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Venghino signori pensionati, venghino al Sud

Valorizzare gli individui e le bellezze del territorio dovrebbe essere la prima regola per tornare a far crescere il Mezzogiorno

Quando ho lasciato la Sicilia nel 1991 non me la passavo poi così male. Se l'annata era mite, in pausa pranzo facevo un tuffo a mare anche per otto mesi di seguito con la mia barchetta di legno a remi.

Quando volevo godermi il proscenio più bello del mondo andavo a vedere un qualunque spettacolo al teatro greco di Taormina, se invece decidevo di spingermi più in là mi sedevo tra i templi di Selinunte o vicino alle rovine di Segesta e lì intorno portavo d'inverno le ragazze in mezzo ai campi dove c'è una sorgente naturale di acqua calda.

Qualora il tempo a disposizione fosse stato poco, in mezz'ora ero su Marte: l'Etna. Le sue distese nere di lava ti regalano quella sensazione lì, mentre sedersi a pochi metri da una colata di roccia incandescente che sfrigolao ascoltare il boato profondo del cratere che erutta lapilli in cielo ti porta in un mondo fantastico cheè ancor più fantastico perché è vero. Se poi è dietro casa...

Non ci sono posti come l'Italia in giro per il mondo e la Sicilia è un angolo particolare di questo Paese particolare. Dunque quando ho letto che il ministro Salvini e il suo consigliere per la politica previdenziale Alberto Brambilla hanno pensato di detassare l'assegno pensionistico agli anziani europei che vogliono trasferirsi a vivere al Sud, mi sono venute in mente le tante cose belle che si possono offrire loro.

Eppure io sono andato via, eppure continuano ad andar via in tanti, eppure il Sud si sta spopolando (e infatti si vogliono attrarre i pensionati stranieri). Perché? Perché non basta quel ben di Dio per rimanere.

Non basta quel calore umano colorito tutto meridionale. Non basta godere delle sole bellezze se tutto intorno è pieno di brutture. Può bastare se si è in vacanza, ma viverci ogni giorno è un'altra cosa.

Parlo per me, ovviamente, ma penso di non essere il solo a pensarla così. Mio padre Giacomo, architetto di valore a detta di molti, non ha mai voluto lasciare quella terra. "Stando qui si può fare di più per migliorarla", diceva. E lì è morto sussurrando nelle sue ultime ore i nomi del quartiere popolare che voleva rilanciare, del sindaco che disprezzava, di progetti incompiuti.

Aveva un pezzo di ragione in quel suo impegno a restare, non tutta. Io credo che evoluta è quella società che sa offrire opportunità e sa valorizzare le opportunità che un individuo si costruisce. Più è evoluta e più ci riesce. Il sottosviluppo è tutto l'opposto. E il Sud è sottosviluppato.

Esistono eccezioni, ci sono eccellenze, storie imprenditoriali, sanitariee professionali di grande spessore, c'è un'umanità "calda", ma questo non è sufficiente a farne una società evoluta. L'insieme è sottosviluppato.

Non ci sono regole, non ci sono meriti, non ci sono infrastrutture, non ci sono servizi pubblici efficienti. C'è una criminalità diffusa con cui si preferisce convivere piuttosto che rischiare, c'è un vittimismo insopportabile per cuiè sempre colpa degli altri e per cui "siamo perduti" dunque meglio fare come fan tutti, c'è una classe politica mediamente peggiore che nel resto d'Italia (è tutto dire), c'è un'abitudine all'assistenzialismo diventato diritto all'assistenzialismo (il reddito di cittadinanza ne è espressione). Si evadono le tasse più che altrove, grossi Comuni hanno dichiarato bancarotta.

Il Sud, lo sappiamo, poteva vivere di turismo se ci fosse stata una regia lungimirante, se la malapolitica non ne avesse fatto un regno di clientele e se i cittadini non ne avessero approfittato, se gli amministratori non avessero pensato al loro tornaconto elettorale, se non avessero trasformato le coste nello scempio urbanistico che sono e se la gente non si fosse ritagliata il suo pezzetto di abuso.

Io li capisco quelli che scappano e non soltanto quelli che scappano perché non hanno lavoro ma anche quelli, come me allora, che scappano nonostante un lavoro ce l'abbiano.

