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Virginia Raggi tra successi e sconfitte

In sette mesi di lavoro la sindaca rivendica 43 provvedimenti varati e 91 obiettivi raggiunti. Ma Roma resta la città europea più sporca e trascurata

È passato un secolo da quel 12 luglio 2016 in cui Virginia Raggi, fresca di una spettacolare vittoria alle elezioni comunali di Roma, posta su Twitter la foto della prima visita in Campidoglio del suo mentore Beppe Grillo. Seduta sul margine esterno della poltrona, le mani incrociate sulle ginocchia, Virginia assomiglia alla Vergine di uno dei tanti dipinti dell'Annunciazione, in atto composto e devoto verso l'Angelo.

Oppure, se vogliamo scendere sulla terra, alla prima Irene Pivetti quando incontrava Umberto Bossi. A ben vedere, sia la Raggi che la Pivetti avevano un ruolo istituzionale maggiore dei loro interlocutori. Ma li guardavano giustamente rapite come fonte di Grazia. Grillo mi ha detto tempo fa che non riesco a stargli sulle scatole. Ricambio la cortesia ammettendo che Raggi mi sta simpatica.

Quando la intervistai a lungo a Porta a Porta poco prima delle elezioni, se la cavò egregiamente. Certo, parlava un po' per frasi fatte, ma le diceva bene, condendole - come fa oggi - con un bel sorriso disarmante. Da allora non l'ho più vista, grazie a una fatwa del M5s e in particolare di Roberto Fico, che sarà pure in disgrazia presso Grillo, ma è presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai, cioè sull'azienda in cui lavoro (Nonostante Rocco Casalino, plenipotenziario del M5s per la comunicazione, dica che sono il giornalista televisivo più corretto e lo abbia ripetuto davanti a Grillo).

L'ultima di Fico è del 26 agosto scorso e ha effetti perduranti sul divieto ai membri del M5s di venire a Porta a Porta. C'era stato il primo terremoto di Amatrice e convenimmo con il ministro Graziano Delrio e il geologo Francesco Peduto che la ricostruzione dopo la tragedia avrebbe potuto ridare fiato all'economia dei centri distrutti come è avvenuto a L'Aquila e in Emilia. Fico disse che "affermare che il terremoto produce economia è a dir poco criminale" invocando la mia espulsione dal servizio pubblico.

Peccato che il 26 ottobre successivo un eminente e signorile dirigente del M5s, Danilo Toninelli, ospite di Otto e mezzo disse: "La ricostruzione salverà le vite e creerà decine di migliaia di posti di lavoro. Lo dicono i centri studi: un miliardo di euro investito in ricostruzioni sono 15 mila posti di lavoro". Anche Toninelli merita l'espulsione?

Ma torniamo alla Raggi. Fare il sindaco di Roma è più difficile che fare il presidente del Consiglio. Consapevole che il disprezzo dei romani per la destra e la sinistra al governo della capitale l'avrebbe portata al Campidoglio su un carrus triomphalis, qualche misura avrebbe dovuto prenderla per tempo. È vero che Torino ha minori difficoltà di Roma, ma quando Chiara Appendino è stata eletta, la giunta era pronta e il suo approccio istituzionale le sta procurando rispetto e vantaggi.

Volete che la Raggi non avrebbe potuto scegliere per tempo fior da fiore, visto che il carro del vincitore è sempre allettante? E invece s'è comportata come se fosse stata sorteggiata un minuto prima delle elezioni. Aveva due punti di forza in giunta: il magistrato Carla Raineri e l'assessore al Bilancio Marcello Minenna. Fuori entrambi.

Dimissionari i nuovi dirigenti delle aziende dei trasporti e dei rifiuti: i punti nodali di una città precipitata a condizioni da terzo mondo. Dimissionario un altro assessore al Bilancio perché indagato. Dimissionaria l'assessore all'Ambiente Paola Muraro, di cui fu nascosto per mesi un avviso di garanzia. L'aspetto più incomprensibile sono tuttavia i "quattro amici al bar". Certamente i colleghi della Raggi a Londra, Parigie Berlino avranno intornoa sé uomini di fiducia.

Renzi ha il "giglio magico", derivazione immaginifica del "cerchio magico" di Silvio Berlusconi. Ma l'idea che una città complessa e strategica come Roma possa essere governata con la decisiva assistenza di Raffaele Marra, Daniele Frongia e Salvatore Romeo lascia letteralmente interdetti.

Frongia passa da consigliere comunale a capo di gabinetto, retrocesso poi a vice sindaco e dimissionario anche da questo incarico.

Marra è un ufficiale della Guardia di finanza brillante e manovriero che lascia il Corpo per entrare nell'entourage di Gianni Alemanno. Collabora con la giunta di centrodestra di Renata Polverini. Diventa vice capo di gabinetto, poi viene retrocesso a capo del personale, ruolo di cui avrebbe abusato per far nominare il fratello Renato, dirigente dei vigili urbani, a direttore del servizio turismo. Viene poi arrestato per corruzione insieme con un costruttore.

Salvatore Romeo è un dipendente comunale che Raggi eleva a capo della sua segreteria politica triplicandogli lo stipendio. Anche lui deve dimettersi. Si scopre poi che la Raggi è intestataria a sua insaputa di una polizza vita stipulata da Romeo "per ragioni affettive" pur negando coinvolgimenti sentimentali.

Insomma un disastro, che porta la Raggi a doversi difendere dalle accuse di falso e di abuso d'ufficio, accusa - quest'ultima - contestata anche a Romeo. Disastrosa nella formazione della squadra di testa, la Raggi è finita sui giornali di tutto il mondo per aver rinunciato alle Olimpiadi. È noto, purtroppo, che a Roma dopo i Giochi del 1960 sono state costruite tre sole opere pubbliche significative: l'Auditorium di Renzo Piano, il Ponte della musica di Buro Happold e la Nuvola di Massimiliano Fuksas. Le Olimpiadi avrebbero potuto essere una straordinaria occasione per ammodernare la città.

Ora non sarebbe contraria a costruire il nuovo stadio della Roma (#famolostadio, le ha scritto Francesco Totti) ma il suo assessore ai Lavori pubblici è irremovibile. Grillo la difende perché in un anno elettorale non può ammettere di aver fallito sulla prova della capacità del M5s di governare l'Italia. Nonostante la rivolta della base che non perdona alla Raggi anche di essersi circondata di uomini di destra. E ha diffuso l'elenco dei 43 provvedimenti adottati nei sette mesi di lavoro della giunta (e con rilancio via Facebook di 91 successi). Qualcosa di buono c'è. Ma il centro storico resta spesso sommerso di rifiuti e Roma resta la metropoli europea più sporca, triste, meno illuminata. Milano è salita in Europa, Roma rischia di scivolare in Africa. Virginia, se ci sei, batti un colpo.

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ANSA/ANGELO CARCONI
Il sindaco di Roma Virginia Raggi al Campidoglio, Roma, 7 febbraio 2017

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