina madre Monique, metà khmer e metà abruzzese.

Un danzatore equilibrista, Sihanouk, un Re dal quale i francesi si sentirono traditi quando, sul trono per grazia di Parigi, sposò la causa indipendentista e la coronò nel 1953. Era già un affascinante, vulcanico, elegante, vanitoso cultore delle Muse. Regista di una decina di film, maestro di danze nel suo Palazzo, jazzista in onore di un cosmopolitismo che lo ha reso cittadino del mondo e un po’ “americano” (ma anche russo, cinese, cecoslovacco…), tra i fondatori del movimento dei non allineati negli anni della Guerra Fredda, riuscì a intrattenere splendidi rapporti con i dittatori più tenebrosi, lui che aveva un animo quasi frivolo. Per esempio il nordcoreano Kim Il Sung (in Corea del Nord mandò a studiare i figli dell’adorata Monique).

Frivolo ma navigato, sensibile ma spregiudicato, nelle fotografie Sihanouk appare sempre sorridente, acclamante, energico, e anche nel video della vergogna, quello che lo riprende nei boschi all’incontro organizzato dai cinesi col vittorioso Pol Pot, procede svelto, a braccia aperte, e senza remore stringe le mani grondanti di sangue del capo dei Khmer Rossi.

Dopo di lui, resta un solo grande sopravvissuto di quei duri e tristemente leggendari anni: il generale Giap, il vietnamita che si batté contro francesi e americani, e che studente a Parigi riceveva i pacchi della zia concubina del giovane Sihanouk, che già regnava. Giap ha compiuto 101 anni il 25 agosto. Sihanouk non c’è più.

Un secolo, un’epoca.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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