C'è un detto siciliano che è intriso di orgoglio ma che mi ha sempre un po' irritato: cu nesci arrinesci. Chi esce riesce, chi se ne va da qui può dimostrare ovunque il suo valore. Lo dissero anche a me quando lasciai quella vita ma io lo trovo un modo di dire rassegnato e senza speranza. Lo cambierei con uno che vale per tutti, non soltanto peri meridionali: chi cresce riesce. Chi s'impegna per far bene e migliorare se la può giocare ovunque.

Nel 1991 capii che non sarei cresciuto più di tanto stando lì, che quella terra non mi avrebbe fatto misurare davvero con le mie capacità. Tornando al discorso di poc'anzi, capii che non mi avrebbe dato occasioni e opportunità. Ho pianto tanto partendo, ho lasciato le mie radici, quei luoghi meravigliosi e i miei genitori. Ma cercavo un posto che potesse valutare davvero le mie potenzialità e che potesse valorizzarle qualora ne avessi avute.

Oggi non ho il mare, né la mia barca, né il teatro greco, né tutto il resto, non ho la mia famiglia accanto. Vivo a Milano a cui mancano tutte le cose che avevo in Sicilia ma che ha quelle due cose fondamentali che la mia terra d'origine non ha: occasioni e opportunità. È una città esigente, Milano, perfino pretenziosa.

Oggi ha anche lei le sue difficoltà eppure possiede ancora quella generosità che amo: ti chiede tanto ma se tu glielo dai e c'è la metti tutta, ti restituisce di più. Proprio quello che dovrebbe avere una società evoluta, proprio quello che non ha il Sud sottosviluppato.

Mi ha fatto specie nei mesi scorsi, e a pochi giorni di distanza, che esponenti del mondo confindustriale di questa Lombardia-locomotiva mi dicessero la stessa cosa: il nostro vero problema è il Sud, se non pensiamo al Sud quell'arretratezza affonderà o rallenterà anche noi che corriamo. E non parlavano di sussidi similpopulisti, parlavano di lavoro e di sviluppo.

Ho l'impressione che non parlassero neanche di paradiso fiscale per pensionati stranieri. Sarà anche una bella idea, per carità, ma lì prima di tutto e più che altrove ci vogliono strade, porti, investimenti e delocalizzazioni agevolate, regole, concorrenza, legalità, fondi europei che ci sonoe che non sappiamo spendere. Cos'è prioritario, creare infrastrutture, agevolare imprese italiane e straniere o agevolare un pensionato tedesco?

Bisogna valorizzare nella politica e nella macchina pubblica i capaci e prendere a calci nel sedere gli incapaci, puntare sul turismo pianificando e salvaguardando quel tanto che ancora si può salvaguardare. Perché anche un pensionato straniero sa distinguere una società sviluppata da una sottosviluppata e magari dopo un po' scappa anche lui.

Negli ultimi anni quando torno a casa per le mie brevi e sporadiche incursioni (se c'è il sole un bagno a mare in qualunque stagione non me lo toglie nessuno) mi ha colpito una cosa che potrebbe essere il simbolo di questo nostro Sud: le reti verdi sottoi balconi. I condomini o i proprietari di case non vogliono affrontare la spesa di manutenzione della facciata e se i pezzi di calcinaccio cominciano a cadere sui marciapiedi, preferiscono avvolgere il balcone con una rete verde. Così il cemento e l'intonaco che si sgretolano non cadono sui passanti.

Alzate la testa e fateci caso: sono centinaia. Fate poi caso, se vi capita, ai piccoli incidenti stradali che accadono. Ci si mette quasi sempre d'accordo. Mi hanno spiegato perché: moltissimi circolano senza assicurazione. Preferiscono pagare il danno piuttosto che spendere soldi per la polizza (che oltretutto nel Mezzogiorno è più alta che altrove).

Ho ripensato spesso alle preoccupazioni di quegli industriali lombardi. Una volta si diceva che Catania degli anni d'oro era la Milano del Sud, vuoi vedere che si spaventino che Milano possa un giorno somigliare a una Catania del Nord?

raffaele.leone@mondadori.it

(Questo articolo è stato pubblicato sul numero di Panorama in edicola il 20 settembre)

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Raffaele Leone